
Dati 2015, 60 p., brossura
Editore Rupe Mutevole (collana Poesia)
Recensione a cura di Michela Zanarella
È un costante guardarsi allo specchio quello che porta Claudio Fiorentini a riflettere sull’esistenza e sulla sua personalità, dentro e fuori dalla realtà. In un processo di scrittura che si rivela di indagine interiore, l’autore compie una sorta di viaggio che si sdoppia in due strade, un percorso è terreno, l’altro è un percorso metafisico, filtrato dal sogno.
“Grido” edito da Rupe Mutevole Edizioni si presenta come silloge di grande respiro emozionale, dove i versi diventano le onde di un’anima che lascia intravedere tormenti e gioie, luci ed oscurità. L’autore cerca di estraniarsi, di esiliarsi dal suo io, per poi riappropriarsene consapevole di tutte le sfumature che gli appartengono.
Le poesie rigorosamente senza titolo hanno una continuità espressiva e diventano un mosaico per affrontare i tanti aspetti dell’esistere. Affiorano riflessioni e “si srotolano i pensieri sul volto/ e nelle rughe scolano cadendo./Mai come ora/vedo quei pensieri/guardandomi allo specchio e grido…” Nazario Pardini che ne ha curato la prefazione l’ha definita “Una silloge forte e tormentata” ed è proprio così, perché il poeta vuole conoscere i misteri della vita e capire cosa esiste oltre, cosa lo aspetta in questo percorso terreno e in altra dimensione. Essere mortale in un certo senso spaventa l’autore, che mostra la sua fragilità umana, ma spera di riuscire a lasciare una traccia del suo passaggio attraverso l’arte. L’esigenza di vivere fino alla fine dei giorni senza sprecare nulla, centellinando le emozioni, si fa urgenza, necessità primaria. Ecco il giuramento: “Giuro e rigiuro: vivrò fino alla fine/senza che un solo attimo si sprechi!” In un gioco assiduo di contrasti la poesia si rivela un flusso creativo dettato da accostamenti ponderati e mai dettati dal caso, tutto ha un ritmo ed una musicalità mirati a dare forza e vigore alle parole. La scrittura di Fiorentini è frutto di un lavoro di precisione, di ricerca meticolosa, e l’ironia serve ad analizzare con un occhio diverso, più giocoso, tematiche ampie come il tempo, l’amore, la vita stessa.
Ed il tempo che inesorabile scorre è parola che si ripete spesso tra le pagine, proprio per far emergere quel bisogno di capire il poi, il seguito di tutto, l’origine e la fine di ogni cosa. Ecco allora che quel grido ci riporta alla genesi, alla nascita, quando alla luce della vita, emettiamo il primo grido, entriamo a tutti gli effetti a far parte del cosmo, ne siamo presenza ed elemento. Non è un grido di sofferenza e di dolore, ma è il grido dell’esistenza umana, è dare presenza di se stessi nel mondo, è paragonabile al grido di chi si affaccia alla vita proprio come un bimbo in fasce, l’autore si sente smarrito, ma sa che può contare sugli affetti, sulle persone care, su quella casa che lo ha accolto e che lo ha reso uomo. È un riscoprirsi graduale, un completarsi nella parte estranea di sé, e riprendere il contatto con la propria identità, consapevole che esiste una dimensione parallela a noi, che forse difficilmente riusciamo ad intravedere. Fiorentini vive a pieno ogni situazione ed ama, ama per vivere, nella sua unicità di uomo. La poesia guida l’autore a percepire fino in fondo nel bene e nel male ogni sentimento.
E l’interrogarsi su cosa sia la poesia, manifesta proprio la volontà a prenderne totalmente parte: “Esplodono lapilli nuovi/dove prima era vento e sabbia”. Possiamo definire questo libro un cantico di riflessione intenso e potente, per certi versi disarmante, necessario come l’amore che completa l’esistenza.
Michela Zanarella