La Farmacia d'Epoca è un blog dedicato al collezionismo di vecchie scatole di latta di medicinali curato da Giulia Bovone. Dal momento che le informazioni su questi oggetti sono piuttosto rare, Giulia ha scritto un articolo sulle abitudini alimentari di fine '800 e le malattie derivate da carenze nutrizionali. - Un allegro Natale a tutti noi, cari miei. Dio ci benedica! - Tutta la famiglia ripetè l'augurio. - Dio benedica tutti quanti siamo! - disse, ultimo di tutti, Tiny Tim. Sedeva sul suo sgabelletto, proprio accosto al padre. Bob gli teneva la manina scarna per meglio fargli sentire il suo affetto, e se lo voleva sempre vicino, e quasi avea paura di vederselo portato via. - Spirito, - disse Scrooge con insolita sollecitudine, - dimmi se Tiny Tim vivrà. - Vedo un posto vuoto - rispose lo Spirito, - all'angolo del povero focolare, e una gruccetta gelosamente custodita. Se queste ombre non muterà l'avvenire, il fanciullo morrà. - No, no, - esclamò Scrooge. - Oh no, buono Spirito! dimmi che sarà risparmiato. - Se queste ombre non muterà l'avvenire, nessun altro della mia stirpe, - rispose lo Spirito, - lo troverà qui. Che monta? S'egli muore, tanto meglio, perché di tanto scemerà il soverchio della popolazione. - Scrooge abbassò il capo, udendo le proprie parole citate dallo Spirito, e si accasciò sotto il pentimento e il dolore. Charles Dickens – Cantico di Natale – Liberliber Tra i molti bambini letterari, “figli” di Charles Dickens, il piccolo Tim Cratchit è sicuramente uno tra i più conosciuti a livello mondiale. Viene descritto come un bimbo, gracile, paziente, dall’indole forse un po’ più matura e pensosa per la sua età. Fin dalla sua nascita ha convissuto con l’acidosi tubulare renale e il rachitismo, che lo costringono a camminare con l’ausilio di una stampella. Il Piccolo Tim è ovviamente un personaggio letterario, ma sul finire dell’Ottocento, e ancora fino alla metà del Novecento, il rachitismo e le malattie da carenza nutrizionale erano una triste normalità in tutt’Europa. Spesso siamo portati a pensare ai piatti della tradizione contadina, come prelibatezze luculliane, le cui ricette sono gelosamente tramandate da madre in figlia, per deliziare il palato con minestre ricche e stufati prelibati: la realtà è un’altra. Se potessimo mai condurre uno studio sulle abitudini alimentari dell’Italia da metà Ottocento, fino al dopoguerra ci meraviglieremmo di come la dieta, soprattutto in alcune regioni, fosse piatta e nutrizionalmente monotona, e così tanto povera, che la zuppa era di “legumi” solo sulla carta. La denutrizione flagellava indistintamente la popolazione infantile, ma le situazioni più gravi si registravano nelle zone montuose, sia delle Alpi che dell’Appennino. La maglia nera, spettava al Veneto, dove la polenta di farina di mais, rappresentava il piatto unico per quasi 365 giorni all’anno, innaffiata da litri e litri di vino. Esso era parte integrante della dieta del contadino medio: circa metà delle calorie giornaliere assunte erano apportate dagli alcoolici, iniziando a bere già da giovanissimi, tanto che in alcune zone si diceva che i bambini staccavano la bocca dal seno materno per attaccarla al fiasco. Le farine lattee erano il preparato principe per fornire ai bambini in fase di svezzamento le calorie necessarie, peccato che la farina lattea Alpe, la prelibatissima farina Nestlè, l’alimento Mellin o quello Glaxo, che faceva crescere i bimbi forti e sani come gli eredi al trono della casata Savoia, costassero, e solo pochi riuscivano a permettersi un alimento del genere per i propri figli. Per tutti gli altri c’era l’olio di fegato di merluzzo, spesso commercializzato sfuso: chiunque avesse voluto acquistarlo doveva portarsi da casa la bottiglia, magari riutilizzandone una che aveva già, come nel caso di uno dei primi flaconi della Magnesia San Pellegrino in foto, “riconvertito” per l’olio di fegato di merluzzo. Le ricette tradizionali che conosciamo, sono purtroppo una rielaborazione degli anni Sessanta, quando il benessere economico permise di migliorare la dieta della popolazione, eradicando così le patologie da carenza nutrizionale, la cui unica cura è appunto una dieta varia e ben bilanciata. La bontà e l’innocenza di del piccolo Tim Cratchit, hanno sicuramente “salvato l’anima” a Ebenezer Scrooge, rendendolo un uomo migliore, più vicino e prodigo nei confronti delle persone in difficoltà, ed in cambio l’aiuto economico alla famiglia Cratchit dato dal vecchio ha fatto sì che il bambino riuscisse a sopravvivere, e a superare il rachitismo, mentre l’acidosi tubulare renale, purtroppo, è una malattia genetica, che obbliga gli affetti ad assumere cloruro di ammonio per tutta la loro vita. Al momento, come all’epoca di Dickens, non è curabile, ma siccome siamo sotto Natale, il mio augurio da persona di scienza è che un giorno possa esserlo, così tutti i piccoli Tim non dovranno più prendere le medicine. Giulia Bovone del blog La Farmacia d’Epoca per Deliri Progressivi
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La Farmacia d'Epoca è un blog dedicato al collezionismo di vecchie scatole di latta di medicinali curato da Giulia Bovone. Dal momento che le informazioni su questi oggetti sono piuttosto rare, Giulia ha scritto un articolo su "“Sal mirabilis” in gergo la "purga" trattata anche a Collodi in "Pinocchio"per Deliri Progressivi. Allora sciolse una certa polverina bianca in un mezzo bicchiere d’acqua, e porgendolo al burattino, gli disse amorosamente: “Bevila, e in pochi giorni sarai guarito”. Pinocchio guardò il bicchiere, storse un po’ la bocca, e poi domandò con voce di piagnisteo: “ E’ dolce o amara?”. “E’ amara ma ti farà bene” “Se è amara non la voglio” “Da retta a me, bevila” “A me l’amaro non mi piace” “Bevila, e quando l’avrai bevuta , ti darò una pallina di zucchero, per rifarti la bocca” Carlo Collodi – Le avventure di Pinocchio – Arnoldo Mondadori – Cap XVII Le poche righe riportate sopra rappresentano uno dei piagnistei più famosi di tutta la letteratura italiana per l’infanzia, con protagonista il burattino Pinocchio, che inventa tutte le scuse possibili per non bere la medicina proposta con tanto amore e pazienza dalla Fata Turchina. Il problema di Pinocchio è stato comune a tutti i bimbi di fine Ottocento: il solfato di soda ( la polverina bianca in questione) è uno dei preparati galenici più disgustosi che mai siano comparsi in commercio, eppure, per molto tempo, questo sale è stato la “purga” più in voga nel Vecchio Continente. Conosciuto come “Sal mirabilis” o “Sale di Glauber”, dal cognome del farmacista tedesco che per primo lo mise in commercio nella prima metà del Seicento, ha “purificato il sangue” a milioni di bambini, anche quando non era necessario. Il povero Pinocchio, infatti, ha avuto la sfortuna di “vivere” in un secolo dove le conoscenze pediatriche erano decisamente approssimative, in cui addirittura non si credeva che il dolore provenisse dall’organo o dalla parte del corpo malata. Se a noi moderni questa concezione fa sorridere, perché ormai il binomio organo malato –dolore è stato comprovato da innumerevoli studi, nell’Ottocento sarebbe stato normalissimo prescrivere un lassativo in caso di mal di testa, febbre, bronchite o ancora peggio per una feroce dissenteria. Era idea dell’epoca che la purga avrebbe aiutato a purificare il sangue, ristabilendo così quell’”equilibrio” la cui rottura aveva causato la malattia, restituendo la salute al pupo. L’antica teoria degli umori, infatti, non ci ha mai lasciato completamente: nei secoli si è trasformata ed è mutata con la scienza medica, fino agli anni Venti / Trenta, quando nuove scoperte nel campo della fisiologia umana e l’accettazione che esistono patologie infettive causate dai batteri, hanno permesso il superamento di questa fantasiosa teoria che aveva ridotto i farmaci pediatrici a due classi. Se il bambino soffriva di avitaminosi di qualunque tipo, un bel cucchiaio di olio di fegato di merluzzo, per tutto il resto un purgante. La prescrizione era semplice, il vero problema era far assumere la medicina agli sventurati bambini, i quali, come Pinocchio, si accorgevano che forse non era quella grandissima idea, iniziando battaglie furiose a colpi di piagnistei e zollette di zucchero. Fu ovvio a questo punto che anche le nascenti case farmaceutiche decisero di muoversi per creare la “purga perfetta”, non solo efficacissima, ma che fosse così deliziosa e gustosa che assumerla fosse una gioia per i bambini. Nacquero così nei primi anni del Novecento le Fructine Vichy, al goloso sapore di arancio, i cioccolatini lassativi Kinglax, il mitico Purgante Aquila, l’antesignano “birichino” del Ciobar, e l’indimenticabile Dolce Euchessina, sommo premio e massima aspirazione del bambino “Buono”. Ma i lassativi non interessavano solo le mamme apprensive, anche le signorine degli anni Venti, che per ottenere il tanto agognato vitino di vespa come le star del grande schermo, seguivano diete assurde che prevedevano l’impiego di questi farmaci. Una delle così definite diete più tristemente conosciute è quella del sedano: dodici gambi di questa “appetitosa” verdura a pasto accompagnati da un bicchiere di latte e da tre lassativi differenti. Nella prima metà del Novecento è incredibile del numero di purganti in commercio, eppure la maggior parte nascondeva un terribile segreto: erano a base di fenolftaleina. Studi degli anni Novanta, infatti, hanno dimostrato che la molecola, oltre ad essere tossica per l’organismo umano, era anche cancerogena. Questa scoperta fu alla base di una tra le più grandi “mattanze galeniche” italiane: in una decade scomparvero farmaci come il Confetto Falqui, il Verecolene, il Lassativo Giuliani e moltissimi altri, quasi dimezzando il mercato esistente, e contribuendo ad assestare un duro colpo alle poche industrie farmaceutiche della penisola che erano riuscite a superare indenni la crisi degli anni Settanta. Insomma, Pinocchio, a posteriori, possiamo affermare senza ombra di dubbio che avevi ragione, prendere una purga per curare un febbrone, non è l’idea più geniale al Mondo, e forse eri più medico tu, che per curare il babbo malato gli portavi un bicchiere di latte al giorno, piuttosto che la Fata Turchina: chissà cosa gli avrebbe prescritto quella donna! Giulia Bovone del blog La Farmacia d’Epoca per Deliri Progressivi per altre scatole e curiosità: http://blog.libero.it/lfde/view.php?reset=1&id=lfde La Farmacia d'Epoca è un blog dedicato al collezionismo di vecchie scatole di latta di medicinali curato da Giulia Bovone. Dal momento che le informazioni su questi oggetti sono piuttosto rare, Giulia ha scritto un articolo sui "superfarmaci" per Deliri Progressivi. Tanti ci sono ancora mentre altri ci hanno lasciato, alcuni sono frutto di decenni di ricerca, altri invece sono figli di un colpo di fortuna, qualcuno ha cambiato in meglio la vita di molti, qualcun altro invece era disastrosamente inefficace: di cosa sto parlando? Ma di farmaci ovviamente! Sembra strano che una categoria di prodotti così “comuni” e forse anche un po’ odiati (soprattutto dai bambini!), possano essere qualcosa di più che semplici vettori per la guarigione dalle malattie: i farmaci sono storia. Le piccole scatole di cartone, i flaconi di vetro, le scatole di latta dei vecchi farmaci ci raccontano com’era il rapporto tra gli Italiani e la salute, di cosa si ammalavano, cosa utilizzavano per curarsi, cosa prescrivevano i medici, e soprattutto se alla fine guarivano. Il Novecento, infatti è stato un secolo in cui la farmacia ha compiuto passi da gigante, passando da farmaci e tecniche mediche ispirate all’Ottocento, che hanno perdurato fino agli anni Trenta, al “superfarmaco” degli anni Cinquanta – Sessanta, fino alla farmacia moderna, basata su dosi ridotte meno aggressive per l’organismo. Ma non ci si può limitare solo a quello, il rapporto tra gli Italiani e il farmaco è ancora più profondo, tanto da “rompere” la schematicità della storia per diventare un vero e proprio ricordo, legato indissolubilmente alla loro memoria. Il Rim, lo Streptosil, il Veramon, sono tutti nomi ad oggi dimenticati, che per molti invece ricordano l’infanzia o addirittura una persona: il nonno e le Pastiglie Bertelli, la zia che prendeva solo ed esclusivamente il Saridon e quelle tre confezioni di Formitrol memento di quella terribile tonsillite alla beata età di dieci anni. Tutti questi bei ricordi, ovviamente fanno sorgere un dubbio: perché tante delle “vecchie glorie” della farmacia italiana se ne sono andate? Il Formitrol è stato sicuramente uno dei farmaci più venduti ed apprezzati degli anni Cinquanta / Sessanta, con i suoi 2 cg di formaldeide era in grado di sconfiggere i mal di gola più terribili. Peccato che questa molecolina si sia poi dimostrata cancerogena nonché mutagena. Stessa fu la sorte del Rim, il lassativo più amato dai bambini: sotto forma di cubettini di marmellata era una ghiottoneria più che un farmaco, il che molte volte ha creato degli spiacevoli “incidenti di percorso” causati dalla troppa golosità. Ovviamente la marmellata da sé non bastava a fornire il desiderato effetto lassativo, e allora era necessario affidarsi alla fenolftaleina, che purtroppo anche lei bene non faceva. Infatti, quando negli anni Ottanta la molecola fu ritirata dal mercato, fu un brutto colpo per l’industria del lassativo italiano: più della metà dei farmaci dell’epoca erano a base di fenolftaleina. Lo Streptosil, insieme al cerotto Leucoplasto è un’icona della gioventù dalle ginocchia sbucciate, quanta streptomicina è stata usata dalle mamme per medicare i pargoli sempre per terra! Questo farmaco fu così tanto venduto e diffuso che ne nacquero delle diverse varianti anche per gli allergici ai sulfamidici. Oggi esiste ancora, ma con una diversa formulazione: insomma dello Streptosil originale conserva solo il nome. Già dai primi anni del Novecento, il Veramon era un’istituzione in caso di mal di denti, esattamente come lo era il Saridon per il mal di testa o i dolori mestruali. Peccato che il primo contenesse un derivato di barbiturici e il secondo un potente sedativo: per forza che funzionavano! Il nonno, invece, che ci teneva a curarsi ma solo in maniera naturale, per la sua tosse prendeva solo le Pastiglie Bertelli, all’estratto di Lactuca virosa, parente della comune lattuga da tavola, contenente alti tassi di lattucina, molecola che agisce a livello del sistema nervoso centrale per sedare la tosse, indurre sonnolenza e se sovradosata anche allucinazioni. Sì, la farmacia del Novecento riserva una grande quantità di sorprese, e se per caso vi foste arrabbiati a morte con le industrie farmaceutiche, vi fermo prima: quando questi farmaci furono ideati, ovvero nei primi anni del Novecento, non c’erano le conoscenze metaboliche e fisiologiche di oggi, perciò non si poteva sapere che questi medicinali avessero delle controindicazioni, e man mano che le nuove tecnologie si sono sviluppate, ecco che i nostri cari farmaci furono indagati a fondo, e nel caso in cui non fossero stati idonei, riveduti e corretti. Il mio lavoro, che svolgo tramite il blog La Farmacia d’Epoca è quello di conservare la memoria storica di questi oggetti, affinchè anche tra cent’ anni si sappia che Paneraj non è solo una marca di orologi, che Sapol Mani non è soltanto un calciatore togolese, che Solarson non è unicamente una ditta di impianti fotovoltaici e che di Carlo Erba c’è anche il pittore. Giulia Bovone del blog la Farmacia d’Epoca per Deliri Progressivi per altre scatole e curiosità: http://blog.libero.it/lfde/view.php?reset=1&id=lfde |
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