
Charles Baudelaire, Arthur Rimbaud entrambi francesi, entrambi poeti, entrambi vissuti nel dicannovesimo secolo. Cosa hanno avuto e cosa continuano ad avere di speciale o di particolare questi due poeti? E che cosa li accomuna? Essi sono stati definiti "poeti maledetti" (la definizione addicendosi forse più ad Arthur Rimbaud che a Charles Baudelaire). Charles Baudelaire si è guadagnato il titolo di "poeta maledetto" principalmente per una raccolta di poesie(che tanta fama avrebbe avuto nel tempo)dal titolo I FIORI DEL MALE. Arthur Rimbaud forse per due raccolte di poesie dal titolo LE ILLUMINAZIONI e UNA STAGIONE ALL' INFERNO e per una vita piuttosto avventurosa ed una fama di "eterno fanciullo ribelle". Il loro secolo (il 1800) li rigetta, li perseguita ma, allo stesso tempo, li esalta e li ammira incosciamente; li denuncia pubblicamente e publlicamente è scandalizzato dal loro stile di vita, dal loro modo di scrivere e di poetare, dai loro scritti e da ciò che essi contengono, dal messaggio che veicolano ma, allo stesso tempo, ne è come affascinato, attratto, quasi ipnotizzato. E' certo che i due poeti maledetti portano con sè la carica(presunta o tale), l'energia, la vitalità nuova e sferzante di un qualcosa che viene definito "il Male" perchè non lo si conosce, ha una connotazione misteriosa e perciò fa paura, spaventa alquanto una società dove un pensiero e una mentalità facenti capo ad una borghesia ormai consolidata e avviatasi sulla strada di una ricchezza in costante aumento, che finirà per dominare il mondo, non riescie e non può essere tollerante nei riguardi di una poesia rivoluzionaria che scava negli abissi dell'anima fino a "bussare" alle porte dell' Inferno e ad entrare al suo interno con facilità. La maledizione che incombe su questi due poeti destinati alla gloria dei posteri soprattutto è in realtà la descrizione precisa della loro arte, il ludibrìo assoluto della loro poetica. La rivoluzione industriale ha, da una parte, migliorato la qualità della vita e del lavoro ma ha, dall'altra, quasi precipitato la vita di ciascun essere umano in un inferno di ingiustizie, miserie e atrocità di ogni genere. É soltanto l'inizio. La poesia di Charles Baudelaire e di Arthur Rimbaud si pone allora quale profezia di un mondo in continua trasformazione, che subisce o rimane impotente di fronte al Male giungendo fino alle sue estreme conseguenze nei due secoli successivi.
La percezione dei sensi, dell'anima, dello spirito si apre, si dilata, si trasforma, si getta dentro dimensioni nuove che possono essere illuminazioni infinite di luce accecante o bagliori sinistri di torbide stagioni infernali. Sono maledetti i poeti, ma è maledetta anche la vita e la morte, il presente e il futuro. Si apre una nuova era. É, ancora una volta, l'Arte ad averla prevista e iniziata e, dell'Arte, la Poesia ad averla presentata agli uomini su un vassoio non proprio d'argento ma forse trasparente e insieme opaco per potersi specchiare e, allo stesso tempo, nascondersi.
I musicisti rock del ventesimo secolo (quelli più autentici e creativi) ameranno definirsi "maledetti" al pari di un Rimbaud o di un Baudelaire, e della poesia di un Baudelaire o di un Rimbaud prenderanno lo spunto per la loro musica o la loro vita. Il Male annienta e distrugge solo se non è compreso e se come "il Male" per antonomasia lo si intenderà sempre. In fondo, ci si può servire del male per raggiungere il bene: una strana verità storica con molti esempi.
Francesca Rita Rombolà