LATTE & LIMONI Anna Maria Dall’Olio La vita felice (2014) Recensione a cura di Annamaria Pecoraro “Latte & Limoni”, silloge che già nel titolo esplica l’ossimoro della vita, tra alti e bassi, salite e discese, chiaro/scuri dalle molteplici funzioni e immersi in significati carichi di memoria e di esperienza. Il latte e il limone, due alimenti singolarmente nutrizionali e ricchi di proprietà, ma che insieme possono essere anche nocivi e scatenare “acidità e dolore”. In letteratura il latte è accostato alla maternità, all’infanzia felice, ai ricordi che sono l’ABC della crescita non sempre semplice. Un volo d’aquila, desiderosa d’identità e di ricerca. Oltre le combinate fortune, le spese, le porte chiuse e i fardelli trasportati. Una vita indossante i panni di una “Mater Lactans” e troppo spesso “dalle tasche vuote”, che si ritrova a combattere con le apparenze, bollette e giudizi. Figura ritrovabile nei versi di “S. Natale” di Clemente Rebora (1939), in Jacopone da Todi, nel capitolo XXXV dei Promessi Sposi (1840), nel XV della Gerusalemme Liberata (1580- 81) ove il bianco del latte si sgrana nel pallore del volto trasfigurato dalla morte. Una visione perturbante caratteristica anche la produzione verghiana: in Nedda (1874) o in Mastro Don Gesualdo, o con il “maleficium lactis” narrato da Tozzi, da Ignazio Silone ne’ “le donne in Fontamara” (1933) di Ignazio Silone. Pirandello interpreta la dis-grazia dell’allattamento in tutta la sua tensione patologica: nella novella Il libretto rosso (1911), fino alla valenza mostruosa nel racconto di Landolfi ne I canti di Maldoror (1869) di Lautrèamont. In tempi più recenti, Cristian Raimo ha rappresentato l’abisso della solitudine nel suo Latte (2001). Così nella lirica di Salvatore Quasimodo abbandona la mitologia dell’infanzia favolosa trasformandola in rovina del mondo e nella “Milano di Uomini e no” (1945) di Vittorini, un lattaio grida alle donne in coda che è arrivato cane Nero, prefigurando il destino non fasto. Il bianco/latte nella connotazione spettrale, allegoricamente diviene un mare nebbia [Una questione privata (1963) di Beppe Fenoglio] o un” cielo lattiginoso” come in Zebio Còtal (1961) di Guido Cavani o un “ghiacciaio fulminato” sul filo del rasoio in Islanda. I luoghi (Mirandola, Milano, Roma, Camerun,Bosnia, Islanda, Sardegna) diventano fonte d’analisi, scoperta, ricostruzione e di secrezione dalla cattiveria e dalle impurità per giungere alla pace. Scie intrecciate ai sospiri e la “via lattea terrestre”, è l’iter destinato nonostante il dolore, a diventare un potente elisir d’amore e di carità divina, o una miscela misteriosa (come anche nel notturno de L’assiuolo e nel crepuscolo di Piano e monte di Pascoli). L’idillio di Gatto di “Erba e latte”, che introduce la stessa silloge della Dall’Olio, caratterizza la musicalità ricercata dalla poetessa, che sull’altalena della vita tra memoria e sogno, ninna nanne, moniti, filastrocche e “cassintegarti”, snocciola la sua poetica sociale. Battaglie senza età, che spaccano il cuore e barattano la finzione per il successo. Una velata ricerca della bellezza eterna (Dorian Gray) e in quel latte & limoni, trovano il balsamo e l’acido. Il coagulato può infine trasmutarsi nella stessa fibra tessile, come nell’ingegnosa prosopopea ideata da Marinetti ne “Il poema del vestito di latte” (1937) e identificare genti, folle, piazze, strade, modellando e compromettendo le stagioni e le stesse generazioni. Al contempo anche il limone identifica il concentrato di energia, solarità, forza. Simbolo usato da Montale (Ossi di seppia), Quasimodo, Goethe, elogio d’appartenenza a un luogo/tradizione tale da richiamare sensazioni e profumi caratteristici. Potente strumento curativo e di bellezza, accattivante e audace, così come è la stessa penna di Anna Maria Dall’Olio, che abilmente riesce a descrivere, dis(incantare) con i versi quanto accade nella realtà. Una quotidianità fastellata di azioni e scelte non sempre comprensibili o accettabili perché sbadatamente trovate. “Trovasti l’anima mia sul selciato/ candele cadute muro crollato/ vasi di tristezza sconvolta”. Il latte e i limoni possono essere buoni davvero, ma anche amari, proprio come la vita: una mammella dell’universo, un libro-cibo, puro latte dell’anima e succo rivelato energico che se spremuto con la consapevolezza e il bisogno d’evolvere, migliora sicuramente. Dulcinea Annamaria Pecoraro
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Un memorandum immerso nella credenza di avere risposte a un senso che davanti al mistero e improvviso senso della morte, lascia spiazzati. Cosciente missione del poeta di raccontare e di andare avanti, nonostante le macerie e le ombre del limbo. Essere testimoni di concreto amore che abbraccia e non lascia soli, che accarezza e crea figli del futuro. Ierousalem di Prospero Alessandra Dati 2013, 40 p., brossura Editore GDS Disponibile in eBook a € 0,99 Alessandra Prospero: nata e cresciuta a L’Aquila dove tuttora vive, dopo gli studi classici ha assecondato la propria passione per lo studio della criminologia intraprendendo il corso di laurea in Scienze dell’Investigazione in L’Aquila. Collabora come recensionista con le riviste virtuali www.bottegascriptamanent.it e www.direfarescrivere.it edite dall’Agenzia Letteraria La Bottega Editoriale (www.bottegaeditoriale.it) e con la rivista www.ilgiornaledimontesilvano.com. Prolifica è soprattutto la sua produzione poetica, ha partecipato a innumerevoli antologie poetiche e nel 2012 ha pubblicato con Città del Sole edizioni la silloge P.S.Post Sisma, lanciata al Salone del Libro di Torino, che le è valsa numerosi premi e riconoscimenti. (http://alessandraprospero-prosaepoesia.blogspot.it) Ripercorre i passi, “nella cittadella dei senza-nome”, non sempre è semplice. Rismuove emozioni, rinvangando e agitando tormentati pensieri, con la consapevolezza d’essere vivi, ma anche del caro prezzo. Un memorandum immerso nella credenza di avere risposte a un senso che davanti al mistero e improvviso senso della morte, lascia spiazzati. Cosciente missione del poeta di raccontare e di andare avanti, nonostante le macerie e le ombre del limbo. Essere testimoni di concreto amore che abbraccia e non lascia soli, che accarezza e crea figli del futuro. Seminare speranze e con coraggio combattere, superando e condividendo i grovigli dell’anima è difficile, ma non è irreversibile. La malinconia riconosce e tollera dolori atroci, e metabolizzati, li trasforma in “leoni e fiordalisi”. La salvezza di non sentirsi soli, accomuna e culla. Alessandra, in versi liberi trova come annullare le distanze, unendo l’umanità nello stesso respiro. La penna diventa lo sfogo e il segno indelebile della “folle” sensibilità, tanto da riuscire a dare la spinta per tornare a rialzarsi da terra, per così ricomporre pezzi rotti, incollandoli senza inganni, con la passione e la volontà. La Prospero diventa “pro memoria”, la “Vis comica” narrante della “spes” e del destino, ritmando oltre la “Tabula rasa”, la verità di quanto sia importante vivere. Dulcinea Annamaria Pecoraro di Adriana Gloria Marigo postfazione di Eros Olivotto Editore: La Vita Felice pagine: 72 Acquisto:http://www.amazon.it/Lessenziale-curvatura-cielo-Adriana-Marigo/dp/8877994614/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1353347579&sr=1-1 Nata a Padova nel 1951. Gli studi umanistici l’hanno condotta prima all’insegnamento, poi ad occuparsi di eventi di danza moderna e contemporanea, seguendo un talento versatile, sensibile all’arte, alla bellezza che trova dimora pure “dove l’ombra si gioca della luce”. Ha pubblicato anche Quel biancore lontano (Lieto Colle Edizioni, 2011). Del dicembre conosco le lune il ritorno lento della luce dentro il cristallo dell’aria (Da “21 Dicembre 2010, p.30) Dopo la fortunata e introspettiva silloge di poesie Un biancore lontano (Lieto Colle Edizioni, 2011), Adriana Gloria Marigo torna con un nuovo lavoro dal titolo quasi criptico, L’essenziale curvatura del cielo, edito dalla casa editrice milanese La Vita Felice. L’attenzione che la poetessa padovana pone nei confronti del cielo –richiamato anche nell’esergo, una citazione di Pierluigi Cappello- come elemento fisico e simbolico era già stata evidenziata nella mia recensione al suo precedente libro dove avevo avuto modo di sottolineare come l’elemento “celestiale” era sempre connesso a qualcosa di meraviglioso, ma al tempo stesso di non completamente raggiungibile, un qualcosa cioè di sfumato e sfuggente. La centralità del suo poetare si localizza nell’isotopia della luce, del colore, dei bagliori e di un universo che già ebbi a definire come “un percorso aereo, sospeso tra il cielo e l’atmosfera”. E di quel “biancore” evocato nella prima silloge si ritrovano tracce anche in questo nuovo libro in quel “silenzio bianco” (p. 36) e nel “gioco di chiaro” (p. 35) della bianca luce lunare anche se in una lirica il bianco, l’assenza di tinta, viene sopraffatto dal colore: “Del bianco non seppi/ poiché m’insidiò il blu” (p. 54). Dalla presa di coscienza di un tempo che giunge all’anticipo della fine, l’autunno, nella lirica d’apertura dal titolo “Tutto si consuma nell’autunno” si passa a una serie di liriche dolci, sussurrate, quasi che il lettore sia chiamato a leggerle facendo delle lunghe pause tra un verso e l’altro per riuscire ad assaporarne il vero contenuto: “Non seppi dirti novella/ neppure accennare a un’aria di/ adagio o l’ovvia domanda,/ trapassata io a stalattite” in “3-4 Gennaio 2011” (p.11). In “Quando la materia della luce” (p. 13) Adriana Gloria Marigo ci consegna una sorta di soffice inno all’operosità e al tempo stesso alla ciclicità della natura che sempre si ripete nel suo “contrasto apparente del rigore”. E questo panismo lirico lo si ritrova in numerose altre liriche in cui la poetessa si abbiglia direttamente con gli elementi naturali, “m’assesto i pensieri/ come un cappello di fiori” (p.15); “pampini vestivano/ la tua nudità ammirata” (p.22); “il roseto in fiamme/ del mio pensiero” (p. 48). In “Rimbalzi specchiati” (p. 14) la poetessa sottolinea una realtà che è concretezza nella vita dello scrittore: chi scrive è anche un gran lettore e chi legge spesso ama anche scrivere perché le due cose, pur coinvolgendo due attività tra loro diverse, sono strettamente connesse quasi come un rimando di riflessi allo specchio. La poesia di Adriana Gloria Marigo potrebbe sembrare criptica e a tratti addirittura ermetica perché attribuisce alle parole un valore, un significato, più ampio -perché interiorizzato- di quello che noi nella vita di tutti i giorni siamo soliti dargli. E’ una poesia riccamente elaborata che utilizza molti elementi della natura per “agghindarsi” e risplendere così come ci viene offerta. La luce, il sole, l’ombra o la mancanza di luce sono, oltre che caratterizzazioni visibili e temporali, fasi di un’anima sensibile stese sulla carta, momenti, sensazioni, colorazioni di episodi vissuti: “Se amore si fa quarto/ come la Luna, d’uno sguardo/ abbracci l’ombra e nel/ gioco di chiaro, di scuro/ avvampa il cambiamento” (p. 35). Lorenzo Spurio (Recensione pubblicata su Blog Letteratura e Cultura in data 11-11-2012, http://blogletteratura.com/2012/11/11/lessenziale-curvatura-del-cielo-di-adriana-gloria-marigo-recensione-di-lorenzo-spurio/) . di Antonella Ronzulli editore: Lettere Animate pagine: 108 Acquisto: http://www.lettereanimate.com/eshop/index.php?route=product/product&path=59&product_id=66 Vice-Direttore di Lettere Animate. Responsabile Comunicazione (ufficio stampa, pubbliche relazioni ed organizzazioni eventi), Direttore delle Collane “Phoetica” (poesia, arte visiva) e “Insieme". Mi descrivo così: Non sono una poetessa, sorrido quando lo dicono, ma so che piace come scrivo: sinteticamente, poche parole in cui si legge e si sente ciò che ho dentro. Il mio nuovo mondo mi piace, è un mondo dove prima guardi una fotografia e poi leggi una poesia, mentre io racconto le mie emozioni. http://antonellaronzulli.wordpress.com/ Phoetica (= poesia ed arte visiva) è la collana a cui appartiene questa silloge: “Gli attimi, il puzzle di vita” di Antonella Ronzulli, connubio che dona, in tutta la sua dirompente forza, il coraggio d’essere testimone concreta dell’arte. La bellezza della condivisione di valori che armonizza e lega mani e lingue diverse, rendendo universale la voce della scrittura, costruendo mattoni di speranza e rocce che su cui appoggiarsi e trovare nutrimento per l’Anima. Umiltà, fragilità, intervalli di momenti magici che fanno dei sogni, la fotografia di momenti realizzabili e pienamente vissuti, lasciando al lettore, l’immaginazione di poterli fare propri, immedesimandosi, o farli echeggiare nel silenzio. “Corde sfiorate”, che non pretendono, ma si fanno spazio e danno forma, respirando tra le pagine. Gocciolano Emozioni; ” tra scrosci d’applausi”, per poi volare ad ali spiegate, in un cielo di stelle fatto di imperfezioni e di voglia di lottare contro le maschere quotidiane dell’ipocrisia. Un ritorno alle origini all’essere; essenza che si fa bambino in carezze che “svelano il mondo a piccoli occhi curiosi” e lasciano e lanciano quel messaggio di “ Dialogo”, che non chimerizza il Tutto. Senso in questa umana e spesso troppo “consumata” esistenza, per potersi meravigliare e colorare le “aritmie dei cuori”, scandagliando anche in quelli più provati e “malati” di bisogno di verità e di Amore. Pensieri melodiosi, che Antonella proietta in canto, e disegna un Orizzonte con femminile sagacia. Positività che trascende, e si fa breccia nel buio della paura, accendendo la luce in un domani di sole, comprendendo il “ viaggio” misterioso, in cui ognuno di noi è chiamato ad essere protagonista sensibile. Poesia che non giace sopita, ma che fa destare e diventa monito di realtà, condannando le subdole smanie di arrivismo, di rivalsa, di smarrimento, di lacrime versate per “deplorevoli impulsi di ira e vendetta”. “Uragano”, che usa la penna di poeta, facendosi segno ed orma “ribelle”, ma in continuo movimento, seguendo l’impulso e solcando “i flutti d’imponente oceano/un’ancora in quell’isola anelata”. Artista che non spegne il sorriso, che abbraccia il dolore per rinascere con esso, più ricca e più “ semplicemente” donna. “Non riconosco confini, sono cittadina del mondo”; ed è in questo infinito che la poetessa Antonella Ronzulli, complice con la scrittura, con la lettura, regala attimi che non si disperdono nella notte o al chiarore della luna, ma cantano, per ogni nuvola del cielo, poesia indelebile. Dulcinea Annamaria Pecoraro (recensione tratta da http://www.aphorism.it/antonella_ronzulli/libri/attimi_il_puzzle_della_vita/) |
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