Alessandro Bellomarini ha incontrato e intervistato per noi lo scrittore Dylan Moriarty, che ha appena edito il suo primo romanzo dal titolo: "Se ripenso a quegli anni". Da questo incontro ne è nata una bella chiacchierata. Dylan Moriarty: parlaci un po’ di te e di come è nata la voglia di scrivere questo romanzo dal titolo “Se ripenso a quegli anni”? Beh, diciamo che secondo me, ognuno possiede un libro dentro di sé. Io ce l'avevo da tempo, ma mi preoccupavo sempre di come avrei dovuto strutturarlo. Per cui sono partito da google, scrivendo: come si scrive un libro? Quando poi ho scoperto tutte le complicazioni che ne uscivano fuori, tutti i paletti legati alla struttura, al testo, alla caratterizzazione dei personaggi etc, ho compreso che c'erano troppi ostacoli e ho lasciato perdere. Ho pensato che avrei rischiato di andare avanti per un po' e che poi sarei rimasto stritolato dalle lacune, da quello che poi non tornava tra pagina 15 e pagina 164, dalle contraddizioni che c'erano nei vari capitoli e da personaggi che avevano identità discordanti da pagina a pagina. Insomma, tutto un minestrone di paranoie che mi portavano a pensare che avrei potuto fare la fine del creatore di Lost, che si addentra in una trama così complicata che poi non sa più come uscirne e fa finire la serie a ca**o, lasciando tutti con la bocca di sbieco. Poi, un giorno mi sono semplicemente messo lì a buttare giù qualcosa senza avere la minima idea di nulla, nemmeno di quello che avrei scritto nel rigo successivo. Da quel momento non mi sono più fermato e ho finito un libro in cui alla fine tutto torna. O almeno credo. Di che tratta la storia? La storia tratta di due amici d'infanzia, che crescono insieme e in età adolescenziale conoscono la droga. Da quel momento in poi, per loro inizia un percorso ad ostacoli che getta i due in situazioni pericolose. Attorno ruotano i complicati rapporti famigliari, la difficoltà nella scuola, il velo che impedisce di vivere una normale storia d'amore a causa della dipendenza. Non mancano comunque moltissimi episodi divertenti, tanta leggerezza adolescenziale e la semplicità degli anni 90. Cavalcare l’onda della nostalgia e il tempo che fu, secondo me, nasce dal fatto che in questo nuovo millennio c’è molto poco di interessante e, soprattutto, poco che valga la pena ricordare in futuro. Nel tuo romanzo, gli anni ’90 sono narrati come un periodo in cui si stava meglio o il tuo protagonista desidererebbe una vita migliore? Gli anni 90 visti da me sono stati anni fantastici, poiché riguardano la mia giovinezza. Sono consapevole però del fatto che ognuno sia convinto che gli anni in cui era giovane fossero migliori di quelli che sono venuti dopo. Chi ha vissuto gli anni 60 dice che a loro batteva il cuore. Come se noi fossimo androidi. Quelli degli anni 70 se la tirano dicendo che in quegli anni il mondo è cambiato. E forse non hanno nemmeno tutti i torti. Quelli degli anni 80 hanno tirato giù il muro di Berlino e mettici una pezza. E noi che abbiamo vissuto gli anni 90, cosa abbiamo da ricordare, a parte il servizietto di Monica Lewinsky a Clinton? Io però non ci casco. Penso che ogni epoca ha i suoi lati positivi. Per esempio, anche se ho amato gli anni 90 posso dire che in quegli anni non avrei mai potuto pubblicare un libro da solo. Che sarei comunque diventato sordo col ticchettio della macchina da scrivere e mia moglie mi avrebbe mollato, sempre a causa del ticchettio, e per via del fatto che ero diventato sordo e non la ascoltavo più. Senza contare che, se avessi dovuto fare tutte le ricerche su un'enciclopedia, ci avrei messo vent'anni per trovare tutto. Facendo un rapido calcolo, avrei comunque finito il libro nel 2017. Quindi viva gli anni 2000. Essendo Deliri Progressivi una rivista che tratta molto spesso di rock, una domanda in tal direzione è d’obbligo: affermi che il tuo protagonista, Rudi, sia un fanatico della musica, dell’Inghilterra e delle droghe pesanti. Quali sono le principali colonne sonore di questa storia? Tale colonna sonora rispecchia anche il vissuto di Dylan? La colonna sonora del libro non si limita ad un genere specifico. A seconda dei momenti che i due ragazzi vivono, c'è una canzone appropriata che li accompagna. Certo, gli spunti musicali del libro si fermano chiaramente a prima del 2000, essendo ambientato a cavallo tra il 98 e il 99. Chiaramente quella più ridondante è quella del filone brit-pop dei Blur e degli Oasis. Rudi, spesso nel libro riflette con una canzone btit-pop che l'accompagna dallo stereo. Chiaramente io ho amato quel genere di musica, quindi quelle che vengono citate nel libro sono di un gusto puramente personale. Nel mondo del cinema si chiama “semina e raccolto” quel processo in cui se, in un certo momento della narrazione, inserisco un elemento che poi in momento di spannung o nella fase finale, mi può tornare utile per la chiusura di un cerchio. Tale elemento è secondo me fondamentale per sviluppare una storia con numerose sotto-trame, così come è la tua, anche se parliamo di un romanzo o non di sceneggiatura. Ci sono, appunto, degli elementi decisivi e fondamentali per la struttura della tua storia? Nel mondo della musica alcuni artisti avevano l'abitudine di mettere nei propri lavori, delle ghost tracks. Ovvero dei minibrani di durate che variavano in genere dai 3 ai 30 secondi, generalmente inserite verso la fine dell'album. In questo modo, se si lasciava scorrere il nastro nello stereo, dopo averlo ascoltato fino alla fine, con grossa sorpresa, si poteva improvvisamente sentire una qualsiasi traccia, seppur breve, che fosse totalmente inedita. Magari un pezzo che facesse da preludio a qualcosa su cui si stava lavorando per un nuovo disco o semplicemente un momento in cui ci si stava divertendo in sala prove. Anche io, prendendo spunto da questa idea, ho disseminato nel libro alcuni elementi apparentemente futili, ma che poi saranno determinanti nel finale. Il libro stesso ha un titolo per ogni capitolo. Apparentemente il titolo sembra rivelare quello che poi accadrà all'interno dello stesso capitolo. In realtà, molto spesso, solo quando si è finito il capitolo, si capisce cosa volesse realmente intendere il titolo. All'interno dei capitoli stessi ci sono altri piccoli sottotitoli, dove in alcuni casi mi sono letteralmente divertito a confondere il lettore sul perché lo avessi intitolato così. Solo dopo aver letto tutto il libro, scorrendo indietro nelle pagine si scoprirà il senso di alcuni sottotitoli. All'interno dello stesso libro poi, è stato divertentissimo inserire numerosi riferimenti a film che ho amato. Riferimenti però assolutamente non lampanti, ma che solo persone molto attente riusciranno ad identificare come tali. Anche per questo nella trama che è stata recensita, si è fatto riferimento alle scatole cinesi. Oltre all’eventuale esperienza personale, che tipo di ricerca e documentazione hai fatto per lo sviluppo e l’approfondimento psicologico dei personaggi e dei molteplici ambienti che frequentano? Per la psicologia dei personaggi mi sono semplicemente affidato ai due protagonisti. Quando ho cominciato a pensarci, mi sono impersonato in loro e ho cominciato a ragionare con le loro teste. Dopo ho cominciato a vedere l'uno con gli occhi dell'altro e il contrario. Infine ho ragionato su quali potessero essere i personaggi più adatti a girare intorno ad essi. In alcuni casi la narrazione in prima persona passa da Rudi a Tony. In questo modo sono riuscito ad usare una psicologia a specchio, così da regalare al lettore anche un altro punto di vista oltre a quello di Rudi. Nei molti monologhi interiori dei due ragazzi, il lettore riesce a comprendere anche quello che realmente pensano l'uno dell'altro ma che nascondono all'amico per paura di ferire. Spesso i due hanno opinioni negative rispetto al compagno, ma tendono a non esternarle, tenendole opportunamente per sé. Il lettore può così visualizzare come uno, agendo, abbia un'idea molto buona di sé, mentre l'altro trova lo stesso atteggiamento quasi ai confini del ridicolo. Lasciando lo spettatore che legge, giudice su chi dei due la veda nella maniera giusta. Spesso atteggiamenti canzonatori rasentano i confini del fanciullesco, riportando i due agli stessi giochi della loro infanzia. Per quanto riguarda invece le ambientazioni, ho dovuto compiere numerose ricerche e sopralluoghi. Questo per far sì che geograficamente tutto corrispondesse al narrato. Operazione resa notevolmente difficile dal passare degli anni. Infatti alcuni luoghi sono cambiati a livello architettonico e ho dovuto scavare in archivi, chiedendo anche a persone del posto quando avessero deciso di ristrutturare un determinato ambiente. Mi ha aiutato spesso anche una buona memoria. Alcuni luoghi sono invece totalmente di fantasia. Lo stesso quartiere dal quale provengono i due ragazzi, per esempio, non si riesce a comprendere realmente. Vengono citati alcuni quartieri limitrofi, ma non si capirà mai dove vivono i due protagonisti. Tony, un altro protagonista, ha la particolare caratteristica di parlare con scarafaggi inesistenti. Come è nata l’idea di sviluppare questa particolare quanto originale sfaccettatura psicologica e caratteriale? Nelle dipendenze da droga possono esserci dei giorni in cui si fa fatica a trovare la dose necessaria. Vuoi per un periodo di vacche magre in cui c'è penuria di droga, vuoi per mancanza di soldi. Dopo lo sballo iniziale, la droga dà dipendenza e non se ne può più fare a meno. Nel momento in cui, come dicevo, la droga viene a mancare l'organismo ne avverte la mancanza e va in crisi d'astinenza. La crisi si può manifestare in mille modi diversi e spesso sfocia anche in deliri di allucinazione. Ecco perché Tony in alcuni momenti vede scarafaggi ma anche tanti altri insetti in genere e addirittura ci si affeziona talmente tanto da parlarci ed entrare in confidenza con loro. I due ragazzi, nei vari capitoli, provano un po' tutte le droghe del mondo. Ogni droga dà un tipo di astinenza diversa. Per esempio l'alcol, insospettabilmente, crea un' astinenza che viene considerata tra le più feroci che esistano. Le stesse sigarette, seppur in maniera lieve, portano a crisi coloro che ne rimangono sprovvisti per un lungo periodo. Affermare di scrivere liberamente e senza censura obbliga ad una certa sincerità con il lettore. Credi di aver partorito un romanzo neo-neo realista o alle volte la fantasia ha preso il sopravvento? Non saprei proprio come definire il mio stile. In realtà abbraccio mille argomenti: musica, cinema, scuola, famiglia, amicizia, amore, tradimento della fiducia, bugie, sport e cartoni animati. Quello che posso dire è che nel 90% del libro, la fantasia supera la realtà. Nei dialoghi, per esempio, la fantasia la fa da padrona. Se avessi dovuto attenermi ai discorsi del quotidiano, molti dialoghi avrebbero dovuto ricalcare il nostro parlato di tutti i giorni. Con dialoghi tipo: Ciao. Ciao... come stai? Tutto a posto... E i pupi? Crescono? Sì... quello piccolo ha avuto la febbre ed abbiamo passato le feste a casa. Uh, che peccato. Dai, dai... l'importante è che ora stanno bene. Come si dice... l'importante è che c'è la salute. Ok, dai un giorno ci vediamo per un caffè. A presto. E che due palle, il neo-neo realismo preso alla lettera, vero? D'altra parte, dove però ho totalmente sterzato ed ho creato situazioni veramente reali è nei momenti in cui i personaggi fanno riflessioni interne. Beh, lì ho lasciato scorrere un fiume senza censura, che libera pensieri che di solito restano ingabbiati in noi per paura di essere giudicati. Nascondendo il tutto dietro al fatto che, essendo pensieri muti, nessuno li può sentire. È qui che interviene quel filo di voyeurismo di cui si parla nella trama. Poi ho abbandonato tutti quei cliché che si trovano nel 90% dei libri odierni. Io ho fatto caso al fatto che i protagonisti, in genere, sono sempre degli ottimi scopatori, che le donne quasi sempre cadono ai loro piedi e che quando fanno a botte, in un modo o nell'altro, vincono sempre. Nella realtà invece le cose vanno in maniera leggermente diversa. C'è l'ansia da prestazione, le donne ci si fumano e in genere la prima sberla che vola la prendiamo noi. Ogni riferimento a me stesso è puramente casuale. Come hai intenzione di promuovere questo romanzo? Potremo vederti dal vivo da qualche parte? Oddio... dal vivo vediamo secondo l'ansia da prestazione sopracitata. Poi, sicuramente condivisioni martellanti su fb dagli amici, spero. Non ho molte altre armi economiche a disposizione. Poi, naturalmente spero nel passaparola di tutti coloro che leggeranno il libro. Spero succeda come nella Bibbia... crescete e moltiplicatevi. Progetti per il futuro? Ti vorrei dire che, avendo le mani in pasta in tutto il mondo dell'arte, sto lavorando assieme ad un amico, su un soggetto cinematografico per un film horror. Che sto scrivendo alcuni brani musicali, poiché suono (male) un po' tutti gli strumenti base, quindi scrivo e arrangio canzoni da me. Che sto scrivendo un nuovo libro per ora del tutto top secret. Ma in un futuro piu neo-neo realista vedo me che vado al lavoro e poi torno a casa da mia moglie e i miei figli e che, poi, se mi avanzano cinque minuti, lavorerò a tutto quello di cui sopra. DYLAN MORIARTY Dylan Moriarty è nato a Roma il 22/5/1975. Ha vissuto a Londra e New York. Ha passione per la musica e il calcio. I suoi hobby preferiti al momento sono gli scacchi e il golf. Alessandro Bellomarini
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