
Massimo Zamboni è per me un’icona del rock di casa nostra e questa sua nuova avventura, mi incuriosiva molto.
Edito da Einaudi “L’eco di uno sparo”, narra di un episodio che ha segnato la vita dell’autore. La storia di Ulisse fascista, (nonno di Zamboni), che in tempo di guerra fu ucciso da due partigiani.
Purtroppo fin qui tutto nella norma in tempi di guerra, ma quando i partigiani che hanno commesso l’omicidio sono paesani della vittima allora nasce un sentimento contrastante..
Che tempi erano quelli, ti ritrovavi a giocare a carte al bar e poco tempo dopo eri in guerra in due fazioni opposte con gli stessi amici.
Il libro è avvincente. Massimo ha una scrittura particolare e molto raffinata.
La storia (vera) raccontata, appassiona e porta a divorlo tutto d’un fiato.
Prima di recensirlo, ho assistito anche ad una presentazione live dello stesso, e devo dire che quest’esibizione mi ha aiutato ad immergermi ancor di più nell’epoca trattata.
Dietro a quest’opera, c’è sicuramente un lavoro certosino di ricostruzione, percorrendo con difficoltà, attimi non sempre semplici e tutto questo solo con l’aiuto del cuore.
Fatti personali si intrecciano con la storia più nota a tutti: la Seconda guerra mondiale e in particolare con l’eccidio dei sette fratelli Cervi.
Si parla di un’Emilia martoriata dal conflitto, di un' Emilia divisa dalle divise di un' l’Emilia contadina durante il conflitto mondiale, racconti che oggi sembrano incredibili ma che invece era la pura realtà.
Una triste realtà ma al contempo affacciata sulla luce della verità.
Certe frasi dell'autore che possiamo trovare all'interno dell'opera sono vere e proprie bellezze, piene di semplicità ma allo stesso tempo gonfie di verità.
Ne cito una per tutte che porta direttamente al titolo del libro: “L’eco di uno sparo, non si quieta mai”.
Roberto Bruno