di Simone Guaragno «La vita va vissuta comprendendo che è un bene unico e prezioso. Non si può buttarla via». «Dove mi trovo?» si chiese Sebastiano che barcollava per il senso di confusione. Faticava a riconoscere le abitazioni intorno e persino la strada non gli era molto familiare. Cercava, vanamente, un appoggio o un appiglio qualunque per non cadere in terra. Tutto inutile al punto che si era, ormai, preparato all’evento doloroso. Quando stava per soccombere, una mano e una voce gentile gli porsero l’aiuto decisivo. «Coraggio, Sebastiano! Aggrappati a me» pronunciò, delicatamente, lo sconosciuto. «Chi sei? Perché mi soccorri?» rispose il giovane, con tono sorpreso e scontroso. «Quanta diffidenza! C’è bisogno di un motivo per sostenere un amico?». «Amico? Non mi sembra di aver mai visto il tuo viso. Ci conosciamo?». «Sono Gabriele. Sei rimasto rintontito per lungo tempo; perciò non ti ricordi di me». «Veramente non mi sovviene proprio niente che ti riguardi. In effetti, non stavo bene fino a poco fa; sembra, però, che adesso sia passato ogni dolore. Sai dirmi dove siamo e cosa è successo?». «Non riconosci la tua città? Ieri sera sei stato in un pub a divertirti con Raffaele e hai bevuto in maniera sconsiderata. Hai mischiato birra, vino e alcool di ogni tipo. Come se non bastasse, hai fumato con altre persone. Infine, quando avete deciso di rincasare, il tuo amico era sobrio e ti ha suggerito di guidare al posto tuo notando lo stato di ubriachezza in cui versavi, ma non hai accettato perché la tua auto non vuoi farla toccare». «Sì, ora rammento l’accaduto. Siamo partiti sfrecciando e ho voluto dimostrare che sono padrone della strada anche ad alte velocità» affermò, spavaldo, Sebastiano. «Complimenti! Ti sembra un ragionamento corretto? A un incrocio, hai causato un incidente terribile a causa della tua scarsa lucidità. Ti rendi conto?» sferzò Gabriele con le parole. «Raffaele si è salvato?». «Sì, per pura casualità! Ha, soltanto, qualche graffio». «Quante storie per un po’ di divertimento! Ho vent’anni e so esattamente cosa voglio. Come vedi, siamo illesi. Tutto è bene quel che finisce bene». «Sebastiano, non stai usando il cervello. La vita è un bene prezioso e va preservata agendo con la giusta dose di equilibrio, per quanto possibile». «Per favore, non iniziare con la predica. Non credo che abbiamo una tale confidenza per dirmi ciò che devo fare. Nemmeno sono riuscito a ricordare come ci siamo conosciuti». «Un amico può consigliare per il meglio, non credi? Mi auguro che tu capisca i tuoi errori» proferì, dolcemente, Gabriele. «Quale amicizia! Piuttosto, andiamo a recuperare la mia auto e stasera ti offro un bicchiere di vodka. Quel locale dove sono stato è una meraviglia!». «Io sono astemio. Tra l’altro, devo comunicarti una brutta notizia». «Immaginavo che un tipo come te non bevesse. Quale notizia? È malandata la mia piccola? Posso vederla?» domandò, preoccupato, Sebastiano con il volto intenerito al pensiero della sua povera macchina. «Vieni con me! Siamo vicini al luogo dello scontro». Camminando verso l’incrocio incriminato, il ragazzo riconobbe un’amica che, tuttavia, non rispose al suo saluto caloroso. «Eccoci siamo arrivati! Esamina in quali condizioni è la tua piccola, come la chiami tu». «Poveretta! Penso che si possa salvare. Che ne pensi?». «Ha bisogno di un intervento di riparazione costoso; tornerà nuova fra qualche giorno. Non è lei, tuttavia, il problema. Gli oggetti si possono salvare, ma le persone non sempre hanno una seconda possibilità» affermò Gabriele che assunse un tono solenne. «Cosa vuoi dire? Non comprendo». «Lo capirai presto! Ti basti sapere che il giovane con cui hai avuto l’incidente si chiama Michele, ha vent’anni come te ed è in coma. Forse non ce la farà e i suoi familiari sono disperati. Vedessi che lacrime e che dolore. Mi si stringe il cuore ogni volta a guardare tali scene». «Mi dispiace moltissimo per lui. È colpa mia?» sussurrò Sebastiano che, per la prima volta, sentiva un briciolo di rimorso. «È dipeso da entrambi. Anche lui ha bevuto ieri sera. Purtroppo, però, noto che non hai imparato niente dall’accaduto. Continui a perseverare nell’errore con la tua immaturità». All’improvviso, l’attenzione del giovane fu attirata dal passaggio di una figura. «Quello vicino all’auto è Raffaele, vero? Ehi Raf, sono qui. Raf come stai? Perché non risponde?». «È infuriato con te per il tuo comportamento. Mi dispiace essere proprio io a infliggerti questo duro colpo». «Mi sembra triste e che stia quasi piangendo, eppure è sempre stato un ragazzo allegro e di compagnia. Che gli succede?». «Ha perso un amico. È uno tra i dolori più tremendi che un individuo possa provare» asserì Gabriele che aveva lo sguardo amaro e compassionevole di chi ha conosciuto ogni tipo di sciagura. «Non mi ha perso! Ci divertiremo ancora da matti insieme». «Con un incosciente come te, è meglio perdere la compagnia». «Sei molto duro» balbettò Sebastiano, col capo chino in segno di sconforto. «Sbagli! Io vorrei che fossi sereno davvero. Cos’è quell’aria da cane bastonato? Hai il tuo bicchierino di vodka che ti tirerà su il morale. Inoltre, sei libero di decidere come meglio credi. Hai detto poc’anzi che questa libertà assoluta ti fa sentire felice. Dico bene?». «Non ne sono più sicuro. Mi sento molto solo senza i miei amici e ho una strana sensazione di freddo che mi percuote fino a toccare il mio animo». «Vedrai che passeranno questi cattivi pensieri in pochi attimi. Fidati di me». «Perché sei tanto sicuro? Cosa te lo fa pensare?». «Vuoi venire a trovare Michele? Si è appena svegliato. Quando saremo lì, comprenderai le ragioni della mia certezza». Sebastiano dubitò per un istante delle parole di Gabriele e avrebbe voluto chiedergli come sapesse dell’improvvisa uscita dal coma del ragazzo. Lo seguì, tuttavia, senza indugio e senza fiatare perché percepiva che era la via corretta da scegliere in quel momento. S’incamminarono verso l’ospedale e lo raggiunsero in pochi minuti. Quando entrarono nella stanza senza alcuna opposizione da parte degli infermieri, il giovane era intento a farfugliare poche sillabe con la madre. «Come stai, Michele?». «Mamma, non è possibile!». «Non ti sforzare. Ho già capito tutto! Sono le mie solite domande sciocche. Come vuoi che si senta uno che è stato in coma dopo un incidente tanto brutto e si è appena ripreso?». «Eh…» fu la risposta flebile del ventenne senza forze che associò un cenno altrettanto debole della testa in segno di approvazione. «Nonostante avessi bevuto tanto, ti sei messo alla guida dopo l’uscita dalla discoteca. Perché sei stato così sciocco?». Michele non manifestò alcun segno. Stavolta non era una mancanza del fisico; il suo animo era decisamente sconsolato. Appena sveglio, si era rivolto immediatamente ai medici chiedendo se fosse deceduto qualcuno in quel maledetto scontro. La notizia lo aveva turbato. «Non affaticarti! So perfettamente che sei sconvolto per la morte di quel ragazzo. Quando avvengono tali eventi tragici è sempre un duro colpo al cuore; assai peggiore è la sensazione quando la scomparsa riguarda un individuo con la vita e i sogni ancora da perseguire» espresse, saggiamente, la donna. Lo sguardo di Sebastiano interrogava gli occhi di Gabriele. Credeva di non aver compreso bene. «Mamma, ho deciso di limitarmi molto nel bere e se lo farò, non toccherò il volante. Te lo prometto!» sputò il paziente con tutta la forza che possedeva in quell’istante. «Sei stato semplicemente fortunato, figlio mio. Sono contento che ti sia ravveduto e questo mi rende più serena». Il silenzio regnò sovrano, per qualche minuto, tra i due giovani che uscivano dall’ospedale. Poi, riprese il dialogo con toni diversi dai precedenti. «Adesso è tutto chiaro! Quei mancati saluti e quelle lacrime del mio amico erano per me. Non mi sono salvato dall’impatto». «Purtroppo, hai battuto la testa contro il vetro ed è stato un trauma fatale». «Che succederà a questo ragazzo?». «Ha inteso la sciocchezza che commetteva a comportarsi in modo insensato. Avrà un’esistenza tranquilla e con grandi gioie, senza compiere alcuna immaturità». «E Raffaele?» indagò Sebastiano con impazienza e preoccupazione. «Domattina farà visita a Michele. Diventeranno grandi amici e manterranno vivo il tuo ricordo in fondo al cuore». «Possiamo andare, Gabriele. Avevi ragione dal principio; sono felice che loro abbiano avuto la seconda possibilità che a me non è toccata». «La vita va vissuta comprendendo che è un bene unico e prezioso. Non si può buttarla via». Con queste ultime parole, i due sparirono nel nulla spazzando via l’incoscienza di Sebastiano. Simone Guaragno Simone Guaragno nato a Bari il 3 settembre 1976 e risiede ad Adelfia (BA). Diplomato ragioniere programmatore e scrittore dall’età di 14 anni; oggi è poeta, aforista, romanziere e saggista. A 16, è stato redattore di un giornalino locale. Fondatore nel 2000 dell’associazione socioculturale no profit NUOVIDEA con la carica di Vicepresidente. Membro di giuria e presentatore del concorso letterario per le scuole elementari adelfiesi. Ha partecipato alla realizzazione di importanti attività di volontariato e recupero sociale per i bambini disagiati. Nel 2007, l’amara esperienza del tumore che ha sconfitto alla fine del 2009. Nel suo scritto “Il sapore del pane”, parla della malattia e dichiara l' amore per la vita. Ad aprile 2011, il primo libro “Stralci d’anima” e a dicembre 2012, il secondo libro “Oltre l’Argine”. Ha ottenuto diversi premi tra cui: 1° posto nel Premio Internazionale “Federico II e i poeti tra le stelle” 2012 (sezione SAITPUGLIA), 4° posto nel Premio Letterario “Streghe Vampiri & Co.” organizzato dalla Giovane Holden Edizioni, 3° posto con menzione speciale della giuria nel Concorso Letterario Internazionale “Emozioni in bianco e nero” 2012. Presente in antologie, siti e giornali. Interessato di storia romana antica, letteratura, musica e meteorologia. Attualmente è impegnato nell’organizzazione di eventi culturali sul territorio adelfiese.(http://www.simoneguaragno.it)
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