"Piuttosto che uno sguardo esterno prediligo uno interiore e psicologico dove l’analisi
trova risposta nelle azioni. Più che le intenzioni contano i fatti."
Intervista a Tristano Alberto a cura di Alessandra Prospero

di Tristano Alberto
2008, 119 p., brossura
Editore Boopen
Improbabili ed esilaranti personaggi come Alliscia Alisha, Acetone, Gina Cande, Bastard e il dentista Anastasio Radice, amplessi paradossali e colpi di scena grotteschi delineati da una mano sapiente: ALBERTO TRISTANO, romano classe ‘62, scrive per diletto. Ha frequentato diversi corsi di scrittura. Ha pubblicato nel 2008 il comico il Diario di Giovanni Ponte, completamente rieditato e proposto in versione esclusivamente ebook nel 2013. Ha partecipato a molti concorsi ottenendo discreti successi. I suoi racconti sono stati inseriti in una ventina di antologie. Cura un blog all’indirizzo arditoeufemismo.jimdo.com
- Da quanto tempo ti dedichi alla scrittura e quanto tempo quotidiano le dedichi?
Sono sempre stato affascinato dalle storie, che siano le favole dell’epoca fanciullesca, che quelle narrate
dal cinema o dalla letteratura in età adulta. Già al liceo sentivo la necessità di scriverne e raccontarne delle
mie. Ma è stato nei primi anni duemila che l’avvento dei blog sul web ha dato impulso alla mia passione
letteraria. Scrivo quando ispirato, quando ho necessità di raccontare, non ho un tempo quotidiano
prestabilito.
- In te è più forte la vis comica o la vis drammatica?
La vis comica senza ombra di dubbio. Per questo motivo quando scrivo qualcosa di questo genere lo
ritengo un mero esercizio, spesso manierista. È opinione comune tra coloro che mi leggono che io dovrei
coltivare solo il comico perché mi riesce molto bene. Di contro, quando mi dedico a racconti drammatici, la
scrittura è molto sofferta. Però i lavori che amo di più, quelli a cui tengo maggiormente, paradossalmente,
sono proprio i miei tristissimi noir nichilisti.
- Qual è, secondo te, il punto di partenza per raccontare una storia?
La molla che mi spinge a raccontare nasce dal disagio o da qualcosa che non mi sta bene, in maniera poco
elegante lo definirei “quel che mi rode dentro”.
- Come vedi il sesso femminile, l'altra metà del cielo?
La personalità femminile è estremamente più interessante e complessa di quella maschile e io ne sono
affascinato. Ritengo che le donne siano essere umani più ricchi sotto ogni punto di vista. L’ ammirazione, il
rispetto e l’ amore per la donna non mancano mai nelle mie storie.
- Che rapporto hai con la spiritualità?
Sto cercando di raggiungere uno stato di atarassia (se fossimo in una sit com ci starebbero bene delle risate
registrate) ma questo mi distacca dalle terrene passioni e quindi non mi è molto utile ai fini delle storie che
vorrei raccontare. Piuttosto che uno sguardo esterno prediligo uno interiore e psicologico dove l’analisi
trova risposta nelle azioni. Più che le intenzioni contano i fatti.
- Con chi ti piacerebbe collaborare?
Il mio sogno sarebbe far parte di una antologia dal tema: Roma. Vorrei avere l’onore di raccogliere racconti
di scrittori che, come me, amano questa città. I primi nomi che mi vengono in mente: Ilaria Beltramme,
Strumm, Cristiano Armati e (sarebbe il massimo) Ammaniti.
- Il prossimo progetto?
Un esperimento: fondere il genere hard boiled anni ’50 (quello alla Marlowe di Chandler, per capirci) con
il comico. Ho cominciato con un racconto e mi è venuta voglia di farne un romanzo. Il mio investigatore
privato si chiama Duca Pelli ed è quasi calvo.
- Come concluderebbe quest'intervista Giovanni Ponte? Regalaci una frase del tuo personaggio...
Do sfogo all’emozione e mi sorprendo a pronunciare parole che oso solo sognare: «Alessandra, mi
piacerebbe cenare con te a lume di candela. Vorrei sentir leggere dalla tua viva voce, solo per me, i versi
che hai vergato».
Purtroppo sono accompagnato dall’inseparabile Roger, simpatico guastafeste senegalese trapiantato a
Roma: «Allessandra, nun gredere mango a una barola di guello che dige Gio. È il biù begero dei blaiboi». E
giù a ridere sguaiato con i suoi dentoni bianchissimi. Il candido nero non la finirà mai di rovinarmi la piazza!
Alessandra Prospero