
adagiata su d’un palmo
quasi fosse un petalo di rosa
su quella riva negata amica;
più non stringe, più non trema
e non più col tepore si sposa.
Nadra gridò che era sua figlia
quando l’onda glie la strappò
quasi a volerlo ricordare al mare,
ma a nulla servì gridare.
Nadra non se lo perdona;
eppure la cingeva stretta,
eppure le teneva alto il viso,
eppure già quasi toccava sponda;
ma al calice della morte Ella bevve.
Nadra ha pianto sale amaro,
come l’acque che le hanno tradite
ed ora in secca è il suo dolore;
negli abissi la sua anima,
come quel maledetto barcone.
Nadra ha la morte ora nel cuore;
ma Nadra non ha il diritto di morire.
Due profondi occhi scuri,
scuri come il mare di quella notte,
attendono quel palmo di madre caldo
che stringa forte le sue paure.
Il suo palmo combaciante e avvinto
al palmo della mamma
ha da cingere ancora un sogno;
verranno ancora onde,
ma ancora più stretto lo terranno.
Lei e il suo bambino non si arrenderanno.
Smetterà Nadra
di carezzare un visino ormai gelido.
Smetterà di sfiorare
ciocche intrise di lacrime e salsedine.
Smetterà, lo farà.
Ma lasciatele ancora un ora; un ora di pietà.
Il dolore ingoierà nel profondo del dolore;
per lui, per quel piccolo cuore che ancora batte.
Diranno addio a chi chiamarono figlia e sorella;
le diranno addio in una terra
dove Ella non nacque e dove mai sbarcò.
Porterà via un solo suo bambino, Nadra,
da quel maledetto mare, ma di speranze eterno.
Rita Veloce © 2013
Rita Veloce, poetessa e scrittice. Ha, inoltre, già pubblicato un libro di fiabe (LATTE DI LUNA), una silloge poetica
(I COLORI DEL VENTO) eun libro di racconti (PROFUMO DI GINESTRE)