
Caro Simone,
come va? E in famiglia, tutti bene?
Innanzitutto, mi rendo conto di essere imperdonabile per il ritardo nell’inviarti questa lettera e se ti senti un pochino infastidito da questo mio solito procrastinare, hai pienamente ragione. Potrei appellarmi ai soliti motivi, quali mancanza di tempo oppure pigrizia o, ancora, l’amore che riempie dolcemente le mie giornate; in effetti, tuttavia, non ho scusanti se, dopo anni d’attesa, appena adesso appoggio la mia penna sul foglio.
Ah già, dimenticavo! Tu, abitante del Quarto Millennio, non hai mai visto una penna e un foglio. Come spiegarti? La penna è un cilindretto lungo 10-15 cm dalla cui punta fuoriesce un materiale lavorato col petrolio, cioè l’inchiostro; il foglio, invece, è un rettangolo bianco fatto di carta ottenuta, a sua volta, dai vegetali. Ti prego non ridere, Simone! So bene che non sono un genio nel descrivere gli oggetti del mio tempo. È palese che, per uno di voi, sono arnesi bizzarri! Provo immensa vergogna nel sapere che il nostro spreco ha esaurito le risorse di petrolio e ha distrutto, irrimediabilmente, il patrimonio di legname che possedevamo.
La Foresta Amazzonica è un meraviglioso esempio di polmone terrestre ed è terribile che tu non abbia avuto la fortuna di conoscerla. Non chiedermi di spiegarti il motivo di questo disastro perché, in realtà, non saprei cosa risponderti. Posso dirti che il grande uomo, ad un certo punto, si è messo in testa di dominare la natura e, io come tanti, non ho saputo fermarlo. Ti chiedo umilmente scusa e spero che mi perdonerai.
Ho fatto una piccola pausa e, in questo momento, ho ripreso a scriverti. Ho riflettuto che ci sono tanti motivi per chiederti scusa. Per esempio, la mela che mangio! Mi dispiace che voi dobbiate riprodurle in laboratorio. Tutt’oggi, quando ci penso, rabbrividisco! Non è una bella eredità avervi donato piogge acide e scarichi chimici di ogni tipo. Chiedi scusa sentitamente a tua moglie da parte mia se non ti ha mai potuto far gioire con una dolcissima torta di mele.
Sai, Simone, io l’avevo accennato ad alcuni tecnici che le onde elettromagnetiche provocano tumori e gli comunicai anche quanto l’aria che respiriamo non sia più pura come dovrebbe. Nonostante io stesso abbia subito questa malattia (per fortuna superandola), nessuno mi ha voluto ascoltare. Come ben sai, da sempre, l’uomo pensa ai suoi interessi economici a discapito della salute pubblica. Il piccolo Stefano è guarito? È assurdo che gli sia bastato uscire dieci secondi a giocare all’aperto per rimanere intossicato dall’aria respirata. Non mi sento di guardarti negli occhi: la colpa è nostra!
Ho preso una maglia perché sento freddo. Sì, amico mio, siamo a giugno 2013 e il tempo è completamente impazzito. Non è facile raccontarti di inverni caldi ed estati fredde e piovose. Non è facile sapendo che tu quotidianamente vivi con terremoti, cicloni e atmosfere nebbiose. Perlomeno, noi il sole possiamo ammirarlo. Voi, del Quarto Millennio, riuscite a malapena ad osservarlo quando fa capolino all’alba giacché poi sparisce dietro la cortina di fumi chimici e gas atmosferici. Piangendo, ti chiedo scusa Simone se non siamo intervenuti in tempo.
Vorrei scriverti dieci pagine per scusarmi di ogni mancata eredità che non ti abbiamo lasciato. Ho deciso, tuttavia, di uscire e agire perché, forse, posso ancora salvare il nostro amato mondo. Prendo l’automobile e vado. Anzi, esco a piedi che è meglio.
Per adesso, scusami e spero che tu sappia portare meglio il nostro nome.
Con affetto e speranza,
Simone