"Ho iniziato per gioco, ma ho avuto la fortuna di avere trovato dei grandi maestri e un po’ me li sono anche cercati. Ora, guardando indietro, c’è un filo conduttore che li lega tutti. Tutti mi hanno insegnato a non recitare, ma a essere vera." 1) Che emozione si prova, sapendo di aver sostenuto un ruolo così importante come la “Santa”, nel film oscar “La Grande Bellezza”? E’ tanto che faccio teatro, cinema poco, però come dicono sono sempre un pò nell’ombra (mai stata famosa, anche se sanno chi sono). Questa per me è stata una bella fortuna. La prima volta che mi hanno chiamata per fare il provino con Paolo Sorrentino, pensavo: “Figurati!!!”…, però ci sono comunque andata. Ero tranquilla e soprattutto non avevo l’ansia da prestazione che a volte mi prende. Ero contenta di conoscerlo. Il nostro incontro è stato (senza scherzi) del cuore e dell’anima. Lui aveva in mente una donna molto vecchia: una centenaria, per lui ero giovane e non sapeva se prendermi o meno, finché qualcuno gli ha suggerito l’idea del trucco. Ci siamo visti tre volte e la prova trucco, durata quasi 5 ore, è stata decisiva. Ho indossato l’abito e così ho iniziato a lavorare con lui e con l’aiuto regista al personaggio. Io sono entrata molto in sintonia e con poco, Paolo, ti fa capire cosa vuole. Mentre giravo ero molto felice, un ottimo rapporto con la troupe, mi sentivo coccolata, tranquilla e stranamente sentivo che mi veniva tutto naturale. Ogni proposta era accettata. Io sapevo cosa Paolo volesse, e dove cercare dentro di me. Mi sono ispirata a mia madre, per certi aspetti della vecchiaia. Paolo diceva: “Questa è una santa inconsapevole, dice cose così profonde, ma con la stessa leggerezza di dire – Passami il sale –“. A me questo ha fatto venire in mente un racconto di Buzzati: “I santi”. C’era un santo in particolare: San Gancillo, che era il santo inconsapevole. Ero presa dalla concentrazione e da cosa facevano gli altri. La vera emozione del personaggio, io l’ho avuta a Cannes e nella “Sala Lumiere” dove, ho visto tutto il film. Fino ad allora avevo visto solo gli spezzoni. Paolo poi, non mi aveva mai dato tutto il copione per intero. Capivo che il ruolo era importante, che faceva parte di un momento di transizione nella vita di Jep Gambardella, ma non avevo capito fino a che punto. Sono rimasta io stessa stupita, poiché quasi non mi riconoscevo. 2) In Italia “La Grande Bellezza” è stato molto criticato, anche non benevolmente. Cosa pensi in merito? Si, ho visto e letto. Il grande successo è stato in America. Riuscire a guardare dentro è difficile. Ci sono molti scorci di immagini e poche parole. Va metabolizzato. La mia stessa parte è piccolissima ma importante. Decisiva per un cambiamento. 3) Tu, ti senti come la “Santa”? No! (sorrisi). Anche se devo dire che c’è un film :“Pulce non c’è”, (uscirà nelle sale il 3 aprile 2014), girato tre anni fa, tratto dall'omonimo libro di una giovane scrittrice: Gaia Rayneri e diretto dal regista Giuseppe Bonito, ove interpreto i panni di una barbona, che in qualche maniera è portatrice di un cambiamento, di buona novella. E’ strano che faccio queste cose. Io sono buddista. Mi sono avvicinata tardi avevo già 40 anni. “Credere che la legge dell’universo è dentro di te e la vita è per te”. Detta così è facile. Tu devi sviluppare il cuore verso gli altri, perché non puoi diventare felice da solo. “Se ti preoccupi del tuo benessere, devi occuparti anche del benessere dei quattro angoli del paese” . Sicuramente l’interesse e questa forma di “cura”, probabilmente in queste due parti : la “Santa”(La Grande Bellezza), la “barbona” (Pulce non c’è), hanno messo in evidenza la mia parte spirituale. 4) Nel 2014, è uscito un altro film: “Mi chiamava Valerio” diretto da Patrizio Bonciani e Igor Biddau con la collaborazione di Ara Solis, Gruppo della Pieve e Fresnel Multimedia. Liberamente ispirato alla vita di Valeriano Falsini, il pentolaio gregario e amico di Fausto Coppi. [www.michiamavavalerio.it ] Come ti sei trovata? Beh bene! Loro sono Amici miei. Io sono la zia di Maria Pia. Vi è Roberto Caccavo (Fausto Coppi) con cui ho lavorato in “Re Lear” e mi ha diretto in “Mario”, Igor Biddau (scenografo da un bell’occhio), Riccardo Sati (Valeriano Falsini) e Sofia Bigazzi (Maria Pia). Sono ragazzi talentuosissimi. Stare con loro è come essere a casa. 5) Preferisci fare cinema o teatro? Sono due realtà diverse che richiedono due diverse concentrazioni. Fare cinema non mi mette ansia come nel teatro. E’ una cosa cui inconsciamente penso che posso rifare. Nel teatro sento quello che i francesi chiamano: il “crack”, che passa quando poi sono sul palco. 6) Tra i tanti tuoi progetti, ce ne uno in particolare che colpisce: “ Re Lear” con Gianfranco Pedullà. Come sei riuscita a catapultarti in un personaggio maschile e forte, come quello di un re? Faccio parte della sua compagnia. Beh questa è una bella domanda. Sin da quando ero giovane, ho sempre fatto personaggi maschili. Sarà per il viso androgeno, scavato. Quando Gianfranco, mi ha proposto questo ruolo, io sorrisi, perché quando avevo quarant’anni, dicevo che da vecchia avrei fatto il “Re Lear”, cosa che si è realizzata. Io sono minuta, piccina, ma quello che si è voluto fare vedere è la fragilità del potere. Ho cercato, nonostante la preoccupazione iniziale, di mettere in scena i “guazzabugli interiori". La parte della follia mi è venuta bene e per il resto sono stata aiutata anche da Marco Natalucci (il buffone) e da tutti gli attori, con cui mi sono divertita. 7) La tua esperienza nelle carceri? Bellissima, soprattutto nel carcere di Arezzo (ora chiuso). Lì c’era una compagnia (non fissa), facevamo un laboratorio, portando avanti una certa idea. Gianfranco Pedullà, è molto bravo nel dirigere. Queste persone, hanno una grande energia compressa, non utilizzata. Chi faceva il laboratorio teatrale, aveva già una predisposizione. Riuscivano a essere così veri, “più di un attore”, da portare sulla scena tutta la loro storia. Mi ricordo di un ragazzo cileno di 30 anni, di una bravura a capacità incredibile. Uno dei personaggi più belli che ho fatto in carcere oltre a “Woyezeck” è stato “Calibano” nella “Tempesta” di Shakespere ma tradotto in napoletano del ‘600-700 con un testo di Eduardo de Filippo. L’umanità di questa gente spacca il cuore e esce l’arte. 8) E con i laboratori per ragazzi? Con loro ho avuto poca esperienza. Non quanto in carcere. Ho lavorato con le medie di Arezzo. E’ difficile, con loro. Mi ricordo di una seconda media. Dovevamo mettere in scena la “La Gabbianella e il gatto che le insegnò a volare” di Sepulveda. Ragazzi che durante il laboratorio si scatenavano. Io urlavo, fino a dire basta e me ne andai. Poi tornai, e mostrai come adulto le mie "impotenze", trattandoli allo stesso pari, dicendo le difficoltà di lavorare con loro. Questo mio "sfogo", li ha poi portati a fare uno spettacolo bellissimo, e a superare anche inconvenienti tecnici, da veri professionisti. Sono entrati in scena alla perfezione. Anche il timido della classe, che interpretava il gatto, si è esibito alla grande. 9) A aprile 2014 porterai a Lastra a Signa (FI) uno spettacolo: “La partita di Mimì”, un quasi monologo, scritto per te dalla drammaturga palermitana Lina Prota. Ci puoi anticipare qualcosa? Lina Prosa, l’ho conosciuta lavorando al progetto Satirycon 2000 di Massimo Verdastro. Massimo ha avuto un’idea geniale, ha dato vari pezzi a drammaturghi contemporanei, affinchè riscrivessero il Satyricon. Ne abbiamo messi in scena 5. L’ultimo di questi , il “Naufragio”, è stato proprio scritto da Lina. Questa drammaturga sta avendo un grande successo ed è ha anche diretto una trilogia “Lampedusa Beach” per la Comédie-Française. Io mi sono “innamorata” di questa donna e della sua scrittura. Quando eravamo al “Piccolo”al Milano io le dissi, “Quanto mi piacerebbe che scrivessi qualcosa per me … e aggiunsi: “uhm, e scusami come faccio a pagarti?”- lei rispose: “Ah, non ti preoccupare, a noi scrittori, ci pagano poco”. “Anche a noi attori” – aggiunsi io. Io pensavo fosse finita lì. Poi mi chiama e mi dice: “Non mi dici cosa vuoi?”. A gennaio del 2013, mi è arrivata per mail “La partita di Mimi”. L’ho letta e l’ho trovata bellissima. Sarà presentata dal 9 al 13 aprile 2014 a Lastra a Signa, ci sarà una rassegna di teatro di nuova drammaturgia, diretta da Alessandro Cevenini e con me ci sarà una danzatrice (maestra del movimento) Sabina Cesaroni (Zayira). C’è anche la storia dell’Italia del ‘900 in “flash”, da Moro, Brigate Rosse, Pasolini. 10) Tu hai iniziato a 29 anni a recitare. Sono 40 anni che reciti. Quale è il ruolo più difficile che hai rappresentato, quello che hai sentito più tuo e quello più lontano da te? Lo sai che è difficile risponderti??! Difficile è stato “Aspettando Godot”. Facevo Lucky, non capivo bene cosa dovevo fare. Ne ho amato più di uno: sicuramente “Calibano”, in carcere e in napoletano (lingua che mi insegnato Bartolo Incoronato, lavorando insieme). Poi tanti anni fa, insieme a Marisa Fabbri e Franco Piacentini, ho imparato tanto. Nelle “Baccanti” con traduzione di Sanguineti, io facevo due personaggi: “Tiresia” e “Cadmo”. Questo è stato un bellissimo lavoro. Il teatro greco insegna moltissimo. 11) Hai mai pensato di scrivere un libro? Non so scrivere io. Non ci ho mai pensato. 12) Hai mai pensato di fare la registra? Per quello ho una capacità. Sono una brava regista d’attore, una “coach”. Non perché mi vanti, ma perché l’ho fatto. 13) Per fare l’attore/trice cosa consiglieresti? A un attore/trice giovane direi di non perdere tempo. Di fare una scuola, ma non di basarsi solo su questa. Di fare esperienze. Io non ce l’ho una scuola, ho iniziato per gioco, ma ho avuto la fortuna di avere trovato dei grandi maestri e un po’ me li sono anche cercati. Ora, guardando indietro, c’è un filo conduttore che li lega tutti. Tutti mi hanno insegnato a non recitare, ma a essere vera. C’è bisogno di inventarsi, di creare. Sicuramente ci vuole forza, tanta determinazione, senza bisogno di scappare dall’Italia. Dulcinea Annamaria Pecoraro
1 Comment
Da giovedì 6 a domenica 9 giugno - ore 21
Biglietti 15/12 euro Museo Nazionale del Bargello - via del Proconsolo, 4 - Firenze Compagnia Teatro popolare d’arte RE LEAR o il passaggio delle generazioni Riduzione del testo e regia di Gianfranco Pedullà da KING LEAR di William Shakespeare Con Giusi Merli, Marco Natalucci, Gianfranco Quero, Roberto Caccavo, Lorella Serni, Gaia Nanni, Claudia Pinzauti, Enrica Pecchioli, Claudia Pinzauti, Francesco Rotelli, Simone Faloppa. Musiche originali di Jonathan Faralli Dopo la fortunata tournee invernale, torna a Firenze - da giovedì 6 a domenica 9 giugno; ore 21; biglietti 15/12 euro - il RE LEAR di Shakespeare della compagnia Teatro popolare d’arte per la regia di Gianfranco Pedullà. Appuntamento nel secolare cortile del Museo Nazionale del Bargello, perfetta cornice per Shakespeare, nell'ambito di Estate al Bargello 2013. Allestimento di ampio respiro, reso unico dall’affidamento della parte del re ad una donna, Giusi Merli, attrice poliedrica e assai carismatica, tornata da poco da Cannes dove è stato presentato il nuovo film di Sorrentino, "La Grande Bellezza", in cui ha una parte di rilievo; significativo anche il resto del cast, costituito da attori di grande qualità, per lo più toscani, fra i quali spiccano Marco Natalucci e i validi Simone Faloppa, Francesco Rotelli, Gaia Nanni, Roberto Caccavo, Claudia Pinzauti, Enrica Pecchioli, Lorella Serni. Lo spettacolo si avvale della presenza importante di Gianfranco Quero, attore siciliano, già collaboratore di Mario Martone. In King Lear, fra i tanti temi, Shakespeare parla di un difficile passaggio di poteri fra le generazioni di un’arcaica e mitica Inghilterra. Qualcosa di simile sembra accadere nella nostra epoca, dove la comunicazione fra padri e figli appare sbilanciata a favore di adulti sempre giovanili, giovani che – per molti motivi (culturali, lavorativi, sociali) - faticano a imporre la loro funzione sociale e non riescono a diventare adulti. Forse la morte ci fa più paura e una briciola di potere lusinga più del dovuto le nostre fragili vite. Mettere in scena RE LEAR è come salire su una montagna e gettare un lungo e pietoso sguardo sul mondo, sulle conquiste e sulle cadute degli uomini. Una montagna misteriosa che, scalandola, svela lentamente la grandezza e la piccolezza del genere umano. Le rivalità, la competizione sfrenata, riportano gli uomini e le donne allo stato bestiale, alla violenza, alla guerra sterminatrice. L’avidità di potere scatena – parafrasando Marx – gli “spiriti selvaggi” della specie umana. E allora che si rompono i legami di solidarietà fra giovani e vecchi, fra padri e figli, tra fratelli e sorelle; e la vita umana si chiude nell’individualismo cieco, nella solitudine aggressiva, nella sofferenza e nell’insofferenza. Resta solo spazio per tamburi e rituali di guerra, alla fine della quale la terra appare devastata e desolata; un deserto che solo una nuova generazione di giovani onesti - e eticamente motivati - può sperare di seminare e fecondare con pazienza, tenacia e nuovo respiro. Ho provato a collocare questa storia in un tempo arcaico, prima della modernità. Alcune suggestioni sono rintracciabili – sia pure sullo sfondo – in un certo cinema di Pasolini (EDIPO RE e MEDEA) e altre nella lezione teatrale di Peter Brook, maestro di essenzialità scenica e leggerezza recitativa. La nuova produzione del teatro popolare d’arte segna sicuramente una svolta nel lavoro di Gianfranco Pedullà. Il suo shakespeariano Re Lear è una produzione di ampio respiro, sia per le dimensioni dello spettacolo che per la sua proiezione nella coscienza contemporanea.…..Giusi Merli con grande sicurezza si immedesima nella complessità del personaggio, ne mette a nudo grandezza e debolezza…questo Re Lear vive in un paesaggio dalle raffigurazioni arcaiche, con la grandiosità primitiva di certi squarci del cinema pasoliniano (abiti, gioielli, elementi di scena), ma nello stesso tempo rinvia alla semplicità eloquentissima del teatro di Peter Brook…. Gianfranco Capitta, IL MANIFESTO, 31 marzo 2012 BIGLIETTI: Intero 15 euro, ridotto 12 euro (coop – over 60 – under 26) PREVENDITE Punti vendita del circuito Boxoffice e on line BOXOL.IT INFO e PRENOTAZIONI Teatro Popolare d’arte 338 97 69 477 - 3471961898 [email protected] www.tparte.it Ufficio stampa: Marco Mannucci - [email protected] |
Deliri progressivi
..... Archives
Ottobre 2024
Categories
Tutti
|