Negli anni che furono, si divisero coi "rivali" Duran Duran, una gran parte della gioventù innamorata della musica e delle gentil donzelle, che vedevano in Tony Hadley e soci, personaggi da sposare nei sogni della notte.
Ero presente a quel concerto degli anni 80 ed anche se gli Spandau non erano il mio mondo musicale, volli andare un po' per curiosità un po' perché era davvero un evento mondano. In questi anni di assenza, alcune loro canzoni hanno continuato a viaggiare nell'etere radiofonico, segno questo, che un impronta nel mondo musicale l'hanno lasciata.
Rieccoci qui, con qualche anno di esperienza sulla spalle in più, ad aspettare che la band calchi di nuovo le assi del Palasport di Firenze. A prima vista giurerei sul fatto che che i pochi giovani presenti, siano i figli di coloro che erano lì tanti anni fa, per il resto, quarantenni in vena di vintage e di buona musica. Un Mandela Forum pieno, non sold out, ma decisamente gremito. L'inizio è scoppiettante con "Soul boy" il primo dei tre inediti dei nuovi Spandau.
Come al solito i cellulari accesi, pronti via e si parte con le riprese e le foto.
La band è finalmente lì al completo: Tony Hadley, Gary e Martin Kemp, Steve Norman e John Keeble, il tempo passa anche per loro, ma la bravura non ha età. Già dalla prima canzone Tony Hadley ci fa capire che la sua voce è rimasta inalterata e Steve Norman, (da sempre considerato il biondo bel tenebroso del gruppo) col suo sax aggiunge quel pizzico di sale in più al sound. Passano gli anni e non ci sono album di inediti da presentare, quindi il juke-box è atteso questa sera e l'arrivo in sequenza di canzoni come "Higly Strung" e soprattutto "Only when you leave" fanno tornare la mente a quel capolavoro new romantic chiamato "Parade" indietro a "Round and round".
Pubblico estasiato, la stessa ritmica elegante di un tempo. Sul palco c'è un tastierista aggiunto, che permette a Norman di suonare tutto ciò che vuole e soprattutto, un Gary Kemp che ha reso più rock il suono della sua chitarra.
Si procede senza sosta, la voglia di suonare è tanta e si vede, la si percepisce anche dalle rare soste tra canzone e canzone, se non per qualche saluto ai tanti presenti. "This is the love" e "Steal" sono gli altri due inediti presenti nel mega best of, uscito lo scorso anno. Dietro di loro un video ci riporta direttamente ai primi anni 80, a quelli dei sintetizzatori, della new wave e sinceramente per me inaspettato (ma sperato), arrivano venti minuti dove il mio cuore accelera il battito, in quanto i primi due album della band erano decisamente meno pop e il mio periodo preferito era proprio questo. Arrivano così a deliziare i ricordi: "Chant No 1", un bel medley elettronico con "Age of blows", "Reformation", "Mandolin" , "Confused" e "The breeze", per arrivare a chiudere questo momento dello show denominato Blitz con la storica "To cut a long story short". Al termine Tony Hadley ricorda il primo tour italiano, tanti anni fa, che li vide suonare anche al Manila di Campi Bisenzio. Dopo tanti applausi, si riparte con "Raw" e arriva una nuova anima musicale degli Spandau di oggi, decisamente più funky rispetto a i precedenti. Con la strumentale "Glow" si prepara una sorpresa, c'è movimento nel Mandela dalla parte opposta del palco, si accendono le luci e Tony e Gary suonano in mezzo al pubblico, (ultimamente vera e propria tendenza), due canzoni acustiche "Empty spaces" e "Gold", in questo bel momento acustico ti accorgi da vicino di due cose: che Tony Hadley ha ancora una voce splendida e soprattutto almeno 30/40 kg in più addosso. Dal ritorno sul palco è una bolgia, ma sempre elegante e raffinata, d'altronde il loro sound è tale e quale al look di Hadley rigorosamente in un completo scuro doppio petto elegantissimo. "Once more", " I'll fly for you", "Instinction", "Communication", "Lifline" e "True" ci portano ai bis scatenando il pubblico presente. Si riparte però quasi subito, poca anticamera devo dire, "Through the barricades" è accolta con un boato e cantata da tutto il pubblico, poi arriva la scatenata "Fight four ourselves" e per finire la splendida "Gold" stavolta però con la band al completo.
Credo proprio che gli Spandau di oggi siano al passo coi tempi e la loro musica e soprattutto il loro ritorno, (che non tende a ricordare un vintage degli anni ottanta) possa essere di nuovo fortunato, per questi non più giovanotti che accuseranno il passare degli anni, ma non lo risentiranno sulla loro musica.
Roberto Bruno