![]() Non altro che me stesso di Lu Paer Edizioni EEE Formato: Libro cartaceo - 110 pagine Riferimento ISBN 978-88-6690-287-4 Disponibile in ebook Lu Paer vive a stretto contatto con la natura e i suoi animali; da decenni è una convinta attivista e sostenitrice dei diritti degli animali. Dal 2000 si occupa di consulenze e formazione nel settore benessere ed estetico e cerca di ritagliarsi i più ampi spazi possibile per continuare a scrivere. Con EEE-book ha pubblicato nel 2012 Che cosa stai aspettando! e nel 2015 Non altro che me stesso. SINOSSICarlo è un uomo di 35 anni che un giorno assiste al suicidio di una giovane splendida donna. Questo episodio lo sconvolgerà a tal punto da costringerlo ad abbandonare il ruolo di spettatore all'interno del quale ha vissuto buona parte della propria vita. Una stanza d'hotel diventa quindi la sua nuova casa, mentre tutta una serie di accadimenti, coincidenze e terribili ricordi lo condurranno verso un finale tragico e possibile per ognuno di noi. 'Lo spettatore' è anche una critica severa al ruolo, sovente distratto, dei genitori; non a caso il tema tanto attuale della violenza sulle donne viene letto sotto una prospettiva diversa, solitamente non detta. In questo romanzo la rabbia si scontra costantemente con la tenerezza dove l'unica vittima risulta sempre e comunque l' infanzia. E da un 'infanzia di dolore può scaturire l'angelo, o il demone. INCIPIT Primo giorno 17 dicembre 2014 Mi divora un’inquietudine strana, quasi un presagio. Sento una spinta a uscire, starmene solo. La sua presenza è ossessiva e opprimente. Avverte la mia distanza ed è allarmata. Non l’amo, non l’ho mai amata. Da mesi sto provando a dirglielo, ma ogni volta sembra svicolare. È la reazione di chi non accetta e prende tempo. Io di tempo non ne ho più, voglio vivere, e cambiare. È tutto stantio qui dentro. Abbiamo acquistato mobili nuovi nel tentativo cieco di rinnovare noi stessi, ma è stato solo un buco vuoto, anche nel portafoglio. Prendo il cappotto ed esco. Vado al bar, ma non ho voglia di parlare. È sempre rassicurante un luogo familiare, ma lo scotto è il dover rispondere alle cortesi aspettative degli altri, e stamattina me lo rende ostile. Mi metto in un angolo, la solita cameriera simpatica non c’è. Meglio così. Mi accendo una sigaretta, inspiro come fosse l’ultima boccata d’aria che questa vita mi concede. Tutto è intenso, tutto è vivo quando è nuovo. La prima aspirata della mattina mi fa sempre questo effetto: mi consegna quasi rinnovato, elettrizzato, a un’abitudine di sempre. Sono queste sfumature a confonderci; quando te ne distanzi abbastanza capisci quanto giriamo a vuoto. La campanella della scuola di fronte esplode stridula e irritante, seguono voci assordanti di bambini in fuga, zaini variopinti. Sono tanti, tanti, ma c’è posto per tutti? E mi sembrano mosche. Non amo la moltitudine della folla, essa confonde con la prepotenza del numero lo scopo che la muove. A un certo punto la vedo, è sola, come la volta scorsa. E all’improvviso comprendo che è la speranza di rincontrarla che mi ha trascinato qui, il primo giorno di ferie. Ha appena girato l’angolo ed è di fretta. Il suo passo decisamente spedito mette distanza, come se nella certezza di una meta non ci fosse spazio per l’imprevisto. Voglio vedere il suo viso. Butto i soldi sul tavolo e la seguo. Cammino al suo fianco e non mi sento più solo. È così bella, silenziosamente bella, che al solo osservarla ogni cosa torna al suo posto e in quell’ordine vanno a morire tutte le angosce e i patimenti del mondo. Lei mi guarda, solo un istante, ma ho la certezza che nulla sarà più come prima, come un sole dentro. Ha gli occhi blu intenso di una luce che avrebbe potuto trasformare ogni cosa, persino la rugiada in neve. Il rumore dei suoi tacchi mi riporta bambino, cullato e rassicurato dai rumori di casa. Mi lascio andare al ricordo, alzo gli occhi e l’ho persa. È solo un attimo. È un semaforo a dividerci, passa col rosso, improvvisamente sembra voler il vuoto intorno a sé. Nulla più la trattiene dall’incontrare quella corsa, nella quale affonda con impellenza. Accelera il passo verso un furgone che sembra ignorarla e, troppo tardi, frena. In quel volo ha la leggerezza di una farfalla; apre tutta se stessa al cielo che l’abbandona a quel tonfo. Eppure ho scorto un sorriso nella caduta. C’è tanto sangue, tutt’intorno rosso, senza vita. Gli occhi sbarrati, intensi e pesanti, sembrano nuvole incapaci di pianto. Non so quanto a lungo rimango lì sull’asfalto, è tutto lontano. Il cappotto è pesante, non mi rialzerò mai più. E come in un film rivedo tutto, immagini vissute eppure estranee. Chi sono io, di chi è quella vita? Non mia, non più. Dove vado ora? Chi accoglierà tutto il mio sfacelo? Rimango piegato in due, penso che se sto rannicchiato sono più piccolo e provo meno dolore. Una voce lontana mi chiama “Signore, signore non può stare lì, posso aiutarla?” Sono troppo stanco per rispondere. Cerco un motivo per alzarmi, staccarmi da lei. Nulla, non trovo nulla. Cosa potrà sedurmi dopo di lei? Un profumo? Un fiore? Forse un’ombra, senza peso, né storia. Sento le sirene dell’ambulanza, gli infermieri mi chiedono se sono un parente. “No.” “Un amico?” “No. No, No!” urlo. “Ma lei è nulla e tutto per me.” Non basta, non mi ci fanno salire. Mi siedo sul marciapiede. Piano piano tutto rientra nelle regole, le auto riprendono a transitare, sguardi curiosi ma ottusi. La vita nella sua mediocrità sorpassa la morte, sempre. Anche il dolore più intenso è programmato per essere assorbito dalle piccole cose della vita. I minuti scanditi ed eterni, i gesti insulsi, le giornate fatte di niente. Forse è per questo che si muore, altrimenti non ci si resetta. Serve lo strappo che ci distanzi dall’intorpidimento delle brevi distanze, delle povere infinite fatiche, dei gesti ripetuti e inconsapevoli. La morte è un’occasione; ricordiamocelo, quando saremo di là. Non voglio andarmene, ma sento una presa sotto le ascelle che mi alza e sostiene. Assecondo questo gesto che so essere di pietà, e muovo alcuni passi. Arrivano i vigili del fuoco per coprire tutto quel sangue con la segatura. La segatura assorbe anche l’anima? Cominciano i primi rilievi. Piano piano riemergo e riesco a dare un senso a quello che vedo. Un uomo disperato si tiene la testa mentre urla come un ossesso: “Non l’ho vista, giuro, si è buttata sotto!” Io so che è così ma non ho voglia di dirlo, non voglio violare il segreto di lei. Provano a calmarlo, inutilmente. Mi allontano perché le nostre disperazioni, anche se diverse, si stanno sommando e l’aria è irrespirabile. Non so dove andare. A casa no, non è più possibile. Giro a vuoto. Le strade le conosco, Padova è la mia città, ma tutto è nuovo. Ho bisogno di una tana dove nascondermi, e stare solo, al buio. Trovo un albergo, entro, lascio il documento, ordino una bottiglia di birra e salgo in camera. L’estraneità dell’ambiente mi conforta, guardo il letto che non è quello di sempre. Un attimo di euforia mi pervade, so che è possibile il cambiamento, e questa consapevolezza, solo per un attimo, mi esalta. Mi butto sul letto, accendo la TV sulla velina di turno, le chiappe che si dimenano fanno il vuoto mentale. Tracanno di getto la birra e crollo. Qualsiasi cosa pur di non sentire l’adesso. Non so quanto ho dormito, tutto è buio qui, non voglio sapere l’ora… e comincio a ricordare. Un albero in giardino a cui non resistevo. Era un continuo richiamo, ogni volta una meta raggiunta con semplici gesti. Non riuscivo a stargli lontano. Cresceva con me. Era il fratello, l’amico che non avevo. C’era qualcosa che mi tratteneva e cullava, in lui. I suoi rami erano braccia accoglienti, ci salivo con il vento e la pioggia, con il freddo e con la neve. Una sera mi sono addirittura addormentato, non so davvero come non sia caduto. I miei, ormai buio, mi cercarono ovunque, e io su che dormivo sonni profondi, io che nel mio letto, già bambino, passavo notti insonni a immaginare altri mondi. Lassù ero in pace, mi si placava l’ansia e quel senso di niente. Non giocavo con i miei compagni, giocavo e parlavo solo con il mio albero. E a modo suo mi sosteneva perché quando i miei mi intimavano di scendere io mi ribellavo, rivendicavo il mio amore per quel tronco, quelle foglie, quell’odore unico che adoravo. Attraverso il contatto mi trasmetteva tutta quella vita che solamente in lui sentivo scorrere. Ammiravo il suo essere fiero e fermo sotto il sole cocente, i temporali, il vento che lo piegava, e rafforzava. Sapevo che con il suo esempio sarei potuto diventare un uomo. Una sera d’inverno ci salii prima di cena. Faceva un freddo polare ma aveva da poco iniziato a nevicare e volevo vedere se di lassù i fiocchi erano più grossi, non limati dalla caduta. Sentivo già l’odore di neve che si mescolava al legno. Passò un po’di tempo, ero come rapito. Mia madre, convinta fossi in camera, continuava a chiamarmi per la cena. Quando si accorse che non ero in casa successe il finimondo. Mio padre si precipitò fuori a cercarmi, era furioso, prese una pila e la puntò in altro, verso di noi. Quando mi vide perse le staffe e mi ordinò di scendere. Ci misi un tempo infinito nel farlo perché avevo le mani gelate e mancavo la presa. Una volta a terra mi presi due schiaffi più forti di quelli che rifilava a mia madre quando litigavano come matti. Li incassai, salii in camera e non volli cenare. Aveva una faccia contratta e paonazza, più per l’ira che l’apprensione. I genitori spesso non sanno amare; non vogliono correre il rischio di crescere qualcosa che sia altro da loro, a meno che questo altro non dia lustro alle loro piccole vite. Il giorno dopo, non so perché, non volevo andare a scuola. Mi ci trascinò mia madre, volutamente avevo perso l’autobus. Durante la lezione di italiano la maestra mi chiese se stessi male perché a un certo punto una fitta di dolore al fianco, quasi una lama che entrava, mi tolse il respiro. Durò pochi minuti, poi com’era venuto se ne andò. Ma mi venne da piangere e senza vergogna né ritegno piansi, lì, davanti a tutti e nemmeno sapevo il perché. Poi passò anche il pianto, ma per tutta la mattinata non riuscii a concentrami e ascoltare. All’uscita da scuola temporeggiavo, continuavo a piantare i piedi nella ghiaia del cortile come a diventare albero, e cercare nuove radici. Per non muovere i passi del ritorno.
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![]() ROSSO PROFONDO di Cristina Lastri Zona Contemporanea (2015) ISBN 978 88 6438 520 4 assaggia il libro, sfoglia il trailer Cristina Lastri Nasce d’estate, a ridosso degli anni Sessanta e all’ombra della torre pendente in quel di Pisa. Laureata in Scienze motorie, è docente nella scuola primaria e da alcuni anni affianca all’esperienza educativa, quella di un piacere ritrovato: lo scrivere, anche in seguito a percorsi di approfondimento attraverso diversi generi: narrativa, autobiografia, drammaturgia, poesia; considera la scrittura un dono e una maniera congeniale per esprimersi, con predilezione verso i racconti brevi e le poesie, rielaborando esperienze di vita da un punto di vista femminile. Progressivamente si è affacciata a concorsi letterari e reading. Ha pubblicato collettivamente poesie e racconti brevi. Suoi scritti sono presenti su riviste letterarie e siti online. Nel 2009 esce la sua prima raccolta poetica, D’istanze per la GH di Viareggio. Si interessa di teatro, ama l’arte, la musica, i libri, il cinema e le relazioni umane. VivaVoce Nuda sono come poesia suono libertà ricamo inerte solo verità. Aprimi cielo! Con la forza delle parole voglio urlare al vento canti di rabbia e d’amore per essere lì e altrove. Recensione a cura di Annamaria Pecoraro Rosso Profondo il titolo di questa silloge è tutto un programma, un’apoteosi di sfumature e gradazioni che diventano la chiave di lettura capace di trasmettere emozioni, sensazioni, trascinando nell’intimo sentire o in metafore concrete di vita quotidiana. Ogni colore ha un suo simbolismo e sicuramente traccia un legame tra quello che pensiamo e la nostra azione. Paracelso diceva: “Ogni elemento ha un suo colore: la terra è azzurra, l’acqua è verde, l’aria gialla, il fuoco rosso; poi vi sono altri colori casuali e commisti, appena riconoscibili. Ma tu bada con cura al colore elementare che predomina, e giudica secondo quello”. Il rosso sicuramente rappresenta nella sua completezza sia il bene che il male, la forza, la passione, la vivacità, il dolore, l’aggressività, l’energia. L’accostamento all’uno o all’altro significato accompagna l’evoluzione della silloge, così come il percorso dell’umana esistenza. Rosso profondo, fuoco, noir, vermiglio, relativo. Espressioni fabbricate dalla coscienza e dalla conoscenza, poiché è con graduale esperienza che la “tavolozza” della vita prende forma, toccata dalle stagioni che accarezzano e modellano le trasformazioni psichiche e fisiche. In letteratura la tematica del rosso è ben presente: pensiamo al Verismo con Rosso Malpelo, o al Pascoli cui il colore rosso allude ad un’accesa sensualità e sottolinea con forza la carica sessuale, è sinonimo di passione, eros. Joyce, invece nell’Ulisse descrive il “rosso fortore di rapina nel pelo” o la magia espressa ne “Le scarpette rosse”; fiaba di Hans Christian Andersen e rivista in chiave cinematografica nel Mago di Oz ispirato al il primo dei quattordici libri dello scrittore statunitense L. Frank Baum. Il “rosso” abbraccia l’arte e non è un caso che la poetessa abbia collaborato con artisti, evidenziando slanci e accordi nuovi anche con questo mondo creativo. Lo stesso Matisse, ne fece uno studio: L'Atelier Rosso, Henry Matisse, 1911, olio su tela, 162 x 130 cm. Il colore diventa un elogio primario e determinate nella ricerca di un senso. Uno slancio di “atti d’amore” e di rinascita, di attese, di viaggi delicati o “attraverso la rete/ nemica del tempo” o faticosamente comprese in “luci artificiali e fiati strozzati”. La poesia diventa l’arma salvifica, “scacciapensieri”, scintille emozionali atte a dosare sia quel magna interiore di sogni non realizzati o dubbi, sia la libertà di osare “urlando canti di rabbia e amore”. Il rosso diventa incontro e relazione, urgenza d’identità e spirito avvolgente, vestito di femminilità e vivavoce di non fermarsi fino a che si ha voglia o almeno fino a quando misteriosamente ci è concesso. Dulcinea Annamaria Pecoraro ![]() DAL 19 APRILE 2016 IN LIBRERIA E SULLE PIATTAFORMI DIGITALI ROCK'N SPORT Musica, discipline olimpiche e.... anche no di Antonio "Tony Face" Bacciocchi www.vololiberoedizioni.it/rockn-sport/ Collana: Passioni Pop Formato 14 X 21 cm 192 pagine b/n Prezzo: 15,00 Euro Disponibile anche in eBook Da sempre la correlazione tra sport e musica è particolarmente forte. Sin dai tempi dell'antica Grecia, infatti, i Giochi Olimpici erano costantemente accompagnati da gare di contenuto artistico, tra poesia e canti. Dopo il successo di Rock'n'Goal, Antonio "Tony Face" Bacciocchi si cimenta con quasi tutti gli altri sport, olimpici (ma anche no), pronto a svelarci incredibili connessioni, cortocircuiti e curiosità da mondi pieni di passioni. Analizzando il rapporto tra musica e ventisette discipline sportive – dall'Alpinismo al Volley, con l'aggiunta dello spettacolare Wrestling - l'autore racconta le infinite volte in cui la musica (prevalentemente “rock”) ha affiancato lo sport o viceversa. Scritto con la collaborazione di Alberto Galletti ed Elena Miglietti Il libro contiene un'intervista esclusiva al pugile livornese Lenny Bottai. Antonio Tony Face Bacciocchi Musicista con Not Moving, Link Quartet e Lilith, produttore, scrittore. Ha già pubblicato: Uscito vivo dagli anni 80, Mod Generations, Gil Scott Heron - The Bluesologist, Storie dal Rock Piacentino, Rock'n'Goal - Calcio e musica. Passioni Pop, Statuto/30, L'uomo Cangiante - Paul Weller: The Modfather www.facebook.com/tonyface.bacciocchi www.tonyface.blogspot.it. ![]() LA MAGNIFICA ILLUSIONE Giorgio Gaber e gli anni '70 di NANDO MAINARDI www.vololiberoedizioni.it/la-magnifica-illusione/ Prefazione Paolo Dal Bon Presidente Fondazione Gaber MARTEDI' 26 APRILE 2016 Ore 18,00 SALA DEL GRECHETTO Palazzo Sormani VIA FRANCESCO SFORZA, 7 MILANO LA PRESENTAZIONE RIENTRA NELL'AMBITO DELLA MANIFESTAZIONE (26-28 APRILE) MILANO PER GIORGIO GABER ORGANIZZATA DALLA FONDAZIONE GIORGIO GABER SARANNO PRESENTI: Nando Mainardi Autore Ombretta Colli Moglie di Giorgio Gaber Mario Giusti Operatore Culturale - Gallerista Fabio Santini Giornalista e divulgatore di Gaber e con la presenza di Lorenzo Luporini Nipote di Giorgio Gaber e divulgatore di Gaber “La magnifica illusione” è il racconto del viaggio di Giorgio Gaber, ovvero di un ragazzo che voleva fare il rock and roll, che ha contribuito “all'invenzione” della canzone d'autore e che – favorito da quel prodigioso ribaltamento di senso che è stato il Sessantotto – è andato ben al di là dell'etichetta di “cantautore”, fino a diventare un intellettuale e un divulgatore provocatorio e mai scontato. IN COLLABORAZIONE CON IL COMUNE DI MILANO MARTEDI' 19 APRILE ORE 18,00 c/o LIBRERIA DELLO SPORT Via Carducci, 9 MILANO SARANNO PRESENTI: Antonio "Tony Face" Bacciocchi Autore, blogger e musicista Dario Falcini Giornalista di Radio Popolare ![]() DAL 19 APRILE 2016 IN LIBRERIA E SULLE PIATTAFORMI DIGITALI ROCK'N SPORT Musica, discipline olimpiche e.... anche no di Antonio "Tony Face" Bacciocchi www.vololiberoedizioni.it/rockn-sport/ Collana: Passioni Pop Formato 14 X 21 cm 192 pagine b/n Prezzo: 15,00 Euro Disponibile anche in eBook Da sempre la correlazione tra sport e musica è particolarmente forte. Sin dai tempi dell'antica Grecia, infatti, i Giochi Olimpici erano costantemente accompagnati da gare di contenuto artistico, tra poesia e canti. Dopo il successo di Rock'n'Goal, Antonio "Tony Face" Bacciocchi si cimenta con quasi tutti gli altri sport, olimpici (ma anche no), pronto a svelarci incredibili connessioni, cortocircuiti e curiosità da mondi pieni di passioni. Analizzando il rapporto tra musica e ventisette discipline sportive – dall'Alpinismo al Volley, con l'aggiunta dello spettacolare Wrestling - l'autore racconta le infinite volte in cui la musica (prevalentemente “rock”) ha affiancato lo sport o viceversa. Scritto con la collaborazione di Alberto Galletti ed Elena Miglietti Il libro contiene un'intervista esclusiva al pugile livornese Lenny Bottai. Antonio Tony Face Bacciocchi Musicista con Not Moving, Link Quartet e Lilith, produttore, scrittore. Ha già pubblicato: Uscito vivo dagli anni 80, Mod Generations, Gil Scott Heron - The Bluesologist, Storie dal Rock Piacentino, Rock'n'Goal - Calcio e musica. Passioni Pop, Statuto/30, L'uomo Cangiante - Paul Weller: The Modfather www.facebook.com/tonyface.bacciocchi www.tonyface.blogspot.it. ANCHE ROCK'NSPORT E' UNA PUBBLICAZIONE MARCHIATA "UNA BIRRA AL VOLO" L'ACCORDO TRA IL BIRRIFICIO AGRICOLO BALADIN E VOLOLIBERO EDIZIONI Luca Trambusti |
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