
A 4 anni dalla scomparsa della "white soul" Amy Jade Winehouse (nata a Londra - borgo di Enfield, quartiere alla periferia nord di Londra - il 14 settembre 1983 e scomparsa a Londra il 23 luglio 2011), uscirà nelle sale italiane il 15, 16 e 17 settembre 2015, dopo il successo al Festival di Cannes, il docu-film “Amy - The Girl Behind The Name” del regista Asif Kapadia (già noto per il film "Senna"), distribuito in Italia da Nexo Digital e Good Films.
Il regista Asif Kapadia, come Amy, è cresciuto nei quartieri della North London, anche se non "fan sfegatato" (come egli stesso afferma) della Winehouse possiede tutti i suoi album e, quando il produttore James Gay-Rees lo contatta per il progetto proposto da David Joseph (presidente ed amministratore delegato della Universal Music UK), "sapeva che con lei" non ci sarebbe stato "spazio per la noia".
Il film documentario ricerca ed "assembla" con cura immagini (contestualizzate) dall'infanzia sino alla morte della cantautrice, video amatoriali e non, inediti ed editi, testimonianze ed interviste (Mitchell Winehouse padre di Amy, la madre Janis Winehouse, amiche ed amici, l'ex marito Blake Fielder, la guardia del corpo Andrew Morris, manager, produttori come Salaam Remi e Mark Ronson, musicisti e cantanti tra cui Tony Bennett, medici ed assistenti) per ricostruire il breve ed intenso percorso di vita di Amy.
Amy Winehouse di famiglia ebraica (padre tassista e madre infermiera) cresce ascoltando diversi generi di musica (dalle Salt-n-Pepa a Sarah Vaughan). Ama il jazz e inizia a cantare come professionista all'età di sedici anni. Ha debuttato nel mondo della musica pubblicando l’album Frank (Island, 2003), che ha riscosso un buon successo di pubblico e critica. Nel 2007 il vero successo, con l’uscita di Back to Black nelle classifiche internazionali (con Rehab, Love Is a Losing Game- nel film viene proposta l’emozionante interpretazione live al Mercury Prize). Il secondo album ha ottenuto un successo enorme, portando Amy alla vittoria di cinque Grammy Awards. I suoi testi e la sua musica sono ricchi di intensità e altezze, trasgressione, inquietudine, sarcasmo ed ironia, nell’indimenticabile voce jazz che l'ha contraddistinta. Mentre il mondo cominciava a considerarla una star, l’artista mostra di avere problemi legati ad abuso di droga e alcool, oltre a disordini alimentari (anoressia e bulimia) e sentimentali che l'hanno portata a ricoveri per disintossicarsi e forti depressioni sino alla prematura morte. Nell'ultimo suo concerto a Belgrado le sue condizioni erano evidenti.
Amy Winehouse aveva 27 anni ed è dunque andata ad aggiungersi a quella cerchia di artisti colpiti dalla cosiddetta Maledizione dei 27, assieme a Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Brian Jones, Kurt Cobain, i "maledetti" del rock morti a 27 anni.
In "Amy - The girl behind the name" chiara ed espressa l'intenzione di cercare un equilibrio che non disturbi troppo l'emotività pubblica (già fortemente provata) e non faccia "teatro del dolore". Una partecipazione e al contempo un distacco voluto, il non "intromettersi" lasciando parlare i "protagonisti" e soprattutto testi e musica di Amy. Questo è un film su una persona che desidera amore e non sempre ne riceve. Amy è un film sull’amore» dichiara Asif Kapadia.
Ne esce un "quadro" che sottolinea la spaccatura interiore di una ragazza talentuosa, con le proprie fragilità familiari e amorose (matrimonio e divorzio da Blake Fielder), catapultata improvvisamente in un mondo di successo oltre le sue aspettative, che la schiaccierà inesorabilmente, portandola alla solitudine ed alla devastazione.
Il film pone al centro, in una costante “inquadratura”, Amy ad ogni età ed in ogni contesto pubblico e privato (non so se in vita ne sarebbe stata felice) ed i suoi testi e la sua musica, ove tutto è chiaro, sin dall'inizio.
Amy: «Non penso di aver saputo cosa fosse la depressione. Sapevo di sentirmi strana a volte, ero diversa. Penso sia una cosa che capita ai musicisti. È per questo che scrivo musica. Io non mi sento, come dire, una persona incasinata. Ci sono un sacco di persone depresse che non hanno una via d’uscita. Non possono prendere in mano una chitarra, suonarla per ore e sentirsi meglio».
Amy si esprime in catarsi, è i suoi testi e la sua musicoterapia. La sua voce inconfondibile, potente ed unica, ricca di sfumature profonde e di altezze calde e vibranti, è il suo mezzo utile. Chi l'ascolta sente e “sa” inevitabilmente da subito, il suo valore, la sua sofferenza e la sua autenticità. Il pubblico sapeva e ha sempre sentito. Il successo non è un caso.
Il dissenso del padre a questo film, può avere motivazioni personali ed emotive, ma s’intuisce emozionalmente che sono assenti "pezzi" fondamentali del modo di essere della Winehouse (e forse di verità occultate da chi ha vissuto accanto a lei) e di una profonda analisi psicologica; al contempo è da apprezzare la capacità del regista e della produzione di voler tentare un’oggettività non facile, seppur frammentata, consegnando la responsabilità nelle mani di chi ne parla nelle interviste e ne ha dato autorizzazione (il film è privo di voce narrante).
Un altro aspetto importante da rilevare è che nel corso della sua vita Amy Winehouse è stata un’anima generosa, ha fatto molta beneficenza ad enti, in particolare quelli per l’infanzia. - Anche se questo lato della sua personalità non è mai stato ben noto al grande pubblico, in tutto sia nella comunità artistica che nella comunità caritatitistica era conosciuta per la sua generosità ed è stato anche conosciuto come un "soft touch". "Chiedi a Amy e lei lo farà" era una frase comune tra la comunità di carità nei riguardi della Winehouse -
Non è un caso l’affermazione a suo riguardo: "Voleva salvare gli altri, ma non riuscì a salvare se stessa."
Questa piccola affascinante straordinaria donna, così intensa, profonda e sensibile fosse fisicamente sopravvissuta, riuscendo a superare quell'esatto momento definitivo, negli anni a seguire avrebbe maturato quella consapevolezza che l’avrebbe portata, se non a bastare a se stessa almeno a provarci fermamente. Come ben si sa, i se e i ma non possono contrastare la dura realtà già avvenuta…Il divenire e le scelte personali sono fatto, sicuramente non assolvono business e responsabilità inconsapevoli o consapevoli altrui.
Cosa si aspettavano business e certo pubblico, mentre la sua vita stava andando in pezzi? Sempre troppo, rispetto alla fragilità d'anima e ottenendo comunque, anche dopo la sua fine fisica, molto e ancora di più.
Amy Jade Winehouse: "I don't think I'm gonna be at all famous. I don't think I could handle, I would probably go mad." - "Non credo che diventerò famosa. Non penso che riuscirei a gestire il successo. Probabilmente impazzirei ".
Riporto con tremito le parole di Tony Bennett il cui video in duetto è presente nel film: "Era in difficoltà in quel momento perché aveva un paio di impegni, e lei non riusciva a tenere il passo. Ma ciò di cui la gente non si rendeva conto in quel momento è che lei sapeva, sapeva che era in un sacco di guai, che non stava vivendo. E non era la droga. Era alcool verso la fine... è stata una cosa triste perché lei era l'unica cantante che cantava davvero, quello che io chiamo il "modo giusto", perché era una grande cantante jazz-pop... Era davvero una grande cantante jazz, una cantante jazz vera…"
…e la musica di Amy continua…immortale...
Silvia Calzolari