
Vincenzo Calò
Decomporre Ed. 2014
Recensione a cura di Dulcinea Annamaria Pecoraro
La scrittura da sempre è il mezzo che esterna i sentimenti più intimi o una monade che trasporta messaggi rivoluzionari, racchiusi in pochi versi e dettagliati da una spiccata capacità di osservare quello che ci circonda, con occhi liberi da bende e mani pronte all’azione. Chi pensa che il poeta sia un sognatore rinchiuso nella sua malinconia o dannato guscio, prende un abbaglio.
Sicuramente testimoniare, alzando la testa e vivendo nel tempo, con la consapevolezza di quanto la memoria sia la storia di vicende più o meno piacevoli, diventa il compito e la costruzione.
Calò riesce a sfidare l’ipocrisia e la corruzione del tempo, ribadendo concetti, sensazioni, crisi, invocando il senso illuminato perso in reazioni chimiche o armate.
Racconta la quotidiana miseria in cui l’umanità si sta vestendo e ammonisce, come un padre fa con il proprio figlio, attraverso l’uso della parola: “… le mie poesie attentano alle tue ossa/ mentre corri su strade che ricorderanno strati di superfluo sotto il Sole…”.
Ribadisce quanta creatività sia a portata di mano e come nei “numeri”, cadiamo e censuriamo, generando dipendenze e odio. Il potere rende schiavi e bugiardi: “Falsi professionisti di un amaro sfogo eleggiamo/ per concentrarci sulla povertà disorganizzata/ sulla poesia rilassata, che accende il freddo/ palpeggiando seni strappati/ preannunciando i propositi per l’anno venturo…”.
Sottofondi carichi di forza che scuote e tenta la reazione, oltre il dramma o la commedia, Calò affonda con la sua penna e con la dialettica fissa la realtà, fotografandola abilmente.
Come in un viaggio, ci accompagna, senza negare nulla, senza bende o bavagli, senza privare anche il rischio dell’incontro con il dolore, la pazzia, lo stress, la solitudine, la morte o lo stesso amore.
“Dimmi cos’è l’amore se non me ne assumo il privilegio/ chi è che ti chiama quando non c’è tempo per fermarsi.”
Una scoperta delle coscienze, denudando anima e corpo, portando a naufragare e disperdere “sangue gratuito”.
In continuo movimento i versi di Calò formano trame e si intrecciano per slegare pensieri, formando poi metafore, immagini che compongono passaggi, epoche, giornate. “La bellezza di una ruota che non gira”, questo è quanto da un’attenta analisi siamo prossimi a diventare. La libertà troppo strumentalizzata dall’indifferenza, può alzare muri e silenzi. Ecco lo scopo del Poeta: “Spiegheremo, via sms, agli ubriachi di cultura/ come si generano le torture sulla signorina Fortuna”.
Allegorico e determinante, psicologico a tratti, nel disegnare una sorte, senza volere giudicare la ragione o il torto, ma nel trovare un senso capace di destare e svegliare dal disagio.
“Ricuciamo bottoni trovati casualmente/ rievocanti fiabe che male mai fanno/ sul piacere di vestirsi a disagio/ in uno spazio riconducibile alla pancia/ a riposo pur non facendosi accarezzare/ vista l’insana capacità d’essere fonti attendibili di una guerra civile/ tra stupidi calcolatori di complimenti, ch’evitano la visita medica …”.
Un fiume in piena alimentato dal desiderio di quella grazia eterna, lontana dalle mode e dal successo ossessivo e dalla sincera linea guida di “non farla pagare d’istinto/ agli acrobati della Speranza/ dell’espressività assonnata/ della Notte.”
Disarmante il tono, proteso solo nell’intento di denunciare, ricaricare, spiegare, crescendo esponenzialmente in un bene impacchettato male. Liriche che snocciolano contenuti profondi, calzanti, satirici, ubriacanti, mai doverosi o banali.
Un salto geniale di contenuto, che sradica i canoni imposti, senza rime o i “bon ton letterari”, ma ricchi di quell’essenza che “schiaffeggia” (in senso buono), riattivando sorrisi, volontà, sopravvivenza, ricerca.
“La generosità assume i petali del fiore che/ la realtà, fintamente misera e disperata/ fa crescere mentre viene tradita e abbandonata/ dal principe incolore, che s’avventura/ popolando irrinunciabili valori.”
Fuori dal sonno, accettare ciò che ruota attorno non è cosa semplice, ma tra sabbia, tempo, regole, contenuti, valorizzare un piacere non così prevedibile, è quello che si avrà, scartando il dono che Calò ci offre, seppure impacchettato male.
Dulcinea Annamaria Pecoraro