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Lettera a Simone di Simone Guaragno

10/30/2013

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PER SIMONE – Adelfia, 5 giugno 2013

Caro Simone,
come va? E in famiglia, tutti bene?

Innanzitutto, mi rendo conto di essere imperdonabile per il ritardo nell’inviarti questa lettera e se ti senti un pochino infastidito da questo mio solito procrastinare, hai pienamente ragione. Potrei appellarmi ai soliti motivi, quali mancanza di tempo oppure pigrizia o, ancora, l’amore che riempie dolcemente le mie giornate; in effetti, tuttavia, non ho scusanti se, dopo anni d’attesa, appena adesso appoggio la mia penna sul foglio.

Ah già, dimenticavo! Tu, abitante del Quarto Millennio, non hai mai visto una penna e un foglio. Come spiegarti? La penna è un cilindretto lungo 10-15 cm dalla cui punta fuoriesce un materiale lavorato col petrolio, cioè l’inchiostro; il foglio, invece, è un rettangolo bianco fatto di carta ottenuta, a sua volta, dai vegetali. Ti prego non ridere, Simone! So bene che non sono un genio nel descrivere gli oggetti del mio tempo. È palese che, per uno di voi, sono arnesi bizzarri! Provo immensa vergogna nel sapere che il nostro spreco ha esaurito le risorse di petrolio e ha distrutto, irrimediabilmente, il patrimonio di legname che possedevamo.

La Foresta Amazzonica è un meraviglioso esempio di polmone terrestre ed è terribile che tu non abbia avuto la fortuna di conoscerla. Non chiedermi di spiegarti il motivo di questo disastro perché, in realtà, non saprei cosa risponderti. Posso dirti che il grande uomo, ad un certo punto, si è messo in testa di dominare la natura e, io come tanti, non ho saputo fermarlo. Ti chiedo umilmente scusa e spero che mi perdonerai.

Ho fatto una piccola pausa e, in questo momento, ho ripreso a scriverti. Ho riflettuto che ci sono tanti motivi per chiederti scusa. Per esempio, la mela che mangio! Mi dispiace che voi dobbiate riprodurle in laboratorio. Tutt’oggi, quando ci penso, rabbrividisco! Non è una bella eredità avervi donato piogge acide e scarichi chimici di ogni tipo. Chiedi scusa sentitamente a tua moglie da parte mia se non ti ha mai potuto far gioire con una dolcissima torta di mele.

Sai, Simone, io l’avevo accennato ad alcuni tecnici che le onde elettromagnetiche provocano tumori e gli comunicai anche quanto l’aria che respiriamo non sia più pura come dovrebbe. Nonostante io stesso abbia subito questa malattia (per fortuna superandola), nessuno mi ha voluto ascoltare. Come ben sai, da sempre, l’uomo pensa ai suoi interessi economici a discapito della salute pubblica. Il piccolo Stefano è guarito? È assurdo che gli sia bastato uscire dieci secondi a giocare all’aperto per rimanere intossicato dall’aria respirata. Non mi sento di guardarti negli occhi: la colpa è nostra!

Ho preso una maglia perché sento freddo. Sì, amico mio, siamo a giugno 2013 e il tempo è completamente impazzito. Non è facile raccontarti di inverni caldi ed estati fredde e piovose. Non è facile sapendo che tu quotidianamente vivi con terremoti, cicloni e atmosfere nebbiose. Perlomeno, noi il sole possiamo ammirarlo. Voi, del Quarto Millennio, riuscite a malapena ad osservarlo quando fa capolino all’alba giacché poi sparisce dietro la cortina di fumi chimici e gas atmosferici. Piangendo, ti chiedo scusa Simone se non siamo intervenuti in tempo.

Vorrei scriverti dieci pagine per scusarmi di ogni mancata eredità che non ti abbiamo lasciato. Ho deciso, tuttavia, di uscire e agire perché, forse, posso ancora salvare il nostro amato mondo. Prendo l’automobile e vado. Anzi, esco a piedi che è meglio.

Per adesso, scusami e spero che tu sappia portare meglio il nostro nome.

Con affetto e speranza,
Simone




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I Farmaci nella letteratura: I BARBITURICI nella "La Coscienza di Zeno" - Italo Svevo

10/9/2013

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La Farmacia d'Epoca è un blog dedicato al collezionismo di vecchie scatole di latta di medicinali curato da Giulia Bovone. Dal momento che le informazioni su questi oggetti sono piuttosto rare, Giulia ha scritto un articolo sui "BARBITURICI" trattata anche a Svevo in "La coscienza di Zeno"per Deliri Progressivi.
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Guido improvvisamente mi domandò: << Tu che sei chimico, sapresti dirmi se sia più efficace il veronal puro o il veronal al sodio ? >>
Io veramente non sapevo neppure che ci fosse un veronal al sodio. Non si può mica pretendere che un chimico sappia il mondo a mente. Io di chimica so tanto da poter trovare subito nei miei libri qualsiasi informazione e inoltre da poter discutere – come si vide in quel caso – anche delle cose che ignoro. Al sodio?  Ma se era saputo da tutti che le combinazioni al sodio erano quelle che più facilmente si assimilavano. Anzi a proposito del sodio ricordai – e riprodussi più o meno esattamente – un inno a quell’elemento elevato da un mio professore all’unica presentazione a cui avessi assistito. [ …]
Dopo un’esitazione, Guido domandò ancora:
<< Sicchè chi volesse morire dovrebbe prendere il veronal al sodio ?>>
<< Sì >> risposi.
Poi ricordando che ci sono dei casi in cui si può voler simulare un suicidio e non accorgendomi subito  che ricordavo a Guido un episodio spiacevole della sua vita, aggiunsi:
<<E chi non vuol morire deve prendere del veronal puro>>.
Gli studii di Guido sul veronal avrebbero potuto darmi da pensare. Invece io non compresi nulla, preoccupato com’ero dal sodio.


Italo Svevo – La coscienza di Zeno –  Mondadori



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Solitamente si pensa che gli anni d’oro dei barbiturici siano stati gli anni Settanta, ma in realtà il loro rapporto con l’umanità è molto più profondo e torbido, ed affonda le sue radici negli insospettabilissimi primi decenni del Novecento.

Sintetizzati per la prima volta nel 1863 da Adolf von Baeyer e battezzati “barbiturici” in onore di Barbara, la santa festeggiata il giorno 4 di dicembre, data della loro scoperta, già una settimana dopo la loro comparsa furono bellamente dimenticati da tutta la comunità scientifica.
Sul finire dell’Ottocento, infatti, l’utilizzo di morfina ed oppio non era regolamentato, e dal momento che queste molecole ben più potenti erano disponibili sul mercato, non vi era modo per i barbiturici di esistere.
Con il nuovo secolo però, si iniziò a regolarizzare il commercio di sostanze che potevano dare luogo a dipendenze, e così anche il mercato si dovette adattare, iniziando a ricercare molecole che potessero dare luogo agli stessi effetti, ma che non fossero alcaloidi.

Durante questa “corsa al sonnifero perfetto”, vennero riesumate anche le ricerche di von Baeyer: nel 1902 Emil Fisher e Joseph von Mering, testarono la maloniurea su un gruppo di cani notando con quanta facilità questi cadessero in un sonno profondo. Un anno dopo la molecola era già in commercio come Veronal, il farmaco che utilizzerà il personaggio di Guido per simulare un suicidio che però, causa una dose errata, gli sarà fatale.



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Ma non esisteva solo il Veronal, anzi, con lo sviluppo di nuove tecnologie di sintesi, ben presto, nemmeno lui fu più sufficiente. Nel giro di pochi anni i barbiturici diventarono richiestissimi, poiché riuscivano ad incarnare magnificamente l’ideale del “superfarmaco”, che riusciva a risolvere qualunque disturbo, doloroso o non, con una sola dose, e questa caratteristica fece sì che a volte fossero aggiunti alla composizione anche a sproposito, solo per dare l’idea che l’effetto del farmaco fosse immediato.

Coniuge isterico? Nevrovitamina  4. Bambini irrequieti? Nevrovitamina 4 versione per bambini, specifico per  le turbe dell’infanzia. Ferocissimo mal di testa? Un bell’Optalidon rinforzato ai barbiturici, e se per caso questo non faceva effetto, una bella cucchiaiata di Neurinase, alla dietilmaloniurea rinforzata con valeriana, capace di stendere anche un elefante: tutti farmaci ad oggi impensabili, ma che all’epoca riscuotevano un buon successo di mercato
.


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Insomma, sulla fine degli anni Quaranta sembrava che nulla potesse resistere ai barbiturici, solo un nuovo approccio alla fisiologia umana poté mettere in luce il fatto che questi farmaci risolvevano i disturbi neurologici e del sonno in maniera eccellente, ma  solo temporaneamente. Ciò non sarebbe stato un problema se la maloniurea non desse luogo ad una forte dipendenza, accompagnata da una costante crescita della tolleranza nei confronti del farmaco. Ciò avrebbe portato ad assumere dosi sempre più alte, mettendo così a rischio la vita del paziente.

Finalmente con gli anni Settanta, e l’avvento delle più sicure ed affidabili benzodiazepine, i barbiturici iniziarono a sparire dal mercato, ma non prima di aver mietuto le loro vittime, soprattutto nel mondo dello spettacolo: Ona Munson, Phyllis Haver, Marilyn Monroe, Chester Morris, Annamaria Pierangeli, George Sanders, Rachel Roberts e la cantante italo francese Dalidà, sono solo alcuni dei nomi di personaggi famosi che hanno scelto di lasciare questo mondo servendosi dei barbiturici.

In conclusione, la maloniurea non era una molecola con cui scherzare troppo, efficacissima in ciò che faceva, ma chiedeva in cambio il pagamento di un prezzo molto alto, traducendosi spesso nella distruzione di famiglie e anche dell’individuo stesso.  Poco importava se con o senza sodio.

Giulia Bovone del blog La Farmacia d’Epoca per Deliri Progressivi

Per altre "scatole" e curiosità
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