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Domande Amicali, alla poetessa, Annamaria Dulcinea Pecoraro a cura di Vincenzo Cinanni

2/17/2017

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1. Salve, poetessa Annamaria, è trascorso qualche anno, dal nostro precedente Dialogo pubblico. In cosa è cambiata, la tua carriera letteraria? 
Ogni anno è un salto nel futuro ed un incontro verso il prossimo. Credo che il tempo sia un grande mediatore e ci dà gli strumenti per migliorarci. Diciamo che gli incontri, l’ascolto, la lettura sia interiore che protesa alla conoscenza di altri, mi hanno dato modo di ispirarmi. Da poco è uscito anche un mio nuovo libro: “Dalla Cenere al Volo”Augh! Edizioni del Gruppo Alter Ego di Viterbo. È stata una nuova scommessa o un parto letterario, poiché in quest’opera ho concentrato quello che in questi anni mi ha arricchita. Difatti vi sono più generi letterari: brevi racconti, poesie ed aforismi. Una sorta di canzoniere ma non solo.
Oggi c’è bisogno di umanità e per farlo c’è bisogno di scendere tra la gente e di restare umili. Solo con questi passi, (come è il titolo della mia prima lirica scritta), possiamo fare grandi risultati. Ad oggi, posso dire che come “Operatrice culturale” non mi sento ancora arrivata, ma in cammino. Sono lieta poi che le mie parole possano essere di conforto, aiuto, slancio e sono poi tradotte in inglese e in spagnolo.
Dal 2014 sono giornalista freelance per la Free lance International Press e direttore di Deliri Progressivi (www.deliriprogressivi.com). Da settembre 2016, sono il Presidente di una associazione Artistico Culturale e cerco di promuovere e diffondere la cultura come posso.

2. Qualche giorno fa, ho ascoltato, sull'emittente toscana, Radio Nova, una Tua Intervista. Congratulazioni, Nuova Presidentessa dell'Associazione ''Nuovi Occhi Sul Mugello''. Di cosa si occupa... La Vostra Associazione, Annamaria? 
L’associazione è stata una sfida. Un bel progetto culturale e solidale nato per dare all’arte la sua giusta parte. Insieme con Serena Latini, co-ideatrice ed ex Presidente della stessa, abbiamo dato vita a qualcosa di magico che entra e fa spazio nel cuore e nella mente, gettando radici e costruendo memorie. Il tutto è supportato egregiamente dai due Amici e cofondatori Alessandro Brugioni e Roberto Bruno e dai soci che ogni anno su affiancano con entusiasmo. Da settembre con nuove rielezioni sono il nuovo Presidente.
Abbiamo un duplice scopo: di valorizzazione del territorio e di attenzione alle realtà in difficoltà in loco. Il nostro intento è proteso quindi alla sensibilizzazione e ad operare, donando aiuto concreto a quelle realtà difficili che sono sul nostro territorio - area del Mugello, con concorsi, laboratori, eventi, attività. Uniamo la cultura e l’umanità. La nostra associazione fornisce poi un servizio editoriale con le Edizioni N.O.S.M., dove puntiamo e seguiamo il talento dei nostri soci.
 
3. Quali Sono i Tuoi Progetti, per il Futuro. Continuare a perseverare cercando di seminare con amore, amicizia ed umanità vera. E come diceva Papa Wojtyla: “Se sbaglio mi corriggerete” :)
 
Ringrazio Moltissimo la poetessa, Annamaria Pecoraro, per la Disponibilità e per L'Amicizia web, Dimostrata!
Vince, Scriban Poeta.
 
Grazie a te Vincenzo ed a tutti i lettori.
Per chi vorrà restare in contatto questi sono i nostri riferimenti:
Pagina FB: https://www.facebook.com/nuoviocchisulmugello
mail: info@nuoviocchisulmugello.it
sito: www.nuoviocchisulmugello.it


Intervista a cura di Vincenzo Cinanni

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Vincenzo Cinanni è nato nel settembre 1972. Attualmente vive e scrive in Calabria, residente a Palizzi, ameno paese della Zona Jonica.  Fin da giovane, si è accostato alla scrittura, alla poesia, ed alla buona dizione.  Ha preso parte a concorsi poetici, nazionali ed internazionali.  Targa d’argento nel Concorso internazionale “Quelli che a Monteverde”. Nel 2014 è giunto tra i primi 8, in Italia, nel contest indetto da Feltrinelli Editore,  “Shakespeare 450”, in memoria del bardo inglese. Ad oggi, egli è presente sui più noti social media.  Ha collaborato, scrivendo “poesie a 4 mani”, con note poetesse italiane. Ama la schiettezza degli affetti. Collabora attivamente con lo staff de  “Vetrina delle Emozioni”,  ricoprendo il ruolo di promotore  su due note  pagine di cultura  ad esso affiliate. Spesso Vincenzo ha letto sue poesie e di altri poeti;  questi reading sono stati inseriti in video pubblici e su web radio. Oltre a scrivere poesia, si diletta ad intessere veloci plot, in short-stories. Presente, sui motori di ricerca, con lo pseudonimo di “scriban poeta”.

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LA VIA DEL MEZZO SORRISO di Vincenzo Cinanni

9/3/2014

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Il bracciale che il burattinaio decise di donare alla Signora Anemonia si trovava al polso di Misò, il fantoccio in cartapesta, che era stato ritrovato dall’uomo, pochi giorni prima dello scontro.
L’istinto tradisce i puri?


Breve storia a cura di Vincenzo Cinanni
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L’anello fu riposto, nella scatola.
Infatti, l’uomo amareggiato, se ne andò, sorbendo l’amaro in bocca, proprio come se la cicuta di Socrate avesse permeato le sue carni.
Si era levato il cappello da gentiluomo.
Salutò la Signora.
La donna gli aveva fornito una risposta breve, tagliente, molto più repentina della lama di un boia, in procinto di emettere la sua sentenza.
Quell’individuo realizzò che aveva sbagliato.
La donna, in seguito a quella proposta, lo fissò lungamente, e compì 2 passi.
Era totalmente decisa a fargli capire, non c’era chance di fraintendimento.
‘’Grazie, no’’- lei rispose.
Anemonia, così si chiamava, aveva ben percepito che accettare quel dono avrebbe avuto un significato intrinseco.
Non avrebbe potuto mantenere una promessa.
Attinio, strano nome datogli dai genitori quando venne al Mondo. Amavano il mare i due.
Faceva il burattinaio, aveva la purezza etica di un angelo sceso in terra. Carattere burbero, schivo, scostante a volte. La donna riflettè sulla proposta del puparo, che le disse, reagendo d’istinto:
‘’Contiene il bracciale del mio fantoccio, lo prenda, in segno di scuse’’.
Poco prima, Attinio si era slanciato verso Anemonia, accennando un mezzo salto, si affrettò a porgerle quella scatola.
‘’Il mio nome? Anemonia mi chiamo’’.
‘’ Sono…Attinio’’- disse l’uomo, titubando.
La minuta Signora rimase attonita, nel vedere le sue impacciate movenze .
La scatola di legno che Attinio ebbe in animo di donarle era pirografata con motivi geometrici, un disegno asimmetrico, ritratto di un lontano paesaggio marino. Anemonia era una donna-custode. Possedeva lo sguardo degli arcobaleni, gli occhi da cascata indomita, suscitando nei suoi presunti spasimanti sentimenti di appagamento visivo.
Il burattinaio Attinio le aveva chiesto scusa. Dopo il fortuito scontro, tutti e due si erano ricomposti.
Attinio era un cocciuto uomo, costruitosi da sé, che faceva della sua passione un lavoro, tramandatogli dalla famiglia. Eppure, sotto quella scorza di sequoia perenne, egli era un perfetto gentleman.
I pensieri che gli frullavano in testa lo avevano assorbito così tanto, da non prestare la dovuta attenzione alla donna, la quale proveniva in senso contrario.
Accortosi troppo tardi, non riuscì a scansarla.
Attinio… aveva il maledetto vizio di indossare occhialoni scuri, pur vedendoci benissimo.
Lo astraevano dal resto, dandogli il pretesto di non considerare chi aveva intorno.
Il bracciale che il burattinaio decise di donare alla Signora Anemonia si trovava al polso di Misò, il fantoccio in cartapesta, che era stato ritrovato dall’uomo, pochi giorni prima dello scontro.
L’istinto tradisce i puri?
L’episodio accaduto ad Attinio conferma che con… gli estranei, ci vuole tatto.

Vincenzo Cinanni

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Cristalli d'essenza di Vincenzo Cinanni

6/11/2014

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L’ uomo tornava dal lavoro, con le sue scarpe da minatore.
Ogni giorno percorreva l’intera città, tagliandone le viuzze.
Era da poco in quel luogo, conoscenze affatto.
Camminava con la testa in giù, per il timore di incontrare la persona sbagliata. Era un armadio a quattro ante, ma nonostante la sua corpulenta imponenza, possedeva una timidezza di altri tempi. Si fermò nel solito negozio, e con una parte della paga giornaliera comprò del pane, un po’ di cacio stagionato, e mezza bottiglia di vino poco sincero.
Si assopiva ogni sera, dopo aver bevuto un bicchierino di nettare di città.
Tornò a casa, entrò nella sua piccola stanza, chiuse la porta, anche quella sera.
I piedi gli facevano molto male, perché le sue solide calzature da inferno sopprimevano l’agio di movimenti sciolti. Se le tolse le scarpe, così come un turacciolo a sughero stappa la bottiglia di sciampagna, nell’ultimo giorno dell’anno che va via.

Aveva l’indolenza del lavoro duro scolpita negli occhi, nel viso e nel cuore.
Il piccolo tavolo instabile ospitava una cena spartana, ma goduta.
Prese la pagnotta di pane fresco, la tagliò col coltello d’acciaio, la riempì del cacio.
Assaporò il paradiso di un morso di cibo.
Poi, prese la bottiglia di vinello, la aprì, ne versò un bicchiere nel recipiente di materiale plastico che aveva sulla sua povera mensola. Si sentiva strano quella sera, credeva che qualcosa sarebbe avvenuta, prima o poi. Finita la cena, prese il vecchio libro, quello scritto da un autore secoli fa.
Inforcò i suoi antichi binocoli a vetro, e cominciò a leggere.
Era una storia che trattava di lotte quotidiane per la sopravvivenza, di quelle brutture che i Signori bene reputano argomenti poco consoni al loro rango.
C’era una volta- diceva la storia- una donna sola, robusta, che lavorava nei campi, spendendo tempo nei mestieri da agricoltore. La donna si levava alle quattro del mattino, e senza fare colazione, iniziava a governare gli animali, così come volevano i suoi genitori.
Nonostante la grande fatica, la donna, guerriera ateniese, compiva ogni suo dovere col sorriso sulle labbra. S’inerpicava su quelle montagne al pari dei camosci alpha. Si chiamava Hera, viveva in un piccolo villaggio di cinquanta anime. Aveva perso i genitori in giovane età.
Era Lei ora il capo famiglia.
Insieme alla donna, due fratelli, chiamati da tutti ‘’i muti’’, perché parlavano poco, dedicandosi a soddisfare una fame atavica, generata dalla loro tenera età.
I due fanciulli avevano però una manualità senza pari.
Riuscivano infatti, ad estrarre il meglio da ciocchi di legno abbandonati sulla riva del lago.
Arredarono così la magione della sorella, loro che la chiamavano mamma, perché i loro genitori non ebbero il tempo di conoscerli, questi due artigiani indiavolati.
Si rotolavano come funamboli tra i prati, scivolando sullo sterno sull’erba bagnata.
Ares ed Eolo erano due gioviali canaglie, sempre pronti a celiare la sorella.
Avevano una pigrizia che li portava a sottrarsi ai doveri, quando la loro sorella allentava i quotidiani controlli.
Erano giovani sì, ma c’era bisogno di una dose di disciplina, che Hera impartiva loro, conservando quel suo modo di fare da regina.
Giunsero le undici, l’uomo scorse la quattordicesima pagina della storia, fece un segno, l’orecchio di un coniglio.
‘’Lo leggerò domani’’- disse il minatore, stanco.
Si tolse gli occhiali, sciacquò i suoi occhi, e si mise a letto.
Durante la notte, sentì uno scricchiolio sul tetto.
No ci fece caso, perché le tegole erano vecchie, ma avevano memoria, come quei libri che conservano il segno dei loro lettori.
‘’Buonanotte, Hera, Ares ed Eolo’’- disse l’uomo.
Si addormentò, con la gioia e la stanchezza di aver trovato una nuova storia, da raccontare ai suoi compagni di fatica.
E l’indomani l’inferno della cava l’avrebbe atteso, ancora una volta!
 
Vincenzo Cinanni

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