GIULIO CASALE presenta “Liberamente” Giovedì 16 febbraio 2017 - h.21.30 al SERRAGLIO (Via Gualdo Priorato 5, Milano) Divinazione Milano vi invita giovedì 16 febbraio 2017 al Serraglio (Via Gualdo Priorato 5, Milano) in occasione di “Liberamente”, spettacolo concepito ed interpretato da Giulio Casale compositore e cantante fin dai tempi degli Estra da lui fondati. È un concerto che prevede una serie di brani per voce e chitarra, ma merita uno sguardo più approfondito. La storia millenaria della cultura occidentale è da sempre attraversata da figure che invariabilmente cantano, accompagnandosi con strumenti a corde: aedi, rapsodi, menestrelli, bardi, cantautori – dai tempi dell’antica Grecia fino ai giorni nostri. Lo scopo è comune: raccontare idee, eventi e storie a un popolo distratto e talvolta neppure in grado d’informarsi. Giulio Casale percorre gli stessi sentieri di questi cantori, da tempo e anche in casi apparentemente insospettabili. Ad esempio, è difficile dire se nella sua “Signor Jones”, una vetta degli Estra, egli parli al Suonatore Jones dell’ “Antologia di Spoon River”, al Mr. Jones cantato da Bob Dylan nella sua “Ballad of a Thin Man”, oppure a se stesso. Come per il primo, la gente ha scoperto che Giulio sa suonare: e suonare gli tocca, per tutta la vita. Come il secondo, Giulio probabilmente percepisce che qui sta succedendo qualcosa, ma non sa bene cosa sia. Vero, Signor Jones? Per questo sta lì seduto con la chitarra a narrare in musica ciò che lo circonda, per mezzo di storie scritte da lui e da altri: ché storie sono, con note come ali. Per questo molti hanno ascoltato in silenzio i suoi concerti in questi anni: parole significanti, che passano da dentro. Liberamente è anche e innanzitutto Libera Mente. Giulio viene affiancato da Lorenzo Corti, chitarrista ben noto sulla scena indipendente e già suo collaboratore, nonché di Cristina Donà, Nada, Cesare Basile, Le Luci della Centrale Elettrica e molti altri. Nessuna scaletta, nessuna rete: il concerto nasce sull’onda emotiva del momento, diverso da sé, sempre sincero. La sola certezza è che ai brani tratti dal percorso solistico di Casale si potranno alternare “liberamente” alcune covers-altri e che non potrà mancare qualche rimando alla discografia degli Estra, ma il tutto nel flusso unico di quella sera e di quel concerto, non preordinato e mai più replicabile identico. «Nudo, esposto al gelo di quest’infausta età» – per citare Kafka: infausta ma proprio per questo da cantare, con forza, nella convinzione che qualcosa alla fine resterà. Nel web: http://giuliocasale.com/ Evento Facebook:https://www.facebook.com/events/234748346978601/
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Dopo poco più di anno sui migliori palchi di tutta la Penisola, tra cui citiamo l’Honky Tonky di Seregno (MB), l'Alchemica di Bologna, il Satyricon in provincia di Frosinone, le Officine Sonore di Vercelli, il Circus di Scandicci e il Rock n Roll di Milano, arriva oggi un grande annuncio per i LITHIO, alternative rock band da Firenze. I cinque fiorentini sono orgogliosi di annunciare che saranno on the road in Russia a partire dal prossimo 15 marzo, per 10 date confermate, con un itinerario che partirà da San Pietroburgo, passando per l'immancabile Mosca, e toccherà tante altre importanti città russe chiudendo il tour estero esattamente a Volgograd, sabato 25 marzo. La band porterà dal vivo i brani dell’ultimo album nonché terzo lavoro in studio "Lithioland", uscito nel febbraio 2016, ma non mancheranno anche le hit e i singoli tratti dai precedenti lavori "Le Verità Nascoste” e il debutto "Stato d’Anime". Negli anni i LITHIO hanno aperto concerti di artisti del calibro di Eugenio Finardi e Francesco Gabbani, vincitore del Festival di Sanremo 2017, hanno partecipato ad importanti manifestazioni tra cui la Notte Bianca di Pontedera e suonato sui migliori palchi della nostra penisola. Questo il calendario completo del Russian Tour 2017, ad oggi: 15 marzo FISH FABRIQUE - SAINT PETERSBURG 17 marzo REBEL PUB - ZELENOGRAD 18 marzo 100 RENTGEN - SERPUHOV 19 marzo GARAGE - KALUGA 20 marzo TBA - ROSTOV ON DON 21 marzo THE ROCK BAR - KRASNODAR 22 marzo HARAT’S PUB - SOCHI 23 marzo HARAT’S PUB - SOCHI 24 marzo FANDOR - STAVROPOL 25 marzo HARAT’S PUB - VOLGOGRAD Ulteriori novità, info e interessanti sorprese a breve su www.facebook.com/LITHIOLAND BIO I LITHIO sono un’alternative rock band fiorentina nata diversi anni fa dal giovane cantante Daniele Scardina e il suo gruppo di amici. Nel 2009 esce il primo album inedito "Stato d’Anime”, che permette alla band di suonare in tutta Italia. Nel 2012 vede luce il secondo lavoro "Le Verità Nascoste", un album introspettivo e dalle sonorità molto potenti che portò il gruppo italiano a vincere diversi contest tra cui il Contest "Battle Of The Band" di Virgin Radio. Nel 2014 la band decide di tornare in studio e dopo due anni di silenzio, con un radicale cambio di formazione il 6 Febbraio 2016 esce “Lithioland”. Il disco riscuote molte critiche positive, venendo definito il disco della maturità del gruppo fiorentino. Con l'attuale formazione, la band inizia il loro secondo tour italiano con la prima data di presentazione del disco al rinomato Cycle Club di Calenzano (FI); seguono poi le città come Crotone, aprendo il concerto al maestro Eugenio Finardi, Roma, Moncigoli, insieme al vincitore di Sanremo 2017 Francesco Gabbani, a Genova ed infine a Pontedera alla Notte Bianca. Nel novembre 2016 entrano nel roster “Jack Rock Agency” e continuano a portare il loro energico rock in tutta Italia. A marzo 2017 LITHIO saranno in tour in Russia di 10 date live. Daniele Scardina - Voce Marco Benvenuti e Matthieu Angbeletchy - Chitarre Walter Profeti - Basso Leonardo Mitidieri - Batteria E' uscito “The Guys Are In Da Club”, terzo videoclip dei Ragin’ Madness, Alternative Hard Rock band fronteggiata dalla vocalist Giulia Rubino. Il video è tratto dal debut album “Anatomy Of A Freaky Party”, uscito nel 2015, dal quale sono stati già pubblicati il primo singolo “Today I Feel Inspired” ed il videogame interattivo “The Game”. The Guys Are In Da Club” è stato girato al Rock ‘N’ Roll Club di Milano, con la partecipazione dell'infervorato seguito della band veneta. Intercity Winter 2017 Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino (FI) 18 febbraio ore 21 MEDEA. Un soliloquio (primo studio) da Lucio Annio Seneca con Valentina Banci traduzione ed elaborazione drammaturgica Paolo Magelli scene Lorenzo Banci musiche Arturo Annecchino “il teatro non è tra noi per sostenere la realtà, ma per rendercela insopportabile” Heiner Muller Un attore non è tenuto ad amare i personaggi che è chiamato ad interpretare, eppure alcuni personaggi- assai spesso quelli che mai avremmo detto appartenerci- si insinuano in noi e faticano a lasciarci, quasi per esortarci a continuare-interpretandoli- a farli vivere. Succede a me, con Medea. Una occasione meravigliosa offertami due anni fa da Paolo Magelli, mio mentore e maestro, al Teatro Greco di Siracusa: un periodo bellissimo e pieno di lavoro, di ricerca, di sforzo per arrivare al debutto restituendo a Medea l’umanità di una donna ferita dall’abbandono e dal tradimento operato dal mondo maschile , votato alla brama di potere, verso un suo ideale di vita altro, culturalmente diverso, femminile, rivoluzionario, esistenziale. Da allora Medea ha continuato ad inseguirmi e a farmi interrogare. Perché pensare ancora a Medea, come se non fossero bastate così tante epoche e tentativi a raccontarla? Perché da Euripide, si continua a inciampare, scontrarsi, immedesimarsi, parteggiare, viversi nella vicenda di questa donna, impastata di amore e vendetta, pervasa di passione, attraversata da voci dentro la sua testa e folgorata da un amore solo, uno, Giasone, lo straniero dall’armatura lucente come il sole che ruba il vello d’oro, che si diceva capace di guarire tutte le ferite. Il perimetro familiare diventa platea delle guerre e delle esplosioni dei rapporti umani: chi non ci ha pensato mai, almeno una volta? La Medea di Seneca non è certo un epigono della Medea euripidea, anzi. Seneca è un innovatore , anche se la sua scrittura dovrà attendere la scuola viennese di Freud ( Wilhelm Reich prima e Jacques Lacan negli anni cinquanta ), per essere riconosciuta in tutta la sua modernità. In Seneca Medea è una donna invasa dalle voci di dentro, tagliata in due. Recisa dentro il proprio io in due parti. Una parte della sua personalità è dominata dalla sua natura solare, impulsiva, delirante, caparbia, in permanente dialogo con la follia. L’altra parte della sua anima soffre invece in un paesaggio completamente opposto : quello glaciale. Impervio della luna. Un paesaggio dominato da una voce ossessivamente riflessiva , razionale, insonne, alla ricerca di una pace interiore che è impossibile raggiungere. Uccidere Giasone o Creusa, la sua nuova sposa? Uccidere i figli? O uccidere tutti e morire pazza bruciata viva nel fuoco del “ suo “ sole? E’ questo il senso della proposta drammaturgia di Seneca. La nostra Medea è una donna che soffre. Umanissima nella sua disperazione infinita. Dopo avere salvato la Grecia si ritrova straniera e messa ai margini, esule senza esilio, deformata nei rapporti personali, senza amore e senza figli in perenne dialogo con se stessa e nella contesa aperta dei suoi sentimenti. Anche Heiner Muller- secoli dopo- interviene a raccontarla, con una forza a noi più vicina, contestualizzandola e mescolando la vitalità dell’esistenza con il sangue della politica e le degenerazioni dell’amore. Ho chiesto a Paolo Magelli con insistenza di ripensare un soliloquio di Medea , di provare a riscrivere- e questo è solo un primo studio - il dramma per voce sola, la mia. Perché “ Medea siamo noi “ Jaques Lacan Biglietti € 13 intero € 11 ridotto Riduzioni: soci Coop, Arci, Scuola di Teatro Intercity, Carta Feltrinelli Ufficio stampa Bruno Casini –Organizzazione Teatro della Limonaia promo@teatrodellalimonaia.it Il Teatro delle Ariette porta, per la prima volta a Roma al Teatro Biblioteca Quarticciolo, "TEATRO NATURALE? Io, il couscous e Albert Camus". 17, 18 e 19 febbraio ore 21 Reduce dalla tournée in Francia, ospite del Centro Islamico di Parigi e del Théâtre Massalia di Marsiglia, arriva a Roma, al Teatro Quarticciolo, dal 17 al 19 febbraio (ore 21), il Teatro delle Ariette con “TEATRO NATURALE? Io, il couscous e Albert Camus” di Paola Berselli e Stefano Pasquini con Paola Berselli, Maurizio Ferraresi e Stefano Pasquini per laregiadi Stefano Pasquini. Come tutte le creazioni della Compagnia il lavoro affida un ruolo centrale allo spettatore dell’evento teatrale, che sta dentro lo spettacolo invece di osservarlo da fuori. La drammaturgia si sviluppa attorno al cibo preparato in scena, in questo caso il couscous, e condiviso con gli spettatori come elemento evocativo concreto della memoria sensoriale del racconto che vede Stefano Pasquini ricordare i suoi anni giovanili e il suo incontro con la parola letteraria di Albert Camus. Nello spettacolo si intrecciano e si confondono passato e presente: il passato della storia che viene raccontata e il presente dello spettacolo. Perché il teatro si fa solo al presente e parla solo di oggi anche quando racconta storie di molti anni fa. “Abbiamo deciso di fare questo spettacolo per parlare dell'oggi - scrive il regista Stefano Pasquini che con Paola Berselli è anche autore del testo - E per parlare dell'oggi abbiamo pensato di raccontare una storia di molti anni fa, quando avevo 17 anni. È la storia di una piccola odissea personale fatta di incontri, di scoperte, di sconfitte e di viaggi, da Bologna alla Francia e dalla Francia al Mediterraneo, alla Spagna, all'Algeria. È la storia di formazione di un giovane diciassettenne che, seguendo l'amore, arriva in Francia dove è accolto da una famiglia di spagnoli, fuggiti in Algeria alla fine della Guerra Civile e arrivati in Francia per sfuggire alla Guerra di Indipendenza algerina. I pochi mesi dell'estate del 1978 mi hanno fanno incontrare in un lampo 50 anni di cultura e di storia del Mediterraneo, mescolando l'Italia degli anni di piombo, alla Spagna della Guerra Civile e poi della dittatura di Franco, all'Algeria colonia francese e poi in guerra per l'indipendenza. L'incontro con l'amore mi ha aperto le strade della conoscenza, mi ha fatto mangiare per la prima volta il couscous e mi ha fatto scoprire "Lo straniero" di Albert Camus, un libro che mi ha cambiato la vita e mi ha messo di fronte all'eterno conflitto tra uomo naturale e uomo sociale. Mersault, il protagonista de "Lo straniero", è un uomo che rifiuta di mentire e obbedisce soltanto alle leggi della natura. Conduce una vita semplice, sfugge agli obblighi delle convenzioni sociali, è vero e sincero fino alle estreme conseguenze. Vive la sua vita naturale, solitaria e sensuale, fatta di cieli e di profumi d'estate anche in prigione, quando viene arrestato per avere ucciso un uomo. Come potevo, giovane diciassettenne, non identificarmi completamente con questo uomo? Come potevo non appassionarmi alla straordinaria esperienza umana, intellettuale e artistica di Albert Camus?”. →Link sito http://www.teatrodelleariette.it/spettacoli-naturale.html Teatro Biblioteca Quarticciolo Via Ostuni 8 Info e prenotazioni Prenotazioni: tel 06 98951725 - 06 0608 Botteghino: feriali ore 18-21.30, festivi ore 16-18.30 Biglietto unico 20 euro promozione@teatrobibliotecaquarticciolo.it www.teatrobibliotecaquarticciolo.it - www.teatriincomune.roma.it Informazioni Teatro delle Ariette Via Rio Marzatore 2781 loc. Castello di Serravalle, 40053 Valsamoggia (BO) tel e fax +39.051.6704373 info@teatrodelleariette.it - www.teatrodelleariette.it Al via Pratiche di Teatro, il laboratorio di Lenz Fondazione. Verso il Paradiso Si sono aperte le iscrizioni al percorso formativo avanzato guidato da Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, in vista della messa in scena del Paradiso di Dante al prestigioso Festival Verdi di Parma. Un’ottima occasione di formazione per attori, perfomer, danzatori e cantanti: tornano le Pratiche di Teatro progettate e guidate da Lenz Fondazione. Sede del laboratorio sarà Lenz Teatro, officina creativa e cuore culturale della zona Pasubio, a Parma. «Matrice irrinunciabile del pensiero pedagogico di Lenz è la ricerca di una nuova funzione linguistica dell’attore nel teatro contemporaneo. Il laboratorio è lo stato in cui si trasfondono sapienze drammatiche, filosofie sceniche e tecniche del vivente, è il luogo in cui natura e ingegno si contendono i confini del prodigio estetico. È il tempo in cui l’umano trapassa sé per compiersi pienamente nel suo destino artistico e poetico. È monumento in costruzione al sensibile umano» spiega Maria Federica Maestri, che nei mesi di marzo/aprile e di settembre/ottobre condurrà un Laboratorio Avanzato insieme a Francesco Pititto. Il percorso sarà strutturato in quattordici lezioni a cadenza settimanale di tre ore ciascuna (il martedì dalle 19.30 alle 22.30), con inizio martedì 7 marzo. Il programma della prima fase prevede: grammatica corporea, elaborazioni fisiche, tecniche dialogo spazio-corpo, partiture gestuali, respirazione e vocalizzazione, modulazioni vocali, fonìe corporali, architetture di parola. Il programma della seconda fase prevede un lavoro di approfondimento finalizzato all’elaborazione del Paradiso: sintassi corporee e verbali, drammaturgia del movimento, architetture vocali, codificazioni performative per l’imagoturgia. Al Laboratorio seguirà la selezione per partecipare a Paradiso. Un Pezzo Sacro, dai Quattro Pezzi Sacri di Giuseppe Verdi. Lo spettacolo, parte dell’imponente progetto biennale di Lenz Fondazione dedicato alla Divina Commedia di Dante Alighieri, debutterà a metà ottobre nell’ambito del prestigioso Festival Verdi 2017. Dal 1994 Pratiche di Teatro ha formato numerosi attori, danzatori, registi e tecnici, che oltre ad aver partecipato alla realizzazione delle principali opere di Lenz hanno intrapreso significativi percorsi autonomi. Per informazioni e iscrizioni: Lenz Fondazione, via Pasubio 3/e, Parma – tel. 0521 270141, 335 6096220, formazione@lenzfondazione.it, http://lenzfondazione.it/laboratori/pratiche-di-teatro/. Teatro Asioli – Correggio (Reggio Emilia) dal 10 al 12 febbraio 2017 ore 20.30 Teatro delle Ariette presenta TUTTO QUELLO CHE SO DEL GRANO di Paola Berselli e Stefano Pasquini con Paola Berselli, Maurizio Ferraresi, Stefano Pasquini scenografia e costumi Teatro delle Ariette luci e audio Massimo Nardinocchi video Stefano Massari regia Stefano Pasquini Arriva al Teatro Asioli di Correggio dal 10 al 12 febbraio (ore 20.30) il Teatro delle Ariette con “Tutto quello che so del grano” ultima creazione di Paola Berselli e Stefano Pasquini, anche in scena insieme a Maurizio Ferraresi, regia di Stefano Pasquini. Una focaccia, una lettera, un uomo e una donna, che vivono insieme da più di trent’anni, coltivano la terra, allevano animali e fanno teatro: questi i soggetti del nuovo lavoro della Compagnia. Forse la sera prima hanno litigato. Per questo l’uomo si sveglia presto e impasta una focaccia per lei, con la farina del grano che hanno coltivato. È da venticinque anni che seminano il grano insieme, così lui decide, nelle pause, tra una lievitazione e l’altra, di scriverle una lettera, una sorta di testamento, per dirle tutto quello che sa del grano, tutto quello che crede di avere imparato o pensa di avere capito. Scrive per lei, perché è un’attrice, per regalarle un monologo così bello da vincere tutti i premi e avere un grande successo, perché lei possa leggere e dire le sue parole di fronte agli spettatori e lui possa, nascosto tra loro, ascoltarle, pronunciate dalla sua voce, ogni sera, per sempre. L’intenso racconto del proprio vissuto tra crisi e rinascite, del teatro che si radica alla terra e alle sue leggi, diventa condivisione di un’idea di storia come inizio, del cibo come relazione umana, esperienza dei riti della civiltà contadina, che possono rivivere oggi nel rito del teatro e dove il grano non è altro che simbolo della vita, del futuro e del ritorno all’origine. Un percorso di ricerca verso un teatro umano e necessario, civile e poetico. Agli spettatori è richiesto di portare una focaccia, una pizza o un pezzo di pane. ‹‹Tutto quello che so può essere niente – scrive il Teatro delle Ariette quest’anno giunto al suo ventennale di attività - E il grano? Alle soglie dei sessant’anni, qualcosa devi pure avere imparato, qualcosa devi sapere, e questo qualcosa non puoi tenerlo per te, perché fai teatro, perché sei un’attrice…“Tutto quello che so del grano” è una sorta di pausa, una meditazione collettiva su quello che sappiamo di noi stessi, dei nostri simili e della terra che abitiamo. Quel “sapere” che cerchiamo, che vogliamo ascoltare e raccontare, non è solo un sapere scientifico. Cerchiamo piuttosto di condividere un sapere intuitivo e sentimentale, che appartiene al campo dell’esperienza materiale: i ricordi, le emozioni, i sentimenti, la farina, l’acqua, il pane e il vino››. Informazioni Teatro AsioliTeatro Asioli, C.so Cavour 9 – Correggio T. 0522 637813 www.teatroasioli.it Teatro delle Ariette TUTTO QUELLO CHE SO DEL GRANO di Paola Berselli e Stefano Pasquini con Paola Berselli, Maurizio Ferraresi, Stefano Pasquini scenografia e costumi Teatro delle Ariette luci e audio Massimo Nardinocchi video Stefano Massari regia Stefano Pasquini segreteria organizzativa Irene Bartolini comunicazione e ufficio stampa Raffaella Ilari Informazioni Teatro delle Ariette Via Rio Marzatore 2781 loc. Castello di Serravalle, 40053 Valsamoggia (BO) tel e fax +39.051.6704373 info@teatrodelleariette.it - www.teatrodelleariette.it TUTTO QUELLO CHE SO DEL GRANO Estratti Stampa […] Tutto quello che so del grano è un antidoto alla fretta. Mentre lo spettacolo va in scena, mentre i protagonisti mimano gesti lenti, fatti di storia e abitudine trasmessa di generazione in generazione, cuoce nel forno la focaccia, impastata sul grande tavolo al centro del palcoscenico. Una focaccia fatta con il grano coltivato nei campi zappati da Stefano, raccolto e portato al mulino per essere macinato. […] Il pane, il grano non passano “di moda” (anche se per qualcuno non sono più “interessanti” e possono essere soppiantati da altri più moderni cereali), così come i sentimenti. Non esiste la ricetta per cucinare la focaccia perfetta o il pane migliore, così come non esiste la ricetta per mantenere viva e felice una relazione: bisogna prendersi cura della persona con la quale si vive, bisogna mettere cura nella preparazione. Attraverso la cucina può esprimersi questa cura, che implica a volte anche la perdita di tempo, o meglio la riappropriazione di momenti per volersi bene e voler bene. Tutto quello che so del grano esprime con forza un ritorno alla sincerità, ad una semplicità che non è mai banale, ma essenziale, a valori che non sono universali, ma estremamente personali e che, proprio per questo, richiedono tempo e pensiero per essere individuati e coltivati. […] In poco meno di un’ora e mezza Stefano, Paola e Maurizio Ferraresi (muto accompagnatore di scena), raccontano tutto questo e nel pubblico ciascuno evoca il suo racconto: la nostra casa d’infanzia, la lettera a cui non abbiamo risposto o che non abbiamo spedito, il sapore del pranzo della domenica a casa dei nonni, il tempo perso nel migliore dei modi, rivendicandolo per noi e per la persona amata soltanto. Nessuna “verità” viene rivelata e quando cala il sipario si condivide un pezzo della focaccia cucinata in scena, il pane, i dolci che gli spettatori sono stati invitati a portare per la serata. Non si va subito a casa dopo l’applauso, si rompe la finzione scenica e attori e pubblico si mescolano: non c’è spazio per la fretta e ognuno può prendersi il suo tempo. Qualcuno saluta ed esce, qualcuno si ferma a chiacchierare, qualcuno prende la focaccia e si siede nuovamente per commentare quanto ha appena visto. E nella sua semplicità il senso è forse proprio questo. Caterina Bonetti, www.glistatigenerali.com, 6 novembre 2016 […] Ci sono ben più di vent’anni in questa nuova creazione della compagnia emiliana, c’è una vita intera, c’è un percorso che abbraccia le memorie di un’esistenza in continuo dialogo tra poesia e trattori. Nutrimento primario di questo viaggio è l’autobiografia, radice fruttuosa che plasma lo spettacolo in una sorta di rito agreste. Abolita ogni separazione tra scena e pubblico, il Teatro delle Ariette immerge lo spettatore in un ambiente conviviale, cifra stilistica di tutta la loro ricerca, per abbandonarsi in una appassionata saga familiare, che dai più lontani ricordi d’infanzia fino al presente ripercorre tappe, difficoltà, rimpianti e nostalgie di un magico connubio tra saperi antichi come il teatro e il lavoro rurale. È il grano stesso, insieme alla rugiada e alla nebbia, a scrivere la drammaturgia di uno spettacolo che sembrerebbe quasi sussurrato attorno al tepore di un caminetto accesso. In un’epoca in cui anche solo il concedersi una passeggiata in campagna appare a molti come un privilegio, Pasquini e Berselli, insieme all’amico Maurizio Ferraresi, ci insegnano che l’arte, il fare arte, è indissolubile dall’esperienza materiale, che una staccionata da riparare o l’aratro mentre dissoda la terra sono fonti preziose per una regia teatrale, perché “si dice che il teatro non è la vita, ma un’ora e mezza dello spettacolo è vita” […] La ricetta di “Tutto quello che so del grano” si basa sostanzialmente sulla narrazione più schietta e sincera, sulla sedimentazione organica di un vissuto e la sua urgenza di essere rivelato, senza per questo accantonare le istanze del presente. C’è tutta la grazia e la seduzione dell’artigianato teatrale, uniti ai tempi e alle dinamiche di una orchestrazione consapevole delle tendenze attuali: è come ascoltare i racconti della nonna con il blues di Tom Waits come accompagnamento, autore del resto amatissimo e onnipresente nelle opere del duo bolognese. Paradossalmente, quello delle Ariette è un teatro sperimentale, un teatro che fruga nel contatto diretto col pubblico, condividendone umori e partecipazione; dovendosi confrontare con un ambito teatrale che tende sempre più a tenere alla larga lo spettatore, o semmai ad attrarlo con strategici ammiccamenti, questo teatro estende invece la piena cittadinanza a chi è oltre la quarta parete, usufruendo della condivisione per inseminare senza pregiudizi i linguaggi creativi, che poi restituiscono in scena. Andrea Alfieri, www.klpteatro.it, 23 novembre 2016 […] Ci sono, infatti, una drammaturgia e una regia forti, che definiscono con precisione i tempi delle azioni ma che nello stesso momento riescono ad abbattere la quarta parete, co-involgendo in modo empatico i presenti. E’ qui che davvero il teatro diventa uno dialogo in ascolto del mondo, dove dialogo è da intendersi profondamente: mettere in comune il logos che è tanto oltre che parola; è anche relazione, legame, studio, causa, ragionamento, ragione. Stefano Pasquini e Paola Berselli con il loro spettacolo dialogano, in questo senso, profondamente. L’intenzione di con-dividere un pensiero su ciò che sappiamo di noi, attraverso il passaggio inevitabile (come passare del grano attraverso l’imbuto di un mulino instabile) sul passato, si realizza pienamente. Rendono il triplice piano di lettura accessibile anche ai non addetti ai lavori, grazie ad un linguaggio semplice, ma non semplicistico, non basso. Così come non c’è nulla di semplice nel fare una focaccia: in fondo, è vero, è solo farina, acqua, sale, lievito e olio, ma se non si è bravi abbastanza nell’impastare gli ingredienti, se non si ha la pazienza di aspettare la lievitazione e se non si sa sentire il profumo che esce dal forno che dice ‘è pronta’…la focaccia-spettacolo non sarà buona come quello proposta dal Teatro delle Ariette […] Sarebbe tutto molto più facile se chi scrive, chi sale sul palco e chi è seduto di fronte ad esso si accontentassero di maschere ma tradirebbe la sua funzione: far riflettere la società su se stessa. C’è ancora chi ha intenzione di resistere, nonostante la fatica (soprattutto economica) nel portare avanti i progetti, e c’è ancora chi ha volontà di ritagliarsi uno spazio altro per riflettere attraverso l’arte. Tutto ciò che so del grano rispetta in modo professionale e profondamente umano le sue intenzioni più profonde. E questo lo spettatore lo ha compreso: molti gli occhi lucidi alla fine. Serena Falconieri, www.rumorscena.com, 8 novembre 2016 […] Quest’ultimo lavoro del Teatro delle Ariette chiama in causa argomenti sostanziosi e li offre con estrema semplicità. Si parla di amore, di cose felici e di difficoltà, di tradizione ma anche di tendenze contemporanee (col buffo dialogo al mulino dei due coniugi che parlano di vegetarianesimo e di macinatura a pietra, dell’attitudine al divorzio e della loro vita insieme), si parla di teatro, di vita e di morte e lo si fa con la stessa genuinità di quando si racconta come si fa il pane. Francesca Di Fazio, paneacquaculture.net, 11 novembre 2016 Forse davvero stare insieme è già di per sé un’opera d’arte. Forse non è eccessivo pensare che amarsi e, soprattutto, comprendersi è una impresa teatrale di grande portata (senza velleità ironica). Viene da chiederselo, a più riprese, guardando lo spettacolo “Tutto quello che so del grano” di Paola Berselli e Stefano Pasquini, gli attori-contadini che, insieme all’amico Maurizio Ferraresi, costituiscono il nucleo artistico del Teatro delle Ariette, realtà teatrale hors-catégorie sorta vent’anni fa nell'omonima azienda agricola Le Ariette, vicino Bologna. Teatro e vita si mescolano, si fondono, s’impastano in un amalgama che sa di sentimenti e valori autentici, di profumi, colori, luci, sapori che esulano dal mero racconto autobiografico per comporre, con grazia poetica, un quadro di ricordi da cui ognuno può attingere qualcosa per sé, riconoscere una traccia, un volto, una immagine del proprio vissuto. Sono pochi e semplici gli ingredienti che servono per questa ricetta creativa. Ma, come spesso accade, è proprio in questa semplicità, sempre più rara da trovare (anche a teatro), che risiede la bontà, la bellezza, la riuscita […] “Quello che so del grano è che questa focaccia l’ho fatta per te” cita l’ultima battuta. Noi non possiamo che essere grati per quanto ci viene offerto, per questo momento di teatro intimo, prezioso e benefico, per le parole intrecciate con tanta cura e delicatezza, come un ricamo antico, per averci coinvolti in quella sorta di gioiosa danza cerimoniale delle stagioni (a mimare con le mani i gesti coreografati della Season March di Pina Bausch) e per il cibo fragrante assaporato, insieme, nel bel momento conviviale a fine spettacolo. Per nutrire lo spirito e così pure il corpo. Francesca Ferrari, www.teatropoli.it, 6 novembre 2016 […] Sempre sulla traccia dell’autobiografia che diventa storia, storia vera e credibile perché vissuta, sta Tutto quello che so del grano del Teatro delle Ariette: un bilancio di una vita passata tra campagna e teatro, dopo le delusioni della politica, a scoprire un mondo nuovo, fatto di animali, di cose coltivate e raccolte, di silenzio e di nuove possibilità di relazioni, ad attraversare crisi, occultarsi, oscurarsi e rifiorire, proprio come il seme che si interra tra le zolle, proprio come il cibo, essenziale e superfluo, oggetto di dissennato consumo, indispensabile nutrimento, momento insostituibile di relazione umana. Le Ariette si raccontano per scoprire, quasi fino a scorticarsi: senza paura di parlare di amore, di vecchiaia che avanza anche per la generazione forever young, di incomprensioni, di fantasmi, di cose e persone che sembrano per sempre svanite, memorie abbandonate che vogliono rivivere. Molto bello. Molto intenso. Massimo Marino, www.doppiozero.com, 25 agosto 2016 Il Teatro delle Ariette torna nel bosco psichiatrico alla periferia di Milano per tirare le somme di una carriera lunga e fruttuosa in cui vita e lavoro si sono fuse indissolubilmente insieme, contaminandosi a vicenda. Con questo secondo studio nato dalla necessità di restituire al pubblico tutte le nozioni apprese durante un vissuto fatto di «momenti intensi», il trio agreste intraprende un percorso di ricerca incentrato sul senso stesso di tutte le azioni, piccole e grandi, che li hanno condotti, negli anni, fino a qui. Semina, mietitura, battitura e macinazione, quattro atti dolcemente pastorali che si riflettono nelle altrettante lettere dedicate dal Pasquini alla Berselli in seguito a una rottura, una crepa nella superficie piana della loro esistenza di coppia. Il processo creativo (in tutti i sensi) viene quindi paragonato alla trafila agricola per produrre il grano che, da esperienza personale quale è per i due attori-braccianti, «diventa, nel tempo di una sera, evento teatrale collettivo» […] Annullando qualsiasi divisione tra attore e pubblico, il duo dichiara allora il proprio intento e inscena una performance di difficile classificazione. Tra canzoni waitsiane, danze druidiche e momenti culinari, Tutto quello che so del grano sembra a tutti gli effetti un messaggio d’addio al passato, ai tempi andati, a una convivenza con la natura perduta, forse, irrimediabilmente («avremmo sempre potuto fare di più, fare meglio, fare prima»). […] Si tratta quindi di una presa di coscienza al contempo umana e artistica, confermata anche da scelte registiche già proposte in passato, che fanno delle Ariette una realtà sui generis oramai classica. Francesco Chiaro, teatro.persinsala.it, 7 luglio 2016 Inchiodati sul confine tra la resa e la voglia di trovare uno slancio, indecisi su cosa fare delle nostre vite e della nostra fiducia, su cosa pensare e sentire – se sia meglio vivere liberi o in coppia, se la carne faccia male o no, se convenga crescere i figli in campagna o in città, se sia bene leggergli solo favole gender friendly, se il biologico sia poco meno di una truffa, se l'arte e la storia siano morte col romanticismo o meno, se abbia ragione Heidegger o Bloch, se sia meglio il manicheismo o il relativismo, se il teatro sia parola, gesto, o tutte e due, o nessuna delle due... – guardiamo Stefano, Paola e Maurizio che in scena impastano, cuociono, tagliano, servono, mentre raccontano la loro biografia di uomini donne e artisti, dandoci la sensazione che sappiano esattamente cosa stanno facendo con le mani, e che qualsiasi cosa uscirà dal forno o dai pentoloni sarà sicuramente, incontrovertibilmente, straordinariamente squisito e sano. E noi li guardiamo, appunto, come profeti di una vita e di un teatro pieni di altissima dignità: per il pubblico sanno di buono, di naturale, di salutare, di emozionante, di santo, di verissimo, per gli addetti ai lavori di un aggiornato teatro popolare di ricerca […] Le Ariette, dal canto loro, avanti anni luce rispetto al nostro immaginario da mulino bianco e alle nostre strategie da spettatori o da impresari – ma sempre gentili come i veri saggi con i nostri limiti – mentre impastano e raccontano e profondono fascino in tutte quelle cose di cui qualcuno si è preso personalmente cura e che saranno destinate a durare, ad avere una storia (così, senza neanche sfiorare l'argomento, ci fanno venire voglia di indossare un cappotto di lana invece che un piumino in poliestere, e di mangiare nei piatti di ceramica invece che in quelli di plastica), ci conducono ben lontano dal mulino che vorrei, dritti nel loro e nel nostro soffrire, a colloquio con le ombre, la tristezza nera e la nostalgia di felicità che ci portiamo nel cuore nel dubbio atroce che sia tutto inutile: il teatro, il corredo ricamato a mano, la vita […] Rossella Menna, www.doppiozero.com, 30 marzo 2016 Noi cittadini del grano non sappiamo proprio niente, ignoriamo o diamo per scontato, tra Mulino Bianco e intolleranze al glutine. Pare improvvisamente divenuto un nemico, il grano […] Le Ariette, Paola, Stefano, Maurizio, lo conoscono bene il frumento come se in Tutto quello che so del grano umilmente si piegassero davanti al mistero, alla fantasia del creato in una preghiera laica che sa di alchimia e fascinazione, di costruzione e trasformazione, di divenire e di attesa, di pazienza e contemplazione. […] Le Ariette rispettano i tempi, le fasi, le stagioni, rispettano i silenzi e la fatica, rispettano le persone, quella grande comunità che in questi venticinque anni è cresciuta e si è accoccolata dolce attorno a loro, alla loro semplicità, poetica e di lavoro pesante, piena di pathos ma anche ancorata rigidamente alle fondamenta della terra, alle radici che sondano e tengono, alle foglie spazzate dal vento, alle cortecce bitorzolute dove è piacevole passarci il palmo della mano e sentire il brivido dell’irto, il graffio, il solco delle spine. […] Un grande racconto d’amore, in definitiva, dove la commozione fa da spartitraffico e cuscino dove immergere la testa proteggendola, in forma di missive, di lettere scritte a mano come una volta, dove la calligrafia è segno e disegno e stato d’animo e stile e carattere, che piega e affonda il foglio, anch’esso figlio e prodotto dell’albero. Lettere d’amore che sono pezzi di ricordi e sogni, di nostalgie e desideri, passaggi e sentieri, percorsi di vita, scambiata, diffusa come acqua ad irrigare, pioggia a ristorare. […] Le Ariette sono disarmate, le loro storie toccanti ma non lacrimevoli, la loro arma principale è la parola “insieme”. Che cos’è l’amore? Forse è questa focaccia fatta per te. Le Ariette fanno bene: al cervello, al cuore, al respiro. Tommaso Chimenti, ilfattoquotidiano.it, 30 marzo 2016 […] Il sapere che le Ariette ci raccontano è soprattutto intuitivo e sentimentale, appartiene al campo dell’esperienza materiale: quella dei ricordi, delle emozioni, dei sentimenti, della farina, dell’acqua, del pane e del vino. Dal racconto della passione per la musica di Tom Waits – colonna sonora all’inizio dello spettacolo con la canzone Chicago che parla di semi piantati che non cresceranno –, Pasquini passa a chiedere: “Chi, oggi, scrive ancora lettere?”. E ancora: “Se vi obbligassi stasera a scriverne una, a quale persona cara la scrivereste?”. Lui la scrive a Paola. Ed è quella che ascoltiamo alternandosi entrambi davanti o attorno al tavolo, col grano sparso per terra o raccolto dentro una vasca dove lei immerge i piedi, rievocando, col semplice sovrapporsi di una veste, ricordi d’infanzia, o dialogando ironicamente con lui seduto di fronte […] Fra autobiografia e parabola di valori universali, dove s’insinua, tra le righe, la storia di ieri e quella tecnologica e televisiva di oggi, dove affiorano temi ecologici ed esistenziali, le Ariette ci fanno sentire commensali attivi del loro “sapere” del grano coinvolgendoci, infine, nel mimare insieme a loro quei gesti delle mani che Pina Bausch creò in Kontakthof per danzare il ritmo della natura nel trascolorare delle quattro stagioni. Un omaggio alla grande coreografa che, indirettamente, forse, ha ispirato il loro teatro. Quel teatro che affonda le radici nella vita reale. E di essa continua a nutrirsi. Giuseppe Distefano, artribune.com, 8 aprile 2016 […] Come Stefano Pasquini, uno dei tre attori, ha dichiarato parlando dello spettacolo, «per andare avanti bisogna fare i conti con ciò di cui si è fatti». Ecco allora che all’interno di questo teatro, in cui il cibo da sempre rappresenta un elemento essenziale, l’ingrediente del grano – emblema di una memoria legata alla terra – è stato sapientemente mescolato alle forme della lettera, del racconto e del dialogo, per dare vita ad una pièce dal sapore nostalgico e di grande sostanza, con una ricetta ancora in farsi. […] Ciò che colpisce in questo studio di pièce è la totale messa in gioco di se stessi da parte degli attori, l’empatia prodotta dall’espressività della Berselli, la sensazione di convivialità data dall’intimità dell’ambiente e dal reale scambio fra i presenti durante il banchetto finale. Resta una riflessione sul teatro quale luogo di sospensione del tempo e strumento di rielaborazione delle esperienze. E poi, se è vero che una focaccia cambia gusto sulla base di chi la prepara, perché chi impasta vi mette dentro un po’ di sé, questa è la conferma del valore dell’esperienza umana che sta dietro al teatro delle Ariette: quella focaccia era buonissima. Martina Vullo, paneacquaculture.net, 5 aprile 2016 […] Tutto quello che so del grano è una raccolta di memorie, della vita vissuta insieme negli ultimi trent’anni da Paola e Stefano. C’è il teatro, ovviamente, c’è l’amore, la campagna, l’infanzia, i ricordi, la felicità, l’attesa, la tristezza, l’incertezza. C’è tutto quello che è importante, e vero. Cosa succede: un uomo e una donna una sera litigano, non sappiamo bene perché. Tutto quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto insieme. Molta gente si è innamorata di noi, insieme. […] Lei ama il teatro, ma adesso lo mette in dubbio. Forse ha ragione Pasqui, stiamo facendo cose inutili, lui lo dice sempre che fa teatro solo per me e che altrimenti avrebbe fatto altro. Ha ragione, non ne vale la pena. E invece sì, e lo sanno bene entrambi, e se non vale in assoluto vale per il loro, di teatro, che coincide quasi interamente con la vita, che è vero come non si è visto mai, vero come il grano che l’amico Maurizio Ferraresi versa in un’artigianale e traballante composizione di tubi di plastica, e che finisce dentro una bacinella, direttamente sui piedi di Paola, vero come la focaccia che sta cuocendo in forno, di cui si spande in sala il profumo, che nessuno ha certo intenzione di mettere in dubbio e che tra un po’ tutti quanti andremo a mangiare, pancia piena o no, insieme sul palco, insieme agli attori e insieme all’uovo al tegamino, al formaggio e al vino […]. Giulia Foschi, nonfarneundramma.wordpress.com, 9 maggio 2016 FLORENCE ICE GALA - PLUSHENKO AND FRIENDS EVGENY PLUSHENKO e LE STAR DEL PATTINAGGIO SU GHIACCIO SABATO 29 APRILE AL MANDELA FORUM DI FIRENZE Ancora non si è spenta l’eco del successo di International Skate Awards, l’evento del pattinaggio su rotelle che a fine gennaio ha portato al Mandela Forum oltre 12.000 spettatori in due giorni, che già si succede nuova iniziativa, questa volta nell’ambito del pattinaggio artistico su ghiaccio: sabato 29 aprile, sempre al Mandela Forum, va in scena la prima edizione di FLORENCE ICE GALA - PLUSHENKO AND FRIENDS, il grande show che i tanti appassionati di questa disciplina attendevano e che mai si era riusciti a portare in Toscana. Un cast stellare di campioni amati dal pubblico di tutto il mondo, con il mito assoluto, l’atleta russo Evgeny Plushenko, soprannominato lo zar non solo per il suo predominio sulla scena agonistica del pattinaggio ma soprattutto per il carisma strabordante ed universalmente riconosciuto che l’hanno reso icona di questo sport. A Firenze e in tutta la regione appena si è sparsa la notizia c’è stato da subito grande interesse e l’affollamento dei diversi punti del circuito Boxoffice dove è già partita la prevendita dei biglietti. L’amore del pubblico toscano per questa disciplina ha del resto origini lontane: fin dal dopoguerra nei fine settimana sono sempre stati numerosissimi gli appassionati che affrontavano trasferte di centinaia di chilometri per poter dare sfogo alla loro passione negli impianti di Bologna o sull’Appennino modenese e la recente realizzazione di Winter Park, il parco tematico sorto nelle adiacenze dell’Obihall, ha dato finalmente una casa alla voglia di ghiaccio dei fiorentini. L’evento di fine aprile sarà un ulteriore tappa di crescita e di sviluppo per un movimento sportivo che già conta su una base importante, sia di praticanti agonistici ed amatoriali, sia per quanto riguarda il pubblico, che fino ad ora ha sempre potuto ammirare i grandi campioni di questo sport solo in televisione. La realizzazione di Florence Ice Gala prevede allestimenti molto impegnativi con il montaggio al Mandela Forum di una pista olimpionica per la quale sarà necessaria una centrale termica refrigerante dedicata che inizierà a produrre ghiaccio almeno dieci giorni prima dell’evento. I campioni del pattinaggio artistico in queste settimane vivono i momenti clou della stagione agonistica 2016/2017: si sono da poco conclusi i Campionati Europei di Ostrava e le Universiadi di Almaty in Kazakistan, e per molti è già ripresa la preparazione in vista dei Campionati Mondiali in programma ad Helsinki dal 29 marzo al 2 aprile. Subito dopo partirà la tradizionale tournèe dei campioni con tante tappe nei paesi asiatici ed alcune puntate in Europa, tra cui per la prima volta in assoluto Firenze il 29 aprile. PREVENDITA in tutti i punti vendita del circuito Boxoffice Toscana, on line anche su Boxol.it e Ticketone.it BIGLIETTI 4° settore - euro 26.45 3° settore - euro 34.50 2° settore - euro 46.00 1° settore - euro 57.50 Tavolo Gold con ristorazione - euro 115.00 INFORMAZIONI 051 6272148 - 335 8244308 - info@rollergp.org - www.skate-power.it Trincea di signore, in una Firenze invasa dalle acque Il testo teatrale portato al successo da Barbara Nativi Nuova produzione Teatro delle Donne e Teatro della Limonaia con Anna Meacci, Daniela Morozzi e Monica Bauco Sabato 18 febbraio incontro con l'autrice, Silvia Calamai Venerdì 17 febbraio 2017 – ore 21,15 Teatro Manzoni - via Mascagni 18 - Calenzano (Firenze) – biglietti 13/10/5 euro Il Teatro delle Donne - Teatro della Limonaia TRINCEA DI SIGNORE di Silvia Calamai con DANIELA MOROZZI e MONICA BAUCO regia originale Barbara Nativi (ripresa da Dimitri Milopulos con l’aiuto di Gherardo Vitali Rosati) musiche originali eseguite dal vivo da Marco Baraldi “Trincea di signore” è un testo quasi imprendibile, che ha debuttato quattordici anni fa, per poi ripresentarsi con cast diversi, in un passaggio di testimone tra attrici davvero inusuale, sempre con la regia di Barbara Nativi. Ed è a lei e alla sua messa in scena che il Teatro delle Donne rende omaggio con questa nuova produzione in collaborazione con il Teatro della Limonaia, di cui Barbara è stata anima e direttrice artistica. Anche questa volta si è voluto ripercorrere l’alternanza di più attrici: l’anteprima è stata presentata lo scorso settembre al Museo del Bargello con Monica Bauco e Amanda Sandrelli, nell’ambito del 50esimo anniversario dell’alluvione di Firenze. Sabato 11 febbraio al Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino saranno in scena Anna Meacci e Monica Bauco. Venerdì 17 febbraio al Teatro Manzoni di Calenzano (ore 21, biglietti 13/10/5 euro, via Mascagni 18, Calenzano, Firenze) saliranno sul palco Daniela Morozzi e Monica Bauco. Tutte attrici che hanno avuto occasione di collaborare in passato con Barbara Nativi e che con piacere hanno aderito a questo nuovo progetto, affidato alla regia di Dimitri Milopulos e Gherardo Vitali Rosati. Protagoniste di “Trincea di signore” sono Ortensia e Gervasia, due donne anziane che spiano dalla finestra la città invasa dalle acque, fra ricordi e nostalgie, battibecchi e speranze, fantasticando su improbabili fughe in canotto. Ortensia e Gervasia sono chiuse in casa e parlano, parlano... Ma le loro chiacchiere non sono la chiave unica del testo: il mondo in cui le due donne abitano è deserto e privo di certezze. Pare che Ortensia sia salita da Gervasia perché ha finito il latte o l’olio; sembra che Ortensia non possa tornare nel suo appartamento e che anche la Cupola e il Campanile si dissolvano e scompaiano in una lontananza umida e pericolosa. Il nemico è l’Altro, ma nessuno sa che cosa sia. Ci entra in casa e ci parla, con lunghi e strani silenzi. Scritto da Silvia Calamai - autrice fiorentina, docente di linguistica all’Università di Siena e per diversi anni di drammaturgia alla scuola di scrittura teatrale del Teatro delle Donne - “Trincea di signore” è stato straordinariamente interpretato nel 2002 da Marisa Fabbri e Franca Nuti nel 2002, poi lo abbiamo visto nel 2003 attraverso gli umori e le visioni di Lucia Poli e Marcella Ermini. Quindi repliche sui palchi di tutta Italia, sempre per la regia della compianta Barbara Nativi. Tra i riconoscimenti: finalista alla 46° edizione del Premio Riccione per la Nuova Drammaturgia, e Premio Battipaglia-Under 32 2002. Musiche originali dal vivo di Marco Baraldi, con la voce di Giada Secchi. Luci di Andrea Narese. Spettacolo nell’ambito della 25° stagione del Teatro delle Donne. Programma completo www.teatrodelledonne.com. INCONTRO CON L’AUTRICE - Sabato 18 febbraio, alle ore 18.30, presso la Biblioteca Civica di Calenzano avrà luogo un incontro pubblico con Silvia Calamai, autrice di “Trincea di signore”. Scarica la video-intervista a Monica Bauco http://bit.ly/2kG7RoB Scarica la cartella stampa della stagione www.goo.gl/ii8HuZ Biglietti, riduzioni e prevendite Intero 13 euro; ridotto 10 euro (over 60, under 25, Coop, Arci, ATC) ridotti 5 euro (iscritti ai corsi di formazione) Promozione residenti Comune di Calenzano: 7 euro Abbonamento 5 spettacoli a scelta 35 euro - abbonamento 10 spettacoli 60 euro Prevendite: circuito www.boxofficetoscana.it e online www.boxol.it Biglietteria del teatro dalle ore 18 Info e prenotazioni Teatro Manzoni - via Mascagni 18 - Calenzano (Fi) teatro.donne@libero.it - www.teatrodelledonne.com Tel 055 8877213 / teatro.donne@libero.it IL TEATRO DELLE DONNE – Centro Nazionale di Drammaturgia Sede operativa: TEATRO MANZONI via Mascagni, 18 – 50041 Calenzano (FI) 055.8877213 - 055.8876581 teatro.donne@libero.it - www.teatrodelledonne.com Venerdì 10 febbraio 2017 ore 21 Teatro Palladium Roma [Piazza Bartolomeo Romano 8] Stagione 2016-17 T eatro Palladium / sez. Contemporanea LA PAZZIA DI ISABELLAVita e morte dei Comici Gelosi testo, interpretazione e regia Elena Bucci e Marco Sgrosso consulenza alla drammaturgia Gerardo Guccini maschere Stefano Perocco di Meduna tecnico luci e suono Roberto Passuti una produzione Le Belle Bandierein collaborazione con Centro di Promozione Teatrale La Soffitta Università degli Studi di Bologna Regione Emilia-Romagna, Comune di Russi Al mondo della Commedia dell’Arte, si ispira “La Pazzia di Isabella. Vita e morte dei Comici Gelosi” che Elena Bucci – da poco insignita del Premio Ubu come migliore attrice 2016 - e Marco Sgrosso, Le Belle Bandiere, dedicano a Isabella e Francesco Andreini e che, dopo oltre 10 anni di tournée, sarà in scena al Teatro Palladium venerdì 10 febbraio (ore 21) nella sezione Contemporanea della Stagione 2016.2017. L’idea di “rievocare” sulle tavole di un palcoscenico due personaggi mitici nella storia del teatro come Isabella e Francesco Andreini diventa un’occasione per riflettere sulle radici stesse dell’arte dell’attore, sul senso più profondo di questa professione, sul fascino e sulla forza misteriosi di un ‘mestiere’ che riesce a tramandarsi nei secoli nonostante il suo carattere effimero. ‹‹Le notizie biografiche su Isabella e Francesco sono scarne ed è difficile ricostruire con esattezza cosa e come recitassero, nonostante l’ampia mole di scritti tramandataci dal meticoloso lavoro di raccolta di Francesco dopo la morte improvvisa e prematura della moglie a Lione durante il viaggio di ritorno da una tournèe in Francia. La descrizione entusiasticamente ammirata dei testimoni della famosa “Pazzia di Isabella” - assai più delle Lettere, delle Rime e delle Commedie di cui ella fu autrice – scrivono Elena Bucci e Marco Sgrosso - ci consentono uno squarcio di immaginazione sulla forza scenica quasi ipnotica di questa attrice “cittadina del mondo” che – antesignana di Eleonora Duse - seppe essere innovativa e rivoluzionaria, pur nel pieno rispetto della grande tradizione degli Attori dell’Arte del suo tempo. La raccolta delle oltre cento “Bravure” del Capitano Spavento di Vall’Inferna ci offrono uno stimolo per immaginare lo stile irresistibile e trascinante di un attore che al ruolo ‘nobile’ dell’Innamorato preferì un personaggio rodomontico ed ingombrante, in fascinoso contrasto con il toccante ritratto umano che ci restituisce la sua volontà di eternazione della memoria dopo la scomparsa di Isabella››. Così, accanto alla tanto decantata perizia di attori - in un tempo in cui sottile era il confine tra artista e ciarlatano e i ‘commedianti’ ancora lottavano per ottenere un pieno riconoscimento della loro posizione nella società - quello che forse più affascina degli Andreini è il senso profondamente metateatrale del loro operare, la geniale strategia familiare attuata per edificare la persona dell’attore come qualcosa di diverso dal personaggio, allo scopo di ottenere quella stima e quel rispetto sociale dovuti ad una categoria di Artisti. ‹‹E se da un lato è difficile ricostruire i gesti, ritrovare le parole, lo stile e i modi della loro recitazione – proseguono Elena Bucci e Marco Sgrosso - dall’altro è affascinante immaginare che dai fiumi di inchiostro scritti dagli Andreini e sugli Andreini, riappaiano le loro ombre, le loro sagome, in maschera o a volto nudo, per raccontarci ancora la loro storia, la fortunosa vita e le passioni, i viaggi trionfali e faticosi di un’epoca d’oro del Teatro, e per ricordarci che ”i morti son quelli che fan parlare i vivi” ››. Lo spettacolo domenica 12 febbraio (ore 18) sarà ospite del Teatro Nobelperlapace a L'Aquila (artiespettacolo.org). Informazioni e prenotazioni Biglietteria Teatro Palladium 327 2463456 (orario 10:00 -20:00) biglietteria.palladium@uniroma3.it Biglietti disponibili anche su http://www.liveticket.it/evento.aspx?Id=79709& http://teatropalladium.uniroma3.it/ Elena Bucci e Marco Sgrosso, attori, autori e registi, hanno fatto parte della compagnia di Leo de Berardinis dal 1985 al 1999, partecipando a memorabili spettacoli, da King Lear a Totò Principe di Danimarca e a Il ritorno di Scaramouche. Nel 1993 fondano la compagnia Le belle bandiere, realizzando produzioni che spaziano da scritture originali a drammaturgie contemporanee, da riletture di testi classici ad esperimenti per la commistione tra le arti e praticando il repertorio sia in Italia che all’estero, grazie ad un nucleo stabile di attori e tecnici aperto a nuovi apporti. La compagnia, con sede a Bologna e a Russi, cura un Laboratorio, un Archivio e ha contribuito al recupero del Teatro di Russi e di altri spazi. Tra i riconoscimenti: i premi Ubu 2001 e 2016 come migliore attrice e il premio Eleonora Duse 2016 ad Elena Bucci, e alla Compagnia il premio Hystrio Altre Muse, il premio Viviani Città di Benevento, il premio Scenari Pagani. Insieme, Elena e Marco creano L’amore delle pietre, Gli occhi dei matti, Cavalieri erranti, La pazzia di Isabella, e mettono in scena L’amante, Delirio a due, La morte e la fanciulla, Macbeth Duo, fino al recentissimo Prima della pensione ovvero Cospiratori di Thomas Bernhard, che ha dato inizio alla collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione. Con la compagnia Diablogues e il sostegno del Teatro degli Incamminati, realizzano Il berretto a sonagli, Anfitrione, Il mercante di Venezia e Le Smanie per la villeggiatura, Premio ETI Olimpici del Teatro come migliore spettacolo di prosa nel 2004. La felice collaborazione con il Centro Teatrale Bresciano porta a Macbeth, Hedda Gabler, La locandiera, Antigone, Svenimenti, La Canzone di Giasone e Medea, con la regia di Elena e la collaborazione di Marco, mentre nel prossimo aprile debutterà Le relazioni pericolose. Elena dirige Santa Giovanna dei Macelli (Teatro Metastasio di Prato) e scritture originali tra le quali Regina la Paura (Mercadante di Napoli), Juana de la Cruz o le insidie della fede, Colloqui con la Cattiva Dea, Folia Shakespeariana (Ravenna Festival), Non sentire il male, Barnum, In canto e in veglia, Bimba; mentre Marco realizza Ella, Basso Napoletano, Memorie del sottosuolo, L’angelo abietto. Entrambi curano progetti di formazione per scuole, accademie e altre associazioni, tra cui il Cimes dell’Università di Bologna, la Paolo Grassi di Milano, l’Accademia Nico Pepe di Udine, l’Accademia Teatrale Veneta, la Scuola del Teatro Stabile di Torino. In teatro o in cinema hanno collaborato, tra gli altri, con Mario Martone, Claudio Morganti, Raoul Ruiz, Francesco Macedonio, Maurizio Schmidt, Valter Malosti, Pappi Corsicato, Luca Guadagnino, Tonino De Bernardi. La Compagnia è sostenuta da Regione Emilia Romagna e Comune di Russi. |
Deliri progressivi
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