Intervista a Fabio Zuffanti a cura di Annamaria Pecoraro

All'inizio del mio percorso, nel 1994, non sapevo ancora quali fossero i miei pregi e i miei limiti. Diciamo che tutto questo viaggio mi è servito per mettere bene a fuoco quali sono le cose che so fare meglio e quali no. Nella prima categoria sicuramente metto la composizione che è diventato negli anni il fattore più importante del mio percorso. Comporre una canzone è la cosa che mi dà maggiore soddisfazione e la felicità di sentirla finita e con i giusti suoni è impagabile. Sulle cose da evitare, ad esempio, direi la consapevolezza che a volte è meglio per me limitarmi a comporre e lasciare lo strumento in mano ad altri musicisti perché questi rendano il pezzo al meglio. Sono principalmente un bassista, ma la mia tecnica allo strumento a volte si rivela un poco limitata rispetto alle cose che ho in mente; in questi casi ho imparato che è necessario fare un passo indietro e lasciare che il vestito alla canzone sia cucito da un sarto migliore. Ciò che conta è sempre il risultato finale.
2) Negli anni '70 il progressive rock ha trovato il suo apice di successo. Oggi è forse troppo sottovalutato, o legato al passato. Cosa ne pensi a riguardo?
Come dici giustamente Il progressive ai giorni nostri è considerato come una cosa legata al passato, agli anni Settanta. E c'è una scarsissima informazione sul panorama odierno che invece è fatto di validissime realtà che hanno contribuito a traghettare il genere fino ai giorni nostri, offrendone sia una visione “passatista” che una rimodernata, con nuove influenze al suo interno. Purtroppo siamo lontani dal successo di massa degli anni Settanta anche se il prog è un genere che ha tuttora una miriade di appassionati sparsi in tutto il mondo che lo segue con passione e fa si che si vendano anche un buon numero di dischi, in barba alla crisi. Il pubblico dei prog-fans, infatti, è ancora parecchio attaccato all'”oggetto”, vinile o cd che sia, ed è sicuramente tra i meno avvezzi allo scaricamento selvaggio. Credo basterebbe un occhio in più di riguardo da parte dei media italiani per far si che tutta questa nuova scena possa compiere un salto di qualità ed essere portata all'attenzione di chi ne ignora l'esistenza.
3) Come mai la decisione di sole 100 copie autografate della versione limitata di “Ruggine, 1992-2011”?
In accordo con la mia etichetta (AMS records) volevamo offrire un souvenir della serata del 28 marzo mettendo in vendita un cd che potrà trovarsi solo in quell'occasione. E' cosi uscita fuori l'idea di “Ruggine, 1992-2011”, album che raccoglie tutta una serie di rarità riguardanti il mio lavoro nel periodo citato. Offrire questo cd solo in occasione di un concerto speciale come quello del 28 marzo ci sembra una cosa molto simpatica per ringraziare chi verrà a vedermi.
4) L'esperienza che ti ha modellato di più e che rifaresti, e una in cui hai trovato più difficoltà.
Sicuramente suonare dal vivo in mezzo mondo è stata un'esperienza esaltante e molto formativa. Come dicevo sopra c'è per il prog un'attenzione a livello mondiale e non è raro che capiti di effettuare tour o partecipare a festival negli Stati Uniti, in Giappone, in Messico o in altre parti d'Europa. Ecco, trovarsi davanti a un pubblico appassionato che conosce le canzoni e che si esalta ascoltando è forse la cosa che dà più soddisfazione, anche perché in Italia non succede spesso. Esperienze negative ce ne sono state, ma ora come ora nulla che mi abbia messo in particolare difficoltà e che mi abbia spinto a segnarle come nero, come “cose da non rifare”. Credo che il pazzo e meraviglioso mondo della musica (e della vita in generale) ti offra ogni giorno cose positive e negative da affrontare, l'importante è andare avanti consapevoli dei proprio mezzi per sbaragliare le difficoltà.
5) Hai visto realizzare oltre 40 dischi come solista o leader di numerosi gruppi e progetti (Finisterre, la Maschera Di Cera, Höstsonaten, Aries, Quadraphonic, L'Ombra Della Sera, R.u.g.h.e., Rohmer, laZona), quanto trasmetti di tuo e quanto da questi giovani trai spunto? Avere un buon "coach" è la strada per il successo?
Premetto che i gruppi sopra citati vedono comunque la mia partecipazione al 100% come compositore e musicista; mi è capitato di lavorare come direttore artistico per band di giovani ed è sempre stata una bella esperienza. Avere un “coach” che ti guida nel lavoro in studio è secondo me essenziale. Molti gruppi arrivano pieni di idee spesso disordinate e bisognose di “razionalizzazione”. Ecco che in questi casi il direttore artistico aiuta nella scelta del materiale migliore, dà una mano con gli arrangiamenti e segue il gruppo in studio per aiutarlo a compiere le scelte migliori. Io ho prodotto solo gruppi prog e posso dire che il mio aiuto ha determinato un certo successo nel risultato finale e nella sua accoglienza.
6) Ha inoltre composto due opere rock e scritto due libri. In quale veste ti senti più a tuo agio: musicista, compositore, direttore artistico o scrittore?
Assolutamente nelle vesti di compositore, come dicevo prima è la cosa che in assoluto mi dà più soddisfazione e gioia. Scrivere libri è diventato negli ultimi anni uno stimolante passatempo, ma non mi reputo assolutamente uno scrittore e quest'attività non va certo a intaccare il mio grande impegno con la musica.
7) Il tuo amore per Genova, contribuisce a mantenere viva la tua evoluzione artistica. Quanto conta la città, in un mondo che globalmente cambia in continuazione, per la tua "contaminazione musicale"?
La mia città è una fucina incredibile di talenti. La scuola cantautorale dei vari De Andrè, Paoli, ecc... ha fatto storia e anche in ambito progressive sono tantissime le formazioni del passato e presente che hanno dato lustro al genere fornendo ispirazione, stimoli e spunti. D'altro canto Genova è molto avara di riconoscimenti e quando vuoi una cosa devi sudartela duramente, ma forse proprio in questa difficoltà sta la voglia di molti di mettersi in gioco e non mollare fino a che non si sono ottenuti i risultati sperati.
8) Prossimi Progetti?
A maggio uscirà un disco in coppia con un mio collega musicista, Stefano Agnini. Si tratta di un nuovo progetto che andrà a esplorare il progressive più dark ed esoterico. Poi un po' di concerti tra maggio e settembre e verso fine anno le registrazioni del mio nuovo album che uscirà ad inizio 2016.
9) Un saluto con una tua "citazione" agli amici di "Deliri Progressivi"
Un nome come il vostro si intona perfettamente alla musica che faccio che spesso è un “delirio progressivo” quindi auguro anche a voi, quando sarà, di festeggiare 20 anni di onorata e sfolgorante carriera!
Dulcinea Annamaria Pecoraro