
La domanda mi sorge spontanea:
"E se la vera novità del rock italiano fossero i Malamadre?"
Arrivano dall'Abruzzo e senza mezze misure ci regalano un album incredibilmente fantastico.
Per chi come me è da sempre alla ricerca della novità, del gruppo di cui parlare ancora fra dieci anni. Sono pronto a scommetterci ed eccoli qui.
Canzoni intraprendenti, dai testi splendidamente grezzi come solo la strada può regalare, un suono che rammenta i grandi Ritmo Tribale con ventate attuali di presente rock come ad esempio i bravissimi Rival Sons.
Undici canzoni, undici figli da amare e proteggere come fiori rari allo stesso tempo.
Si parte con "Olio": è subito un bel colpo al cuore, già dalle prime note resto colpito perché non mi aspettavo un disco del genere, chitarra in primo piano e la voce di un cantante che non si mescola con i duecentomila cloni l'uno dell'altro esistenti oggi in Italia.
"Chi non muore si si risiede": è un grande pezzo, capisco già la piega che prende l'album e sono contentissimo di confermare il mio pensiero.
"Mammarò": è il mio cazzotto nello stomaco, un testo molto duro e sincero nella sua schiettezza ma soprattutto un'altra grande prova di Nicholas Di Valerio, decisamente una grande voce.
"Il tango del portiere": è l'ennesima prova che i Malamadre sanno anche scrivere dei bellissimi testi.
"L'umile" ... sto cercando disperatamente un difetto a questo disco, perché non può essere perfetto così, il problema è che non ne trovo. Anche questa canzone è un vero e proprio movimento interno corporeo.
"La canzone della luna": è una vera e propria poesia. Decisamente distante da ciò che ho ascoltato fino ad adesso, ma un racconto così bello, deve essere messo in primo piano.
"L'uomo d'acqua dolce": spunta quel folk rock italiano che amo, vaghi ricordi dei catanesi Flor de Mal riaffiorano nella mia testa.
"Identikit": continua a trasmettere positività nel mio giudizio su questo disco.
"Sindona": è forse il top di questo super disco, una storia vera di cronaca italiana, trasformata in canzone. Veramente splendida. Ancora una volta un testo incredibilmente diretto.
"La regina che non dorme": alza ancora il valore di questo album. Testo fantastico ma l'incrocio di voce e strumenti è un afflato da sogno. Allora è vero che anche i giovani in Italia sanno fare musica rock senza per forza scimmiottare qualcuno.
"La postale": torna il folk rock italiano, ma torna potente. Immagino un pubblico che balla tipo taranta mentre i Malamadre sul palco gliene suonano secche!
"Malamadre": è il disco che non ti aspetti, che ti emoziona, che non vuoi e non puoi paragonare a nessun altro e che potrebbe aprire una nuova via al nuovo rock italiano.
Roberto Bruno