Uscii dal quel rosso ovattato
dove fui concepita mio malgrado;
dinanzi a me una strada grigia,
che presto pretese d’avermi ligia.
La sognavo verde prateria,
la speravo lucente asteria.
Cominciai a gattoni,
troppo spesso, poi, a tentoni.
Imparai a camminare, a correre;
le regalai il rosa dei miei plantari.
Volevo volare, ma non ebbi mai alari.
Corre ora il tempo e non posso frenare.
Non scelsi io di percorrerla,
ma altro non avrei potuto fare.
A tratti la via biforcava,
forse era nera, forse verde olivo:
illusa d’una libera scelta, io gioivo.
Forse colorai io il mio destino
o forse gli diedi solo sfumature;
forse non feci neanche quello,
se non il solo intingere il pennello.
Ha ancora strada il mio orizzonte;
così mostra il blu che ho di fronte.
Respiro però colori più pastello;
forse li ho finiti,
forse li ho sbiaditi.
Stringerò tra le mani i miei pennelli,
non li potrò mai abbandonare,
illusa ancora di scegliere io il colore;
di essere io il pittore,
di poterlo fare.
© Rita Veloce
In foto:
“Autoritratto come allegoria della Pittura”
olio su tela di Artemisia Gentileschi - (1638-39)