
La curiosità è tanta anche perché sollecitata dalla copertina del cd veramente “settantina” e puramente progressista.
“Viaggiare, non è scoprire nuove terre, ma avere nuovi occhi”: questa frase di Marcel Proust, nell'ultimo periodo, mi perseguita benevolmente.
Inizio strumentale: "Invocazione alla musa" e già capisco che mi trovo davanti a qualcosa che va oltre le mie migliori aspettative. Questo brano strumentale è un connubio di suoni. Mi trovo immerso in una terra musicale pura e incontaminata. Il sound dei Syndone è elegante. L'ascolto porta direttamente agli anni settanta.
"Il tempo che non ho", ci introduce al mondo del Prog, quello italiano, avvicinandosi direttamente al Banco del Mutuo Soccorso. Una seconda parte della canzone in tono maestoso con una chitarra da applausi.
"Focus" arriva imperiale, col suo crossover jazz rock, conquistando il cuore di chi ascolterà il disco. Un plauso va al cantante Riccardo Ruggeri.
"Penelope" ci accompagna all'interno di questa Odissea. Trasmette emozioni, accostandosi, senza esagerazione, a un Freddy Mercury delle prime pubblicazioni.
Momenti “classici”, mescolati ancora una volta alla follia progressive, mettono in risalto, ancora una volta, la purezza del sound dei Syndone.
"Circe" è uno strumentale, con una dose massiccia di jazz. Mai banale o noioso, (neanche per il sottoscritto che col jazz non ha un gran rapporto).
"Ade" trasporta in ogni senso con l'anima in quegli inferi progressivi.
I Syndone coinvolgono piacevolmente in questo disco, ma è la successiva e funzionale "Poseidon", a farmi di nuovo, progressivamente parlando, “scatenare”.
"Nemesis" è la conferma che gli anni settanta sono presenti in modo molto prepotente. Tanta classe e ancora una volta la versatilità della voce è un punto di forza.
"La grande bouffe" conferma tutto ciò che di bello ho ascoltato fino ad ora.
"Eros & Thanatos" è un altro episodio di assoluta bellezza musicale.
"Vento avverso", recupera la musicalità di inizio disco, e trasmette poesia.
La chiusura con "Daimones" non è una liberazione, bensì il “dulcis in fundo”, di una vera e propria opera progressiva splendidamente italiana, dove il mough ne è il giusto tributo.
Tanto da dire su questi Syndone, solo cose positive e la speranza di poterli vedere live prima possibile.
Roberto Bruno