" Attraverso questo disco volevo esprimere questa "coabitazione" tra due popoli che magari sulla carta sono molto diversi ma che invece alla fine condividono le stesse passioni, gli stessi rapporti d'amore, le stesse emozioni.
Forse è un'utopia ma penso che valga la pena pensare positivo."
Un incontro con Sergio Cammariere è sempre un bell'incontro e quando il bravissimo cantautore riconosce l'accento del direttore Annamaria Dulcinea Pecoraro in un accento fiorentino, si lancia in ricordi di gioventù che vanno dalle università all'andare a vedere in quel periodo giocare un campione di Firenze: Giancarlo Antognoni.
1) Sergio, dalle tue parole ho notato l'amore che provi per Firenze, ma questa città ti ha influenzato in qualche modo?
La città di Firenze, fa parte della mia formazione culturale. ho lasciato Crotone in Calabria e me ne sono venuto direttamente a Firenze, perché in quegli anni il capoluogo toscano era il centro dell'Europa. Mi perdevo ad ammirare la città dall'alto, la cupola del Brunelleschi e passavo pomeriggi interi nella Galleria degli Uffizi. E' chiaro che l'ispirazione in molte canzoni che ho creato negli anni ottanta sono state ispirate anche dalla visione di queste opere d'arte. Firenze è un museo a cielo aperto, salire al Piazzale Michelangelo vuol dire avere una visuale unica. Non ti nascondo le passeggiate fatte al Giardino di Boboli, Piazza Pitti o Ponte Vecchio . In quegli anni ero iscritto all'università ma nel frattempo suonavo già in vari locali fiorentini, locali che magari adesso non ci sono più. Ero un giovane studente che sbarcava il lunario facendo delle serate in questi locali, dove mi ricordo ancora venivo pagato 15.000 lire.
2) Parliamo del tuo nuovo album: "Mano nella mano", 11 canzoni ognuna diversa dalle altre con una storia a se. Sono composizioni tratte dal passato oppure attuali?
Direi entrambi le cose. Quando si decide di fare un disco andiamo a scavare nel nostro cassetto, cercando strofe o ritornelli che giacciono lì e che poi acquistano forma col passare del tempo. Poi ci sono canzoni nate in tempi più recenti come ad esempio proprio "Mano nella mano".
3) In questo disco continua il sodalizio con Roberto Kunstler e poi ci sono collaborazioni con altri artisti come ad esempio Gegè Telesforo, Giulio Casale, sono collaborazioni che ti arricchiscono, in che modo?
Il rapporto con roberto Kunstler è ormai un rapporto idilliaco, è iniziato ventitré anni fa e ormai più che un rapporto di lavoro si tratta di un rapporto fraterno. Quando realizzo i miei album arriviamo a sentirci quotidianamente, usando ad esempio anche Skype e ci confrontiamo sulle canzoni e magari cambiamo anche qualcosa alle canzoni cercando di arrivare ad esempio più vicino a quel suono che sento dentro di me. E' un grande lavoro certosino quello che faccio assieme a Roberto. Giulio Casale è la seconda volta che lo coinvolgo nella scrittura. Di canzoni ne abbiamo fatte due, e ne vado molto fiero. "Le incertezze di marzo" è a detta di tutti il brano che rappresenta meglio l'album dal punto di vista del jazz. si sente in questo brano il suono della "famiglia" musicale che mi accompagna dal vivo. C'è Fabrizio Cossu alla chitarra, Amedeo Ariano alla batteria, Luca Bulgarelli al contrabbasso, persone che assieme a me costituiscono la cosiddetta famiglia musicale. Quella che da quattordici anni porta in giro i concerti di Cammariere.
4) Tu concludi sempre i tuoi dischi con un brano strumentale. Questo tuo nuovo disco chiude con "Pangea", di cosa parla?
"Pangea" ricorda proprio la terra primordiale, quella che non aveva confini. Ho voluto coinvolgere Antonello Salis, un bravissimo fisarmonicista per realizzare questo brano strumentale, che poi sarebbe la continuazione di "Mano nella mano". Un concetto espresso in un modo diverso ma sempre di condivisione si tratta.
5) Anche in questo disco si sentono sonorità mediterranee e anche di altri continenti. Tu pensi che un linguaggio universale possa rendere la musica più comprensibile?
Diciamo che stiamo allargando leggermente i nostri confini. Fino a qualche anno fa i cantautori imitavano la scuola genovese, invece io sentendomi cittadino del mondo ho deciso di mettere quella mediterranea, che ha influenze anche arabe. Ad esempio parlando dell'Andalusia ti rendi conto che la spagna è anche molto vicina al Marocco, geograficamente come musicalmente. Attraverso questo disco volevo esprimere questa "coabitazione" tra due popoli che magari sulla carta sono molto diversi ma che invece alla fine condividono le stesse passioni, gli stessi rapporti d'amore, le stesse emozioni. Forse è un'utopia ma penso che valga la pena pensare positivo.
6) Sergio tutti i tuoi testi sono in italiano, hai mai pensato ad un'altra lingua?
Certo, la lingua che più si adatta è lo spagnolo. Alcune canzoni sono invece già state tradotte in francese.
Però penso anche che quando ho suonato in alcuni paesi esteri come ad esempio l'Olanda, lì amano la lingua italiana. Amano proprio il suono che esce dalla nostra lingua.
7) In questo disco c'è una bella cover di " Io senza te tu senza me" del grande Bruno Lauzi. Come è nata questa voglia di inserirla nell'album?
Con Bruno avevo un rapporto molto bello iniziato a metà degli anni '90. A casa mia abbiamo fatto anche delle splendide session suonate pianoforte e chitarra. Insieme abbiamo suonato ad un Premio Tenco dove abbiamo fatto un omaggio a Sergio Endrigo, ed abbiamo anche condiviso il palcoscenico con Endrigo. Bruno Lauzi è decisamente uno dei capiscuola del nostro cantautorato, assieme a lui aggiungo Paoli, Tenco e De Andrè. Questa era la scuola genovese. Bruno mi ha raccontato tanti aneddoti incredibili, ricordi della sua vita, mi ha detto che andava proprio a scuola con Luigi Tenco. il suo umorismo, la sua ironia ma soprattutto i suoi consigli sono stati preziosi per me e soprattutto per la mia formazione artistica. Una sere mi fece ascoltare delle canzoni che aveva composto e che io non conoscevo e tra queste c'era proprio "Io senza te tu senza me". L'ho voluta così fare mia, omaggiando il grande Bruno. Ricordo che in comune avevamo anche il grande amore per la musica brasiliana.
8) Cosa ci dobbiamo aspettare dai prossimi tuoi concerti?
Gioia e festa. Chi mi ha già visto suonare dal vivo sa benissimo che ogni volta suoniamo le nostre canzoni in modo completamente diverso da come sono stare registrate su disco. Questo succede grazie al rapporto umano che esiste tra me e i miei musicisti. Sono ormai quattordici anni che suoniamo assieme e siamo ormai proprio una bella famiglia.
La musica è emozione, a volte non servono nemmeno le parole in quanto la musica è un linguaggio universale che può arrivare ovunque. In questo disco c'è molto ritmo ed ho per la prima volta aggiunto dei cori, che non avevo mai utilizzato precedentemente. Trovo questo mio ultimo album più integro, più soave, più morbido.
Dulcinea Annamaria Pecoraro