
di Michela Zanarella
La sua pagina fan su Facebook ha superato i 38.700 “like” in poco tempo, il suo tour radio è un crescendo di successi.Tino Bisagni, autore e compositore di grande sensibilità artistica, nato a Parigi, vive e lavora in Svizzera ed ha una carriera di autentico spessore. I suoi album , “Catch me!” e “Looking at you”, sono in tutti i negozi di vendita on line. L’ultimo album è 4° in classifica sulla top chart di Reverbnation per la sezione pop. Michela Zanarella lo incontra per un’intervista esclusiva
D- Ti sei avvicinato alla musica in giovane età. Cosa significa essere figlio d’arte? Che ricordi hai della tua infanzia? Ci racconti qualche episodio particolare?
R- Essendo cresciuto in pieno ambiente artistico e grazie a mio padre, Getty Bisagni, pittore di rilievo internazionale, sono già da piccolo abituato a stare in compagnia di grandi personaggi. Walter Chiari era un amico di famiglia. Lucio Battisti passava delle serate con i miei genitori un locale nel centro di Milano che si chiamava “Da Pino, alla parete”. Pino, un filantropo che spesso aiutava gli artisti a cui dava volentieri un buon pasto in cambio di uno schizzo o un ritratto, era anche mio zio. E così era del tutto normale passare qualche serata con a fianco le Gemelle Kessler, anche loro frequentatrici del locale, e persino Christian Barnard, il famoso chirurgo Sud Africano che per primo effettuò il trapianto di cuore. Non parliamo di grandi personaggi della pittura e tantissimi altri che incrociavo regolarmente.
In questo modo ho potuto vedere il mondo artistico fin dalla mia nascita, dal suo interno prima ancora che entrassi a farne parte io. Vedevo la fama, nel suo significato più ampio, con il suo volto reale, con le illusioni, le soddisfazioni ma anche le amarezze e le tristezze.
Per questo nella mia vita ho sempre rivolto le mia attenzioni a quei miei colleghi molto bravi ma che non raggiungevano vette che meritavano ampiamente mentre altri di capacità molto più scarse, ottenevano successi del tutto immeritati. Hai presente la canzone che personalmente odio, di Gianni Morandi, “uno su mille ce la fa”? Ecco, io ho sempre cercato di andare a braccetto con gli altri 999. Quell’uno su mille ha sempre rappresentato per me quella figura odiosa di uno che arriva al successo prevalentemente per culo, anche se bravo, ovviamente, ma sempre per culo.
Mi sono dedicato quindi alla tutela dei diritti dei artisti, dei musicisti, dei lavoratori dello spettacolo con varie associazioni che ho costituito, rintracciabili tranquillamente su internet digitando il mio nome e spulciando una ventina di pagine che riportano il link delle attività esposte su internet.
Sono tuttora Presidente in Svizzera dell’associazione per la tutela die Diritti Civili, Il COSTUDICI ( www.costudici.org ) che ha la sua pagina anche su Facebook, un’associazione di quelle VERE, senza peli sulla lingua che non dipende politicamente da nessuno.
Resto continuamente in contatto, grazie a Facebook, con molti miei colleghi dei locali notturni con i quali mantengo uno splendido rapporto di reciproca stima ed affetto. Molti di loro si sono trasferiti all’estero, e molti altri vorrebbero andarci ma non per suonare, per starci. Questo la dice lunga su quanto è cambiato nell’ambiente musicale col tempo.
D- Il tuo percorso di studi prettamente tecnico ti ha portato dei benefici anche nella musica?
R- Grazie agli studi di elettronica sono riuscito a fare delle sperimentazioni e ricerche,
a 14 anni già stupivo i miei compagni, pensa che avevo costruito un distorsore e mi ingegnavo spesso nella creazione di sonorità particolari. Mio padre mi ripeteva sempre di mettere le spalle al sicuro, di fare degli studi che mi garantissero una tranquillità nel tempo, così ho proseguito in quella direzione, mantenendo sempre vivo il mio interesse per la musica. Tutto andava di pari passo.
D- Ci citi alcuni artisti con cui hai collaborato durante la tua carriera?
R- Ho suonato con vari artisti durante varie tounées. Ero una buona spalla ma con nessuno di questi è mai nata una vera amicizia e professionalmente erano più gelosie ed invidie a farla da padrone. Ero piuttosto coinvolgente, parlavo col pubblico, scaldavo l’ambiente al punto tale che davo fastidio non tanto al gruppo, ma agli organizzatori e agli agenti del gruppo. Per questo spesso ci spegnevano i monitor sul palco, dato che per forza di cose, di spazio e di personale, dovevamo suonare con la strumentazione del gruppo attrazione e non riuscivamo più a sentirci. Da buoni professionisti in quella metà degli anni 70, avevamo però i nostri trucchi per sincronizzarci seguendo la batteria, col batterista bravissimo che cercava di minimizzare i passaggi per non mandarci fuori tempo.
Ho trascorso serate musicali con Memo Remigi, Giovanna, Leone di Lernia, che allora andavano fortissimo ma col tempo nessuno di questi si è più ricordato di nulla. Persino Memo Remigi che a suo tempo ho cercato di contattare via Facebook non mi ha mai risposto. Io stavo con il mio gruppo, loro si esibivano insieme a noi e poi ognuno per la sua strada, malgrado promesse, progetti che ci si scambiava al momento, ma che passavano subito nel dimenticatoio.
Non ho mai suonato con nomi famosi, perché già a 19 anni avevo costituito il mio gruppo. Ho sempre avuto una costante continuità lavorativa come musicista e non sono mai rimasto a piedi lavorando prevalentemente nei locali notturni. Forse per questo né io avevo la necessità di rivolgermi ad altri, né altri a me per cui sono andato avanti per mia grande fortuna con la mia tranquilla carriera, senza compromessi, senza pericolosi sbalzi di livello. Questo non significa non avere grandi ambizioni, anzi ne ho sempre avute molte, ma queste vanno rapportate alla propria realtà. Nel mio giro professionale ero conosciuto ed apprezzato e tanto mi bastava per non scendere a compromessi di cui col tempo avrei potuto pentirmi.
D-Quali sono le situazioni, i riconoscimenti che più ti hanno gratificato?
R-Quest’ impostazione professionale mi ha permesso di viaggiare molto, di conoscere molti paesi, persone, usi e costumi. E’ sempre stato il lato più entusiasmante del mio percorso. Conoscere nuovi posti da turisti è un conto, ma conoscerlo da musicisti è tutta un’altra cosa. Si diventa durante il periodo di permanenza che può durare dai quindici giorni a due, tre o quattro mesi, parte integrante del luogo, come se si vivesse lì da molto più tempo.
Viaggiare mi ha permesso di approfondire le mie conoscenze con la fotografia e con le riprese video, cosa che mi è tuttora di enorme utilità. Anche qui come nella musica, ho ricevuto vari premi, ma nulla che valga veramente la pena di essere citato.
Invece il riconoscimento ufficiale, una bellissima coppa, consegnatami dal Presidente del Consiglio delle Landes, in Francia, per la realizzazione del mio album musicale “Catch Me” è importante in quanto mi ha permesso di passare all’attenzione delle Arts-Sciences- Lettres dell’Accademia di Parigi la quale mi ha conferito un’onorificenza che mi sarà consegnata durante la cerimonia di premiazione l’8 giugno a Parigi, nei saloni dell’Opéra, Ravel et La Verrière de l’Hôtel InterContinental Paris le Grand. E’ per me una soddisfazione inequiparabile, ponendomi orgogliosamente sulla scia di grandi nomi di fama mondiale appartenenti alla Società Accademica.
D-Una tua riflessione sui talent show. Secondo te emerge davvero il talento da queste trasmissioni?
R- Sono trasmissioni fatte a tavolino, non c’è quasi niente di reale, una volta il musicista, l’artista faceva un percorso di crescita, una gavetta, adesso si mira subito al successo. C’è gente di talento, ma i talenti sono davvero pochi.
D-Una tua definizione di poesia.
R- Lo straordinario potere di saper adagiare le proprie emozioni nell’animo altrui.
D- Che cosa rappresenta nella tua quotidianità la musica?
R- La musica è tutto ciò che si sente. Se è sgradevole diventa rumore. Quando parli emetti note musicali che possono essere trascritte. Una persona può avere una parlata gradevole o sgradevole, noiosa o entusiasmante a seconda delle note che emette. Un cane non capisce tutte le parole che gli rivolgi, ma capisce il tono della tua voce e questo tono potrà incutergli sicurezza, tranquillità paura o terrore. Questa è la musica di tutti i giorni, è il vero linguaggio universale di tutti gli esseri viventi.
D-Progetti per il futuro?
R- Sto lavorando ad alcuni progetti musicali per la Francia, non voglio anticipare troppo. Mi raccomando seguite tutte le mie prossime attività sul sito di ELFA Promotions!
CONTATTI:
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