![]() Il piede sinistro si porta avanti.
Il piede sinistro segue il destro e le bianche mura delle case sono punto d’appoggio per la mano sinistra; una mano rugosa, rattrappita, che si aggrappa e suo malgrado offre una presa più sicura. La mano destra invece stringe la punta ricurva di un bastone di fortuna; un ramo contorto come le ossa che sostiene.
Il tempo trascorso, per scendere lo stradino, la vecchina non lo ha calcolato; forse in passato le sarebbe parso interminabile e inaccettabile sprecarne tanto per una ragione così vana, ma il tempo oramai non la spaventa più, non lotta più contro di lui, non lo odia, non lo ama, semplicemente lo ignora. Ora sa solo che si è diretta dove vuole arrivare e, adagio, senz’altro con fatica, ma vi giungerà. Svolta l’angolo flemmatica; eccolo il “giardino” che a sé l’aveva chiamata. Un piccolo “belvedere” con grandi vasi di coccio, qua e là, posati in terra o appesi sulla ringhiera. Rigonfi di verde fogliame tempestato di bottoncini colorati, offrono profumati boccioli o grandi corolle aperte al sole. I vasi appesi alle ringhiere, invece, paiono rampe di lancio per lunghi steli fioriti che svettano verso il cielo o che si tuffano in basso come cascate colorate che, carezzate dal vento, quasi emulano le onde del mare che si scorgono dal magnifico panorama che si offre generoso d’immagini, come un quadro dipinto. Uno scorcio di Paradiso, un colorato sorriso verso il cielo.
Le due donne si guardano per un attimo; l’una ha la pelle liscia come i petali delle rose nei vasi lì accanto, l’occhio vivace, le labbra carnose e capelli neri come la notte che danzano morbidi nel venticello, che soffia quasi padrone di quel terrazzo, l’altra ha gli occhi già spenti, vitrei, le labbra screpolate e risucchiate dall’assenza di denti e la sua pelle è cuoio cucito quasi a nido d’ape. Un divario generazionale profondo quanto un abisso.
Pochi secondi di risposta, un nome, Elisa, un soprannome e le curiosità della vecchina sono soddisfatte.
All’improvviso, la vecchia, comincia a intonare una cantilena. Elisa ne pare quasi infastidita, ma poi comincia ad ascoltarne le parole; è una canzone d’amore, un amore disperato, speranzoso, immenso e quasi se ne sente rapita.
Il silenzio ora è sceso lapidario, sommo. «E tuo figlio… dov’è ora, vive al paese?» È la prima domanda che osa la giovane per spezzare quel silenzio divenuto improvvisamente sconveniente, perché troppo doloroso per la poverina; ma la giovane non sa di aver aperto un ennesima piaga nel petto della vecchia.
ˊ«Come ti chiami, “nonò”?»
«Angelina…» La donna ebbe un piccolo sussulto, forse perché il suo nome era stato pronunciato in un momento di rapimento nel mondo dei suoi ricordi, o forse semplicemente perché era stato pronunciato ed era da tanto che non si sentiva più chiamare da qualcuno.
Il pensare alla vita travagliata della vecchina e alle sue discutibili scelte, le fece dimenticare la ragione del suo “esilio” in quel punto panoramico dove faceva sentire la sua voce solo il vento e lo accompagnava il suono ritmato dell’infrangersi delle onde sugli scogli sottostanti.
Lavorava troppo e non poteva mai fermarsi più d’un fine settimana; ecco perché lo capii subito che c’era qualcosa di strano quando venne con quelle due valige. “Starò con te un po’ di più questa volta…sei contenta ora?”così mi disse, ma io me lo sentivo nel cuore che c’era qualcosa che non mi voleva far sapere, qualcosa di brutto…me lo sentivo! Il racconto di Angelina ora si interrompe; non scendono lacrime dal suo viso, sembra solo che le parole si siano tutte improvvisamente prosciugate, forse per il doloroso ricordo o forse proprio per l’arsura di chi non parlava più così tanto, da molto, molto tempo. All’improvviso la donna fa forza sul bastone e si tira su, guarda la ragazza e le fa un sorriso, poi volge lo sguardo verso il cielo e dice:
Elisa ha percepito una punta di sarcasmo in quel “io aspetto”; povera donna, è davvero stanca, stanca di aspettare di poter rivedere i suoi amati, ma ha onorato sempre la vita che le è stata donata. La ragazza non ricorda davvero più quale fosse la “grave” ragione del suo dolore nell’animo quando scelse quell’angolo di paradiso per allontanarsi da tutto e da tutti, sa solo che quell’incontro inizialmente fastidioso le ha invece giovato e impresso nel cuore una lezione di vita che difficilmente dimenticherà. © Rita Veloce
1 Comment
Andrea Miceli
11/2/2015 13:56:31
Meraviglioso racconto, dove i ricordi sono la base di una nostalgica malinconia, che fa emozionare il Cuore....complimenti.
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