La Farmacia d'Epoca è un blog dedicato al collezionismo di vecchie scatole di latta di medicinali curato ![]() <<Un’altra volta>> borbottò Peppone << Voglio andare a casa. Sto poco bene, oggi non ho neanche potuto lavorare. Ho freddo: brividi per tutta la vita>>. <<Brividi? Le solite influenze di stagione. L’unica medicina è un bicchiere di vino. Anzi, ho delle magnifiche compresse di Aspirina: entra>>. Peppone entrò. <<Siediti, intanto io vado a prendere la bottiglia>> disse Don Camillo. Quando tornò, di lì a poco, col vino e i bicchieri, trovò Peppone che si era seduto, ma non si era tolto il pastrano. <<Ho un freddo cane>> spiegò Peppone. <<Preferisco rimanere coperto>>. <<Fai il comodo tuo>>. Porse a Peppone un bicchiere colmo e due pastiglie bianche. <<Manda giù>>. Peppone mandò giù l’Aspirina e ci bevve sopra il vino. Don Camillo uscì un momento e rientrò con una bracciata di legna che cacciò nel camino. <<Una fiammata farà bene anche a me>> spiegò Don Camillo dando fuoco alla legna. Giovannino Guareschi – Don Camillo e Peppone – Rizzoli ![]() Insieme alla Magnesia, l’Aspirina è uno di quei farmaci che da fine Ottocento costituisce la “base” delle nostre piccole farmacie casalinghe, stipate nei mobiletti del bagno o nel caso in cui siate particolarmente anticonformisti, nei pensili della cucina. Nonostante la sua semplicità, in quanto lo stesso medicinale altro non è che acido acetil salicilico purissimo, parlare di Aspirina è abbastanza difficile, perché non tutto l’acido acetil salicilico può fregiarsi di questo nome. L’Aspirina, quella Bayer per intenderci, è sul mercato dal 1899, quando Felix Hoffmann ebbe la brillante idea di acetilare l’acido salicilico. Dapprima fu in vendita in bottiglia, disciolta in acqua, la forma moderna, cioè in pastiglia, comparirà solo negli anni Venti. Sì, la possibilità di produrre e stoccare per un lungo periodo questo medicinale dalle proprietà analgesiche, antipiretiche e antinfiammatorie, in un periodo storico che non conosceva con perfezione i meccanismi fisiologici che regolavano la risposta del corpo umano agli insulti patologici, ha sicuramente decretato il successo del farmaco, e con esso l’invidia di tante altre case farmaceutiche italiane che volevano partecipare alla “corsa all’Aspirina”. Infatti in seguito alla sconfitta subita nella Prima Guerra Mondiale, la Bayer aveva perso il brevetto sui suoi prodotti: iniziarono cosi a comparire negli Usa, in Francia e nel Regno Unito, diverse “Aspirine” non-Bayer, costringendo la casa farmaceutica a lunghe trafile legali per riappropriarsi del suo marchio. In Italia ciò non accadde, tanto che ancora oggi l’unica Aspirina con la “A” maiuscola, è un marchio registrato dell’azienda teutonica, ma l’arte di arrangiarsi è decisamente una di quelle caratteristiche che distingue l’Italiano nel Mondo. Non potendo introdurre in commercio preparati con il nome di “Aspirina”, si pensò di formulare comunque i preparati, ma di “battezzarli” in maniera differente: in questo modo nacquero l’Aspirolina Carlo Erba, il Diaforil Maggioni, la Rodina Montecatini, e l’Aspro, concorrente australiano della Bayer, oggi proprietà di quest’ultima. ![]() Tornando a Don Camillo e Peppone, sicuramente in molti si saranno stupiti del bizzarro accostamento Aspirina – Lambrusco, ma se rapportato al periodo storico, effettivamente ha un suo perché. All’epoca poco si sapeva delle interazioni dell’alcool etilico con i farmaci, e anzi, spesso si consigliava di assumere il medicinale con un bicchiere di vino o di liquore, in quanto si credeva che esso fosse un ottimo corroborante e coadiuvasse la guarigione. Oggi, invece la moderna fisiologia ha messo in luce che l’uso di alcolici possono interferire con il metabolismo del farmaco stesso, abbreviandone o allungandone l’emivita: nel caso dell’Aspirina, essa se associata all’alcool, amplifica il suo potere narcotico. Insomma, se nella mente di Don Camillo fosse balenata l’idea di sedare Peppone, è dato saperlo solo a Guareschi, di per certo possiamo tutti affermare che l’offerta dell’Aspirina fatta dal prete al suo avversario storico, rimane una delle immagini più belle del Mondo Piccolo, quell’universo in cui, messa da parte la politica, vince sempre il buonsenso e il rispetto. Di Giulia Bovone della Farmacia d’Epoca per Deliri Progressivi.
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La Farmacia d'Epoca è un blog dedicato al collezionismo di vecchie scatole di latta di medicinali curato ![]() “un bambino che sin dalla nascita respira senza averci mai badato non sa quanto sia essenziale alla propria vita l’aria che gli gonfia così dolcemente il petto da non averlo nemmeno notato. E se, durante un accesso febbrile, una convulsione, stesse per soffocare? Nello sforzo disperato del proprio essere è quasi per la sua vita che lotta, è per la sua quiete persa che può ritrovare solo con l’aria, da cui non sapeva di essere inseparabile”. “L’Indifferente” – Marcel Proust ![]() Come trapela da queste poche righe tratte da “l’Indifferente”, per tutta la sua vita Marcel Proust visse circondato da medici e farmaci a causa di un attacco d’asma che lo colpì all’età di nove anni, creando in lui uno stato di malattia perenne ai limiti dell’ipocondria, che si ripercosse pesantemente anche nelle sue opere letterarie. Intendiamoci: ammalarsi in giovane età a fine Ottocento era una sventura inimmaginabile, soprattutto negli ambienti borghesi, dove la più piccola patologia per forza di cose si tramutava nel peggior anatema. Nonostante la medicina dell’epoca avesse fatto passi da gigante, concepiva ancora il corpo umano come una serie di ingranaggi delicati, il cui minimo spostamento o scompenso avrebbe segnato permanentemente il fisico e l’anima dello sventurato, ancor peggio se costui era un bambino. Insomma, nel 1880 non si sapeva ancora cosa fosse la difesa immunitaria, quindi l’organismo umano era percepito come “inerme” di fronte alla maggior parte delle patologie, e con la complicità dell’alta mortalità infantile che ha caratterizzato il secolo Decimonono, il povero Marcel si ritrovò ad essere considerato come “con già un piede nella fossa” ancor prima di arrivare ai dieci anni di età. Questo lo spronò verso un grado quasi estremo di ipocondria, creando in lui una sfiducia generale nei confronti dei medici che non riuscivano a curarlo. ![]() Infatti, nonostante il padre ed il fratello di Marcel fossero patologi conosciuti e rispettati negli ambienti universitari dell’epoca, lo scrittore vide sempre con sufficienza il mondo dei medici, incapaci di trovare una cura definitiva che lo strappasse a quella condizione. All’epoca del primo attacco d’asma di Proust, erano già presenti sul mercato diversi preparati farmaceutici contro l’asma, molti dei quali decisamente inusuali. Sulla fine dell’Ottocento, infatti comparvero le prime sigarette contro l’asma, le famose Sigarette d’Exibard, conosciute in Italia anche come Sigarette d’Abissinia, le carte fumigatorie azotate o allo stramonio, e con lo sviluppo delle tecniche legate agli aerosol anche i primi preparati per inalazioni come l’Antiasmatico Maffioli. Ovviamente va da sé che alcuni farmaci non fossero proprio il massimo dell’efficacia: sigarette e carte fumigatorie spesso contenevano sostanze che alla lunga potevano essere irritanti oppure peggiorare dei quadri clinici già pre-esistenti, come nel caso di asma legato ad enfisema e alcuni preparati per inalazioni avevano il pregio di possedere formulazioni al limite del fantastico e di dubbia utilità nel trattamento della patologia. ![]() La vera svolta nel trattamento dell’asma si ebbe solo nel 1949, quando Edward Calvin Kendall annunciò la scoperta dell’ormone cortisone e del suo ruolo nel sopprimere i sintomi legati alla patologia allergica, facendo diventare questa molecola per cui ricevette il premio Nobel, il farmaco d’elezione nel trattamento gli episodi asmatici. Da allora l’asma divenne una patologia sempre più trattabile, complice anche l’invenzione dell’inalatore portatile, anche se, come potete vedere in foto, i primi modelli non potevano certo fregiarsi di questo titolo. Anche se Proust teoricamente all’età di 79 anni avrebbe potuto vedere la fine della battaglia del genere umano contro l’asma, morì per una bronchite in quanto, dal momento che "Le malattie naturali guariscono, ma mai quelle create dalla medicina, perché essa ignora il segreto della guarigione", rifiutò qualunque tipo di assistenza medica, inclusa quella del fratello Robert, soccombendo alla patologia definitivamente il 18 novembre del 1922. Giulia Bovone del blog La Farmacia d’Epoca per Deliri Progressivi La Farmacia d'Epoca è un blog dedicato al collezionismo di vecchie scatole di latta di medicinali curato da Giulia Bovone. Dal momento che le informazioni su questi oggetti sono piuttosto rare, Giulia ha scritto un articolo sulle abitudini alimentari di fine '800 e le malattie derivate da carenze nutrizionali. ![]() - Un allegro Natale a tutti noi, cari miei. Dio ci benedica! - Tutta la famiglia ripetè l'augurio. - Dio benedica tutti quanti siamo! - disse, ultimo di tutti, Tiny Tim. Sedeva sul suo sgabelletto, proprio accosto al padre. Bob gli teneva la manina scarna per meglio fargli sentire il suo affetto, e se lo voleva sempre vicino, e quasi avea paura di vederselo portato via. - Spirito, - disse Scrooge con insolita sollecitudine, - dimmi se Tiny Tim vivrà. - Vedo un posto vuoto - rispose lo Spirito, - all'angolo del povero focolare, e una gruccetta gelosamente custodita. Se queste ombre non muterà l'avvenire, il fanciullo morrà. - No, no, - esclamò Scrooge. - Oh no, buono Spirito! dimmi che sarà risparmiato. - Se queste ombre non muterà l'avvenire, nessun altro della mia stirpe, - rispose lo Spirito, - lo troverà qui. Che monta? S'egli muore, tanto meglio, perché di tanto scemerà il soverchio della popolazione. - Scrooge abbassò il capo, udendo le proprie parole citate dallo Spirito, e si accasciò sotto il pentimento e il dolore. Charles Dickens – Cantico di Natale – Liberliber ![]() Tra i molti bambini letterari, “figli” di Charles Dickens, il piccolo Tim Cratchit è sicuramente uno tra i più conosciuti a livello mondiale. Viene descritto come un bimbo, gracile, paziente, dall’indole forse un po’ più matura e pensosa per la sua età. Fin dalla sua nascita ha convissuto con l’acidosi tubulare renale e il rachitismo, che lo costringono a camminare con l’ausilio di una stampella. Il Piccolo Tim è ovviamente un personaggio letterario, ma sul finire dell’Ottocento, e ancora fino alla metà del Novecento, il rachitismo e le malattie da carenza nutrizionale erano una triste normalità in tutt’Europa. Spesso siamo portati a pensare ai piatti della tradizione contadina, come prelibatezze luculliane, le cui ricette sono gelosamente tramandate da madre in figlia, per deliziare il palato con minestre ricche e stufati prelibati: la realtà è un’altra. Se potessimo mai condurre uno studio sulle abitudini alimentari dell’Italia da metà Ottocento, fino al dopoguerra ci meraviglieremmo di come la dieta, soprattutto in alcune regioni, fosse piatta e nutrizionalmente monotona, e così tanto povera, che la zuppa era di “legumi” solo sulla carta. ![]() La denutrizione flagellava indistintamente la popolazione infantile, ma le situazioni più gravi si registravano nelle zone montuose, sia delle Alpi che dell’Appennino. La maglia nera, spettava al Veneto, dove la polenta di farina di mais, rappresentava il piatto unico per quasi 365 giorni all’anno, innaffiata da litri e litri di vino. Esso era parte integrante della dieta del contadino medio: circa metà delle calorie giornaliere assunte erano apportate dagli alcoolici, iniziando a bere già da giovanissimi, tanto che in alcune zone si diceva che i bambini staccavano la bocca dal seno materno per attaccarla al fiasco. Le farine lattee erano il preparato principe per fornire ai bambini in fase di svezzamento le calorie necessarie, peccato che la farina lattea Alpe, la prelibatissima farina Nestlè, l’alimento Mellin o quello Glaxo, che faceva crescere i bimbi forti e sani come gli eredi al trono della casata Savoia, costassero, e solo pochi riuscivano a permettersi un alimento del genere per i propri figli. Per tutti gli altri c’era l’olio di fegato di merluzzo, spesso commercializzato sfuso: chiunque avesse voluto acquistarlo doveva portarsi da casa la bottiglia, magari riutilizzandone una che aveva già, come nel caso di uno dei primi flaconi della Magnesia San Pellegrino in foto, “riconvertito” per l’olio di fegato di merluzzo. ![]() Le ricette tradizionali che conosciamo, sono purtroppo una rielaborazione degli anni Sessanta, quando il benessere economico permise di migliorare la dieta della popolazione, eradicando così le patologie da carenza nutrizionale, la cui unica cura è appunto una dieta varia e ben bilanciata. La bontà e l’innocenza di del piccolo Tim Cratchit, hanno sicuramente “salvato l’anima” a Ebenezer Scrooge, rendendolo un uomo migliore, più vicino e prodigo nei confronti delle persone in difficoltà, ed in cambio l’aiuto economico alla famiglia Cratchit dato dal vecchio ha fatto sì che il bambino riuscisse a sopravvivere, e a superare il rachitismo, mentre l’acidosi tubulare renale, purtroppo, è una malattia genetica, che obbliga gli affetti ad assumere cloruro di ammonio per tutta la loro vita. Al momento, come all’epoca di Dickens, non è curabile, ma siccome siamo sotto Natale, il mio augurio da persona di scienza è che un giorno possa esserlo, così tutti i piccoli Tim non dovranno più prendere le medicine. Giulia Bovone del blog La Farmacia d’Epoca per Deliri Progressivi La Farmacia d'Epoca è un blog dedicato al collezionismo di vecchie scatole di latta di medicinali curato da Giulia Bovone. Dal momento che le informazioni su questi oggetti sono piuttosto rare, Giulia ha scritto un articolo sui "BARBITURICI" trattata anche a Svevo in "La coscienza di Zeno"per Deliri Progressivi. ![]() Guido improvvisamente mi domandò: << Tu che sei chimico, sapresti dirmi se sia più efficace il veronal puro o il veronal al sodio ? >> Io veramente non sapevo neppure che ci fosse un veronal al sodio. Non si può mica pretendere che un chimico sappia il mondo a mente. Io di chimica so tanto da poter trovare subito nei miei libri qualsiasi informazione e inoltre da poter discutere – come si vide in quel caso – anche delle cose che ignoro. Al sodio? Ma se era saputo da tutti che le combinazioni al sodio erano quelle che più facilmente si assimilavano. Anzi a proposito del sodio ricordai – e riprodussi più o meno esattamente – un inno a quell’elemento elevato da un mio professore all’unica presentazione a cui avessi assistito. [ …] Dopo un’esitazione, Guido domandò ancora: << Sicchè chi volesse morire dovrebbe prendere il veronal al sodio ?>> << Sì >> risposi. Poi ricordando che ci sono dei casi in cui si può voler simulare un suicidio e non accorgendomi subito che ricordavo a Guido un episodio spiacevole della sua vita, aggiunsi: <<E chi non vuol morire deve prendere del veronal puro>>. Gli studii di Guido sul veronal avrebbero potuto darmi da pensare. Invece io non compresi nulla, preoccupato com’ero dal sodio. Italo Svevo – La coscienza di Zeno – Mondadori ![]() Solitamente si pensa che gli anni d’oro dei barbiturici siano stati gli anni Settanta, ma in realtà il loro rapporto con l’umanità è molto più profondo e torbido, ed affonda le sue radici negli insospettabilissimi primi decenni del Novecento. Sintetizzati per la prima volta nel 1863 da Adolf von Baeyer e battezzati “barbiturici” in onore di Barbara, la santa festeggiata il giorno 4 di dicembre, data della loro scoperta, già una settimana dopo la loro comparsa furono bellamente dimenticati da tutta la comunità scientifica. Sul finire dell’Ottocento, infatti, l’utilizzo di morfina ed oppio non era regolamentato, e dal momento che queste molecole ben più potenti erano disponibili sul mercato, non vi era modo per i barbiturici di esistere. Con il nuovo secolo però, si iniziò a regolarizzare il commercio di sostanze che potevano dare luogo a dipendenze, e così anche il mercato si dovette adattare, iniziando a ricercare molecole che potessero dare luogo agli stessi effetti, ma che non fossero alcaloidi. Durante questa “corsa al sonnifero perfetto”, vennero riesumate anche le ricerche di von Baeyer: nel 1902 Emil Fisher e Joseph von Mering, testarono la maloniurea su un gruppo di cani notando con quanta facilità questi cadessero in un sonno profondo. Un anno dopo la molecola era già in commercio come Veronal, il farmaco che utilizzerà il personaggio di Guido per simulare un suicidio che però, causa una dose errata, gli sarà fatale. ![]() Ma non esisteva solo il Veronal, anzi, con lo sviluppo di nuove tecnologie di sintesi, ben presto, nemmeno lui fu più sufficiente. Nel giro di pochi anni i barbiturici diventarono richiestissimi, poiché riuscivano ad incarnare magnificamente l’ideale del “superfarmaco”, che riusciva a risolvere qualunque disturbo, doloroso o non, con una sola dose, e questa caratteristica fece sì che a volte fossero aggiunti alla composizione anche a sproposito, solo per dare l’idea che l’effetto del farmaco fosse immediato. Coniuge isterico? Nevrovitamina 4. Bambini irrequieti? Nevrovitamina 4 versione per bambini, specifico per le turbe dell’infanzia. Ferocissimo mal di testa? Un bell’Optalidon rinforzato ai barbiturici, e se per caso questo non faceva effetto, una bella cucchiaiata di Neurinase, alla dietilmaloniurea rinforzata con valeriana, capace di stendere anche un elefante: tutti farmaci ad oggi impensabili, ma che all’epoca riscuotevano un buon successo di mercato. ![]() Insomma, sulla fine degli anni Quaranta sembrava che nulla potesse resistere ai barbiturici, solo un nuovo approccio alla fisiologia umana poté mettere in luce il fatto che questi farmaci risolvevano i disturbi neurologici e del sonno in maniera eccellente, ma solo temporaneamente. Ciò non sarebbe stato un problema se la maloniurea non desse luogo ad una forte dipendenza, accompagnata da una costante crescita della tolleranza nei confronti del farmaco. Ciò avrebbe portato ad assumere dosi sempre più alte, mettendo così a rischio la vita del paziente. Finalmente con gli anni Settanta, e l’avvento delle più sicure ed affidabili benzodiazepine, i barbiturici iniziarono a sparire dal mercato, ma non prima di aver mietuto le loro vittime, soprattutto nel mondo dello spettacolo: Ona Munson, Phyllis Haver, Marilyn Monroe, Chester Morris, Annamaria Pierangeli, George Sanders, Rachel Roberts e la cantante italo francese Dalidà, sono solo alcuni dei nomi di personaggi famosi che hanno scelto di lasciare questo mondo servendosi dei barbiturici. In conclusione, la maloniurea non era una molecola con cui scherzare troppo, efficacissima in ciò che faceva, ma chiedeva in cambio il pagamento di un prezzo molto alto, traducendosi spesso nella distruzione di famiglie e anche dell’individuo stesso. Poco importava se con o senza sodio. Giulia Bovone del blog La Farmacia d’Epoca per Deliri Progressivi |
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