
Sì perché solitamente è già attraverso essa che Bruce comincia a mandare un messaggio: l’ha fatto tantissime volte in passato, lo farà in futuro e l’ha fatto ora con High Hopes, nuovo ed inaspettato diciottesimo album in studio che segue i fasti di W.B. e del suo trionfale tour.
Tanto per cominciare sulla copertina ci sono ben due Bruce, apparentemente uguali, ma in realtà assai differenti.
Il primo, quello di sinistra, ha lo sguardo rivolto in avanti, il braccio destro piegato nel chiaro gesto che sottolinea un’azione, la mano appoggiata sul dorso della chitarra, una chitarra che nell’immagine si sdoppia per effetto del movimento, un movimento che sembra alludere a quel roteare che fa compiere allo strumento, dal vivo, al termine di Dancing in the dark.
L’altro Bruce, quello di destra, mi appare statuario: il braccio è disteso, lo stesso contorno della chitarra è più evidente e marcato, ulteriore segno di staticità, il volto è rivolto interamente verso il suo alter ego, quasi fosse in contemplazione.
In questa cover mi pare di cogliere un messaggio subliminale: quello di un artista che guarda se stesso e l’evoluzione che la sua musica ha avuto nel corso degli anni, che diviene testimone della sua voglia di rinnovarsi e di percorrere nuove strade, pur restando fedele alla sua visione dell’individuo, con le proprie speranze e sogni, e della società che lo circonda.
Questo disco è molto particolare e ha “spiazzato” più di un fan, considerato che è un mix di cover, riedizioni di vecchi brani e pezzi mai pubblicati fino ad ora: non è propriamente un concept album, ma ne possiede la stessa forza d’urto nel suo insieme, oltre ad avere un sound incredibilmente accattivante e convincente, anche e soprattutto quando affronta le rivisitazioni di pezzi già conosciuti ed “intoccabilI” come The ghost of Tom Joad e American skin 21 shots, versioni impreziosite dagli assoli di Tom Morello.
Le strade sono ancora protagoniste: come quelle dove cerchi un piccolo aiuto per migliorare la tua situazione (Harry’s place), dove puoi trovare la morte per mano dei poliziotti soltanto per la tua (nera) pelle americana (American skin 21 shots), dove lavori lasciando che il sudore cada a terra (Just like fire would), in cui ti può capitare di vedere il profilo di una città vuota e distrutta (Down in the hole), sul cui ciglio ti siedi aspettando la pioggia (Hunter of Invisible Game), come quelle che finiscono sotto un ponte dove trovi i ricoveri di fortuna e i bivacchi prodotti dal nuovo ordine mondiale (The ghost of Tom Joad), o come quelle che ti fanno giungere davanti al muro che ricorda con una targa la scomparsa di un tuo amico, morto in guerra (The wall).
Strade nuove o conosciute, percorse con lo stesso slancio e l’identica immutata passione, con la consueta voglia di raccontare ciò che può accadere nella vita di una persona comune.
Bruce, quello a sinistra nella foto, quello mai immobile e già proiettato in avanti, ha dunque ancora molto da dire e molti sogni ed emozioni da regalare…
“mantieni il fuoco acceso, dai, mantieni il fuoco acceso
dai, piccola, sogna piccola sogna,
voglio vederti sorridere voglio solo vederti sorridere”
(Dream baby dream)
…e chissà che tra non molto il sogno di rivederlo presto di nuovo sopra ad un palco si tramuti in qualcosa di più concreto.
Nell’attesa godiamoci questo nuovo album, corroborante e palpitante, impreziosito nella versione Deluxe dal bonus DVD che contiene l’intera performance live dell’album ‘Born In The USA’ registrata il 30 giugno scorso al Queen Elizabeth Olympic Park di Londra durante il concerto che BRUCE SPRINGSTEEN & THE E STREET BAND hanno tenuto all’Hard Rock Calling Festival: non sarà un capolavoro assoluto, ma è senza dubbio un gran bel disco che possiede il dono di crescere ascolto dopo ascolto.
- High hopes è una cover del gruppo rock Havelinas che viene presentata in una versione davvero molto sanguigna.
- Harry’s place è uno “scarto” dall’album The rising
- American skin (41 shots) è un vecchio brano del 1999 proposto in una nuova versione più elettrica e palpitante
- Just like fire would la seconda cover dell’album, scritta dal gruppo punk australiano The Saints, molto apprezzati da Bruce. Pezzo rock grintoso che sarà trascinante nei prossimi concerti
- Down in the hole seconda outtake da The rising. Vivida e toccante immagine di quella triste stagione originata dal disastro delle Torri Gemelle.
- Heaven’s wall un inizio da coro gospe.l per una canzone che lievita immediatamente per diventare una classica rock ballad
- Frankie fell in love outtake da Working on a dream, una fresca e robusta rock song che entra subito in testa e si lascia riascoltare con piacere.
- This is your sword buon pezzo che richiama certi brani folk rock del precedente album Wrecking Ball
- Hunter of invisible game brano calmo e delicato che gioca tutto su archi e violini
- The ghost of Tom Joad Versione stupenda, rockeggiante e dal sapore western che evoca grandi spazi e suscita molte suggestioni. E' una versione (l'originale, grande e immensa è sempre a portata di mano) promossa a pieni voti
- The wall incantevole ed intima canzone che parla, con toni amari, di un vecchio amico scomparso nella guerra del Vietnam
- Dream baby dream altra cover, questa volta dei Suicide, e che chiudeva i concerti del Devils & dust tour. Un inno al sogno e, nella versione video rilasciata da Bruce Springsteen di recente, un ringraziamento ai fan per il calore e la passione dimostrati nel corso del recente tour.
- Eugenio Nascimbeni