La Farmacia d'Epoca è un blog dedicato al collezionismo di vecchie scatole di latta di medicinali curato da Giulia Bovone. Dal momento che le informazioni su questi oggetti sono piuttosto rare, Giulia ha scritto un articolo sulle Tubercolosi. "La chiamavano il “mal sottile” proprio perché aveva il potere di prosciugare il corpo, conferendo quella mostruosa magrezza, che pareva così soprannaturale da radicare la convinzione che quegli scheletri ambulanti dagli occhi rossi, gonfi che sputavano sangue non fossero malati di tubercolosi, ma vampiri.." Mio cuore, monello giocondo che ride pur anco nel pianto, mio cuore, bambino che è tanto felice d'esistere al mondo, pur chiuso nella tua nicchia, ti pare sentire di fuori sovente qualcuno che picchia, che picchia... Sono i dottori. Mi picchiano in vario lor metro spiando non so quali segni, m'auscultano con li ordegni il petto davanti e di dietro. E senton chi sa quali tarli i vecchi saputi... A che scopo? Sorriderei quasi, se dopo non bisognasse pagarli... «Appena un lieve sussurro all'apice... qui... la clavicola...» E con la matita ridicola disegnano un circolo azzurro. «Nutrirsi... non fare piú versi... nessuna notte piú insonne... non piú sigarette... non donne... tentare bei cieli piú tersi: Nervi... Rapallo... San Remo... cacciare la malinconia; e se permette faremo qualche radioscopia...» Guido Gozzano – Alle Soglie La chiamavano il “mal sottile” proprio perché aveva il potere di prosciugare il corpo, conferendo quella mostruosa magrezza, che pareva così soprannaturale da radicare la convinzione che quegli scheletri ambulanti dagli occhi rossi, gonfi che sputavano sangue non fossero malati di tubercolosi, ma vampiri. Prima dell’arrivo sul mercato degli antibiotici, ammalarsi di tubercolosi era considerabile un vero e proprio supplizio, lento ed inesorabile, contro cui non era possibile fare nulla, se non accettare il proprio triste fato, come ironicamente fa Guido Gozzano, nella poesia “Alle Soglie”. La tubercolosi gli fu diagnosticata nel 1907, e da quel momento la malattia entrò a far parte della sua poetica, così come quel mondo medico ancora lontano dal capire la vera natura del Mycobacterium tubercolosis, e perciò di impostare una cura efficace per la patologia. Il Mycobacterium fu isolato per la prima volta da Robert Koch nel 1882, ma ci vollero anni prima che fossero identificate le vie di contagio manifeste, prime tra tutte lo starnuto e lo sputo, e quelle non così identificabili a prima vista, come il latte proveniente da bestiame infetto, veicolo di diffusione soprattutto tra quei neonati le cui madri non avevano abbastanza latte o denaro per acquistare le farine lattee: la tubercolosi bovina, infatti viene trasmessa anche all’uomo. Quindi anche se i medici dei primi anni del Novecento, davano per certo che fosse il Mycobacterium tuberculosis a causare la malattia, purtroppo non avevano le idee ben chiare circa come curare la patologia in sé, anche se concordavano sul fatto che i tubercolotici dovessero “cambiare aria” e condurre una vita il più possibile rilassata, lontano dagli “strapazzamenti” di allora: notti insonni passate a scrivere poesie, compagnie femminili, il fumo, e se fosse stato possibile trasferirsi in Riviera o comunque in una località marittima, tutti precetti di poca utilità e scarso valore terapeutico nei confronti di una malattia batterica. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento esistevano una grande quantità di farmaci, strutturati per la tubercolosi, ma poco o nulla era d’aiuto: il Fisocal Guidotti, lo sciroppo Bronchiolina, la Fitina CIBA, ricostituente utilizzato in caso di tubercolosi ossea, polmonare e cutanea, e moltissimi altri non potevano nulla, se non dare un po’ di sollievo a quegli sventurati colpiti dalla malattia: i loro principi attivi erano come acqua fresca per il Mycobacterium. La vera svolta nel trattamento della malattia si ebbe nel 1908, grazie alla collaborazione di un medico, Albert Calmette, con il veterinario Camille Guérin. I due avevano intuito che la virulenza del Mycobacterium nei bovini diminuiva con l’aumentare delle generazioni batteriche, ovvero, più la coltura era “vecchia”, meno il batterio era pericoloso. Così 13 anni dopo, e ben 230 colture batteriche lasciate crescere su fette di patate, nacque il vaccino per la tubercolosi, ovvero una variante avirulenta del microrganismo, il quale riusciva a scatenare una risposta immunitaria a lunga durata nel corpo umano, mettendo al riparo dalla malattia. Nel 1922 nacque in Italia la Federazione Italiana per la Lotta alla Tubercolosi, di cui molti ricorderanno i chiudilettera da 10 lire, il cui ricavato era destinato all’eradicazione della tubercolosi tramite campagne di sostegno alle famiglie colpite dalla malattia e dal 1948 in poi anche di vaccinazione. Da allora i casi di TBC in Italia sono diminuiti, ma la strada da percorrere è ancora lunga: infatti ad oggi non siamo stati in grado di mettere la parola “fine” a questa patologia, che colpisce ancora gravemente molti Paesi del mondo, soprattutto dell’Africa sub sahariana, a causa dell’inesistenza di un adeguato piano di vaccinazioni. Giulia Bovone della Farmacia d’Epoca per Deliri Progressivi
1 Comment
Disagio, ribellione, ricerca di una propria identità furono dunque i tratti identificativi dei giovani di quegli anni, connotazioni che si ritrovarono poi nei successivi movimenti studenteschi e di opinione che fiorirono poco tempo dopo. I fenomeni giovanili di massa sono stati spesso osteggiati dalla cultura ufficiale, quella di stampo più tradizionale e conservatore. Portatrici di germi di ribellione nei confronti di una società appiattita solo su valori borghesi, le nuove avanguardie dei giovani negli anni sessanta cercavano di distinguersi dal comune pensiero, sforzandosi di trovare una propria identità che li caratterizzasse attraverso la musica, gli abiti, gli oggetti simbolo. Spesso considerate a torto delle subculture, anche a causa del loro rifiuto a farsi catalogare a livello ideologico o politico, questi movimenti hanno viceversa contrassegnato un’epoca con i loro stili di vita e con la loro vibrante protesta verso la società, una protesta che aveva lo scopo di rivendicare il diritto di essere giovani: questo avvenne soprattutto in Inghilterra, paese pregno di quell’humus culturale dentro cui sono sempre germogliate tendenze e mode che hanno fatto proseliti altrove. Negli anni sessanta si affermarono due movimenti giovanili in forte contrapposizione tra di loro. I rockers, che provenivano in massima parte dai quartieri più poveri di Londra, giravano nei loro giubbotti di pelle, impreziositi da spille o stemmi di club amici, su grosse motociclette. Sfoggiavano basette lunghe, capelli imbrillantinati, ed adoravano il rock’n roll di idoli quali Cochran, Vincent, Presely. I loro ritrovi storici erano l’Ace Cafè e il Club 59 a Londra, e la zona di Brighton, cittadina affacciata sulla Manica, meta dei loro weekend. I rockers, che per molti versi hanno ripreso alcune caratteristiche dei primi teddy boy, banda giovanile degli anni cinquanta profondamente legata alla musica rock’n roll americana, vivevano nel culto della motocicletta cui associavano i valori di forza, coraggio, spavalderia, in una concreta rappresentazione del mito del ribelle reso famoso da Marlon Brando nel celebre film “Il selvaggio”. I mods si differenziavano dai loro rivali soprattutto per il mezzo di locomozione (scooter italiani su cui applicavano numerosi e vistosi fari), per la musica (il jazz e il rock britannico di Who, Yardbirds e Rolling Stones), per l’abbigliamento (abiti sempre ben curati come parka, giacche di velluto, polo Fred Perry e mocassini), e per l’acconciatura dei capelli, non troppo lunghi e sempre ben pettinati. Le altre importanti differenze che li distinguevano dai rockers erano la loro provenienza, non certo riferibile al sottoproletariato dei loro antagonisti, e l’esibizione orgogliosa della bandiera nazionale (la Union Jack) e dei simboli o stemmi appartenenti alla Royal Air Force. Dall’antagonismo ad un vero e proprio conflitto il passo fu breve. Le cronache raccontano che il 28/3/64 a Clayton ebbe luogo un’autentica battaglia tra le due fazioni, un feroce e violento combattimento avvenuto con mazze e coltelli. Lo scontro durò ben due giorni e terminò con un numero impressionante di feriti, oltre a centinaia di arresti: altre risse, scoppiate a Brighton e ad Hastings, contribuirono a contrassegnare queste bande, agli occhi dell’opinione pubblica, come pericolose. Questa cattiva reputazione affibbiata a loro fece in modo che i sentimenti di rivalsa e di contrapposizione nei confronti della società si dilatassero, finendo poi per trovare nelle strofe di “My generation” degli Who la quintessenza del loro pensiero. “La gente cerca di metterci sotto solo perché ce la spassiamo in giro le cose che fanno sono così terribilmente fredde spero di morire prima di diventare vecchio” (My generation – The Who) Disagio, ribellione, ricerca di una propria identità furono dunque i tratti identificativi dei giovani di quegli anni, connotazioni che si ritrovarono poi nei successivi movimenti studenteschi e di opinione che fiorirono poco tempo dopo. Eugenio Nacimbeni |
Deliri Progressivi
... dalla penna facile... Fare clic per impostare HTML personalizzato
News
Marzo 2020
Categories
Tutti
|