![]() Quello di cui vi scrivo stasera è veramente un gradito ritorno in musica. "Phoenix" è il nuovo album di inediti dopo dieci anni, della storica rock band belga Machiavel, che prende il nome dal nostro Niccolò Machiavelli e che tra l'altro esce per una label italiana come la Vrec. Hanno momentaneamente abbandonato il movimento prog, anche se non del tutto, col quale erano partiti con i primi album, ma per fortuna hanno deciso di fare un disco rock, abbracciando anche un certo tipo di pop di fattura elegante e soprattutto ben suonato. Chi sono i Machiavel: Iniziano negli anni 70 in Belgio, con un melodic prog tecnico, per poi piano piano spostarsi verso un genere più commerciale col quale arriverà il successo anche in Italia. Tra l'altro nel 1977 entra nella band Mario Guccio, il nuovo singer di chiare origini italiane, rimasto nella band fino al 2018, anno in cui purtroppo si è arreso ad una grave malattia. Ed è a lui che è dedicato “Phoenix”. In questo disco fa il suo esordio invece, il nuovo cantante Kevin Colls, che devo dire trovo veramente molto bravo. Ascoltandolo non si fa fatica ad innamorarsi di questo album, così elegante e raffinato che ricorda, alcuni sound americani stile Foreigner, che tanta fortuna hanno avuto negli States e che sono arrivati alla grande anche nel nostro Paese. Si parte con "Enlighted" e capisci già al primo ascolto, che hai per le mani un signor album. Insomma se doveva essere "ritorno" non potevano fare un disco banale. Questa canzone mette già i puntini sulle i e ne son felice. "Of lust and crime" dopo un inizio melodico arriva subito un bel pezzo rock a fare da contraltare. Kevin Colls se la cava davvero bene, mi sembra un'ottima scelta. Marc Ysaye è un bel martello batterico, Christopher Pons non rimane certo indietro con la sua chitarra, ma chi mi colpisce è Hervè Borbè con la tastiera in pieno Asia style. "Magical mess": emozionante davvero, tutta da ascoltare, possibilmente al buio, credetemi è un bel viaggio, con la voce di Kevin in risalto su tutto. "Mister Madman": ci riporta su un binario rock tutt'altro che morto. "Drop the mask": è un ritorno alle origini, un brano che abbraccia il suono prog dei giovani Machiavel che si fa decisamente apprezzare. “When The Eagles Cry”: ma che bella! Lasciano il prog per fare una semi ballad Aor, veramente maestosa. "Soulrise": sembrerebbe la canzone più pop del disco, ma considerarla così, suona come un offesa, solo perché forse è semplicemente la meno virtuosa del disco. Ma l'eleganza resta eccome. "Six feet under": non vorrei esagerare, ma sento un gran profumo di Dream Theater in questa canzone. Energia pura. "Downtown": Mi riporta indietro di un paio di decenni, non voglio dire una str...ata ma sento una melodia molto vicina agli Oasis, e ciò mi piace. "The following day": devo sempre trovare qualche riferimento, lo so è un mio vizio e qui ci sento i mitici Supertramp, tanto che questa canzone non stonerebbe nella loro discografia, figuriamoci se stona in questo disco dei Machiavel. "Afterlife": è il brano che chiude questo album. Forse inaspettato mi aspettavo qualcosa di più rock ma le emozioni si cavalcano eccome. Sono passati dieci anni da quello che fu l'ultimo album della band, niente si è fermato nel frattempo e non si sono fermati nemmeno i bravissimi Machiavel, gloriosa band prog belga. Hanno perso il loro singer, non si sono arresi, trovandone un altro che non lo faccia rimpiangere. Sono tornati i Machiavel! W i Machiavel!!! Roberto Bruno
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Maggio 2025
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